Il 2025 si apre con nubi dense sull’industria italiana: all’orizzonte si profila lo smantellamento della chimica di base, un pilastro strategico del settore manifatturiero. Eni ha infatti annunciato l’intenzione di dismettere Versalis, prevedendo la chiusura degli ultimi due impianti di cracking a Brindisi e Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, oltre alla chiusura degli impianti di produzione di polietilene a Ragusa. Una decisione che potrebbe portare, a breve termine, alla perdita di migliaia di posti di lavoro tra Sicilia e Puglia, fra i lavoratori diretti e del sistema degli appalti, con effetti devastanti anche sul resto del Paese.

Chimica di base. La base dei processi industriali

Una chimica di base debole rischia di trascinare nel baratro l’intero sistema industriale collegato. È questo l’allarme lanciato da Filctem e Cgil nazionale che a livello territoriale e nazionale seguono la vertenza. “La chiusura dei siti di Versalis avrebbe ripercussioni sui siti di Ferrara, Ravenna, Mantova, Marghera e Porto Torres – scrive il sindacato – compromettendone la tenuta occupazionale e produttiva. E non finisce qui: il contraccolpo si estenderebbe inevitabilmente all’indotto, coinvolgendo settori come i trasporti, la meccanica e i servizi, con danni difficilmente quantificabili”.

Un possibile scenario di desertificazione industriale, che mette a rischio non solo migliaia di lavoratori ma anche la competitività del Paese in un settore strategico. Un futuro incerto, che impone interventi tempestivi e mirati per salvaguardare il tessuto produttivo nazionale.

L’importanza del cracking

Il cracking è un processo chimico fondamentale nel settore petrolchimico. Consiste nella rottura di molecole di idrocarburi più complessi (come il petrolio o il gas naturale) in composti più leggeri e commercialmente richiesti, come benzine, solventi e gas combustibili. Il processo, cruciale per sfruttare pienamente le risorse estratte, trasforma oli pesanti e residui in prodotti energetici di alto valore, dimostrando la propria centralità nell’industria petrolifera.

Il cracking è altresì essenziale per ottenere propilene, etilene e altri idrocarburi leggeri, che sono le materie prime utilizzate per produrre polipropilene, polietilene e pvc, ossia ogni tipo di plastica, per condizioni e settori diversi. Questi prodotti sono cruciali per ogni tipo di manifattura: dall’edilizia all’automotive, dall'alimentare al biomedicale, dall'agricoltura alla moda. La chiusura di questi impianti rischia di interrompere una filiera fortemente integrata e altamente specializzata, mettendo a rischio la qualità e la competitività del prodotto italiano.

Infine, ma certamente non di minore importanza, la tecnologia del cracking è indispensabile per consentire la chiusura della circolarità delle filiere che generano rifiuti plastici, permettendo di ottenere da questi una miscela di idrocarburi utilizzabile come materia prima.

La strategia di Eni

Eni definisce questo scenario “Piano di decarbonizzazione, trasformazione e rilancio”. Un'iniziativa che, nei progetti dell'Ente idrocarburi, produrrà nuova occupazione nell’ambito della chimica sostenibile, della bioraffinazione e dell’accumulo di energia cercando di ridurre l'esposizione del gruppo nel settore della chimica di base. Un processo che si concluderà nel 2029.

Il sindacato imputa a Eni un errore di strategia: abbandonare la chimica di base, puntando sull’acquisto di prodotti sul mercato internazionale a costi attualmente favorevoli ma soggetti a future fluttuazioni a causa delle crisi geopolitiche in atto potrebbe rivelarsi un boomerang. Un processo che rischia di aumentare la dipendenza dell’Italia dall’estero. Le stesse alternative logistiche, come l’importazione delle commodity tramite navi o treni, comportano non indifferenti rischi ambientali e di sicurezza, oltre a inficiare l’alta qualità necessaria per mercati delicati come quello biomedicale.

Cosa accadrà nei territori

La chiusura degli impianti di cracking, come quello di Brindisi, rischia di produrre effetti immediati su attività collegate come Basell, la centrale elettrica Enipower e il Consorzio Bsg, mettendo a rischio non solo i lavoratori diretti, ma anche l’indotto e l’occupazione indiretta. Nel sito di Priolo vengono invece prodotte benzine e gasolio pari a oltre il 20% del fabbisogno nazionale per la mobilità stradale.

Sebbene Eni assicuri che non ci saranno perdite occupazionali per il personale diretto, il sindacato chiede garanzie più ampie e una gestione graduale della transizione per evitare pesanti ripercussioni economiche e sociali.

Il ruolo del governo

La questione della chiusura degli impianti di cracking di Eni continua a tenere banco, con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy al centro del confronto tra azienda e sindacati. Dopo un primo incontro a dicembre dedicato alla Sicilia, il 9 gennaio scorso si è svolto un nuovo tavolo tecnico incentrato sull’area industriale brindisina. Durante la riunione, il governo ha proposto ad Eni di mantenere operativo il cracking di Brindisi ancora per qualche anno, una soluzione accolta positivamente anche dai sindacati. Tuttavia, Eni ha confermato la decisione di fermare l’impianto entro aprile 2025, lasciando in funzione solo la linea del polietilene. Per quanto riguarda Priolo, chiuderà i battenti entro la fine dell’anno.

Una grave responsabilità politica

Le organizzazioni sindacali chiedono un intervento più incisivo del governo per salvaguardare un settore fondamentale per l’economia nazionale. Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil, e Pino Gesmundo, segretario nazionale della Cgil, hanno dichiarato: “La scelta di Eni-Versalis mette una pietra tombale sulle produzioni della chimica di base e condanna il Paese a un’ulteriore drammatica dipendenza da altri. Se il governo continua ad avallare questo piano di dismissione della chimica di base, si assume una grave responsabilità politica”.

Il tema verrà ulteriormente approfondito mercoledì prossimo, 22 gennaio, alle ore 10, nella conferenza stampa organizzata a Roma da Cgil nazionale e Filctem Cgil, presso la sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale di Piazza Montecitorio 131.