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"Quota 102 e 104 sarebbero soluzioni del tutto residuali, lontanissime non soltanto dalla prospettive di una riforma equa della previdenza, ma anche dai numeri di uscita dal lavoro che ha garantito quota 100 nel suo triennio di sperimentazione. Ecco perché vanno cercate soluzioni più ampie e strutturali per garantire una maggiore flessibilità rispetto ai paletti troppo rigidi fissati dalla riforma Fornero". È quanto ribadisce Villiam Pezzetta, segretario generale della Cgil Friuli Venezia Giulia, confermando l’impossibilità di mediazioni tra Governo e sindacati se le basi della trattativa rimarranno quelle prospettate da Mario Draghi.
"Quello in atto sulla previdenza – aggiunge il numero uno della Cgil regionale – non è uno scontro generazionale come più di qualcuno strumentalmente lo dipinge. Se tutti concordano nel dire che siamo di fronte al sistema pensionistico più rigido d’Europa, e a un mercato del lavoro progressivamente più vecchio, questo significa che trovare una mediazione tra l’equità del sistema e la sua tenuta, a tutela dei giovani e delle future generazioni di lavoratori, è non soltanto possibile ma anche necessario. Sotto questo profilo crediamo che i 62 anni di età e i 41 di anzianità per l’uscita siano la base per una soluzione che tenga insieme entrambi gli obiettivi". Questi i presupposti del no della Cgil alle proposte del Governo, queste anche le controproposte alla base di una possibile mobilitazione, ipotesi su cui si è schierato compatto tutto il sindacato confederale.
"Ma non tutto - rimarca il dirigente sindacale - si limita alle quote che verranno definite per età e anzianità. Centralissima anche la questione dei lavori gravosi, fondamentale per una riforma che riconduca il nostro sistema pensionistico sulla strada di una maggiore equità. Da qui, la necessità di un’estensione effettiva e non marginale delle platee, tenendo conto non soltanto dei settori di appartenenza, ma anche delle mansioni ricoperte".
Di sicuro, per il segretario regionale Cgil, "serve un cambio di rotta radicale rispetto alle platee di beneficiari dell’Ape sociale, che dal 2017 al 2020 sono stati circa 70.000 a livello nazionale e appena 1.400 in Friuli Venezia Giulia, di cui poco più del 20% come addetti a lavori gravosi. Dati che confermano come Quota 100 e in parte 'opzione donna', pur con i rispettivi limiti, siano stati gli unici strumenti a garantire al sistema un minimo di flessibilità dopo l’entrata in vigore della Fornero".