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Tutto pronto a Roma per il presidio organizzato davanti alla sede dell'Eni da Cgil e dalle proprie categorie Filctem, Fiom, Filt, Fillea e Filcams. Appuntamento all’Eur dalle 14 alle 17, in via Severino Delogu, per contestare la chiusura degli stabilimenti di cracking di Priolo e Brindisi. La mobilitazione mira a denunciare la subalternità del governo alle decisioni dell'azienda. Hanno dato la propria adesione alla manifestazione anche alcuni esponenti politici, tra cui gli onorevoli Chiara Appendino, Anthony Barbagallo, Annalisa Corrado, Gianmauro Dell'Olio, Antonella Forattini, Antonio Misiani, Antonio Nicita, Filippo Scerra e Claudio Stefanazzi.
Il segretario nazionale della Cgil, Pino Gesmundo, ha sottolineato come il mancato intervento del governo abbia spostato la vertenza su un tavolo negoziale distante dai centri decisionali della politica. "La chiusura degli impianti di chimica di base causerà conseguenze drammatiche per oltre 20mila lavoratori e aumenterà la dipendenza energetica da paesi extraeuropei", ha dichiarato Gesmundo.
La protesta dei lavoratori del petrolchimico di Brindisi
Nel frattempo, a Brindisi, la tensione resta alta. Alcuni operai del petrolchimico hanno espresso la loro frustrazione direttamente al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, durante un vertice in prefettura. "Ci stanno prendendo in giro da mesi. Presidente, pensi alle nostre famiglie. Non vogliamo andare a lavorare al nord", hanno dichiarato i lavoratori, denunciando la mancanza di soluzioni concrete per il loro futuro. Anche qui, Cgil e le sue federazioni hanno ribadito la loro accusa di un governo troppo remissivo nei confronti di Eni.
A rafforzare la posizione sindacale è anche la dichiarazione di Gigia Bucci, segretaria generale della Cgil Puglia: "Crediamo che il Governo debba esercitare il proprio ruolo nei confronti del management di Eni Versalis. Non si può definire strategica la chimica nel libro verde sulle politiche industriali cui sta lavorando il Mimit e poi dismettere siti come Brindisi. Così come non ci tranquillizza in alcun modo la prospettiva indicata da Eni sia per i tempi sia perché non considera i circa mille lavoratori dell'indotto. Vogliamo lavoro e non cassa integrazione. La Puglia e Brindisi hanno già pagato un prezzo altissimo per scelte che hanno come unica logica finalità speculative".
L'impatto della chiusura degli impianti in Sicilia
La vertenza riguarda anche la Sicilia, dove la chiusura degli impianti di Ragusa e Priolo minaccia 600 posti di lavoro diretti e migliaia nell’indotto. Una delegazione della Cgil isolana e delle sue sigle sindacali sarà presente al presidio capitolino per manifestare contro la decisione dell'azienda.
Il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, ha criticato il governo nazionale per il suo silenzio e quello regionale per il mancato intervento ai tavoli ministeriali. "È assurdo che un'azienda partecipata dallo Stato possa operare in questo modo, senza che il governo prenda posizione", ha dichiarato Mannino, chiedendo un incontro urgente con l'amministrazione regionale.
La protesta di domani si inserisce in un più ampio percorso di mobilitazione che ha già visto diverse iniziative locali con l'obiettivo di mantenere alta l'attenzione su una crisi industriale che potrebbe avere conseguenze devastanti sull'occupazione e sull'economia del Paese.