Oggi a Roma, presso la sede del ministero delle Imprese e del Made in Italy, si è svolto un tavolo di confronto sul futuro della chimica di base in Italia, un settore strategico che attraversa una fase di profonda incertezza. Al centro del dibattito il piano di riconversione presentato da Eni in cui è prevista la chiusura degli impianti di cracking di Brindisi e Priolo. Un progetto che solleva preoccupazioni tanto per la tenuta occupazionale quanto per il futuro manifatturiero del Paese.
Un piano senza garanzie
Il documento presentato in sede ministeriale, basato sul verbale d’incontro firmato il 26 febbraio scorso presso la sede di Eni dalle altre organizzazioni sindacali senza la Cgil, è stato ritenuto insufficiente e inadeguato dal sindacato di corso d’Italia. Secondo la Confederazione, il testo ricalca quasi integralmente le posizioni aziendali, senza rispondere alle necessità di garanzia occupazionale e di sviluppo dell’industria chimica in Italia. "Non possiamo accettare un piano che preveda la progressiva dismissione di un settore chiave, senza una chiara strategia di transizione che tuteli i lavoratori", ha sottolineato il segretario generale Filctem Cgil, Marco Falcinelli.
La Cgil pretende un confronto equo e trasparente
Pino Gesmundo, segretario nazionale Cgil, ha ribadito la propria contrarietà rispetto all'impostazione del piano, sottolineando la mancanza di garanzie concrete. “Il documento presentato oggi non fornisce le indispensabili tutele occupazionali sia per i dipendenti diretti che per gli indiretti. Positivo che il ministero abbia accettato la nostra richiesta di un tavolo per l’indotto, ma resta ancora molto da fare”, ha dichiarato il dirigente sindacale. La Cgil è decisa a presentare modifiche sostanziali al testo per difendere tutti i lavoratori coinvolti, diretti e indiretti.
La riunione si è svolta in un clima teso, con evidenti divergenze tra le parti. I sindacati hanno espresso contrarietà alla volontà di chiudere rapidamente l’accordo senza un reale confronto sulle implicazioni occupazionali e industriali. "Abbiamo visto regioni e sindacati che avevano già il testo del protocollo, mentre altri, come noi, ne erano all’oscuro. Questo non è un metodo accettabile", ha sottolineato Gesmundo, evidenziando le difficoltà per un confronto equo e trasparente.
La mobilitazione dei lavoratori continua
Ribadisce le criticità il segretario generale della Fiom Cgil, Michele De Palma: “Non basta sentirci dire che nessun lavoratore perderà il posto. Vogliamo sapere come, quando e con quali strumenti sarà garantito l’impiego". Secondo il leader dei metalmeccanici, il rischio è che i lavoratori attualmente impiegati nei siti produttivi vengano trasferiti in nuove società senza reali tutele sul lungo periodo.
Nei prossimi giorni, la Cgil insieme alle sigle sindacali dei settori coinvolti invierà le proprie osservazioni al ministero, chiedendo modifiche sostanziali al documento presentato. "Ribadiamo la nostra posizione di contrarietà per i rischi che il piano avrà sulla tenuta complessiva del sistema industriale del Paese", ha affermato Gesmundo. "Per noi la giornata di oggi non è esaustiva: continueremo nella mobilitazione".
Sindacato unito per una transizione equa
Nonostante le difficoltà, oggi la Cgil ha dato un segnale importante: per la prima volta si è presentata con una rappresentanza unitaria, comprendente non solo i chimici, ma anche metalmeccanici, edili, lavoratori dei trasporti e dei servizi. Un fronte compatto per impedire che il settore chimico venga smantellato senza un’alternativa credibile. "Non permetteremo che si faccia una transizione a scapito dei lavoratori", hanno concluso De Palma, Falcinelli e Gesmundo. Il tavolo rimane aperto e la mobilitazione continua: decisivi i prossimi incontri per determinare il destino della chimica di base in Italia.