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Il 30 marzo di due anni fa eravamo in tante e in tanti alla contro manifestazione per dire no al congresso delle famiglie di Verona. Al tredicesimo Congresso mondiale delle Famiglie, inizialmente patrocinato dalla presidenza del Consiglio, volto a "promuovere i valori della famiglia tradizionale" erano presenti l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, il ministro per la Famiglia e le Disabilità Lorenzo Fontana, il presidente della regione Veneto Luca Zaia e Giorgia Meloni.
A Verona però c’eravamo anche noi, per difendere la libertà, per difendere i diritti. Diritti sui quali non eravamo, non siamo e non saremo mai disposte e disposti a fare un passo indietro. Diritti conquistati nel corso della storia, non benevola concessione ma frutto di lotte, di perdite, di conquiste.
“Non dimenticate mai che basterà una crisi politica, economica o religiosa affinché i diritti delle donne siano messi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovrete stare attente alla vostra vita”. Non dimenticate mai che fino a non tantissimi anni fa in Italia le donne non potevano votare, non potevano abortire né divorziare, potevano essere licenziate in caso di matrimonio, non potevano - da sposate - usare il proprio cognome, e se venivano uccise non era poi così grave, almeno non se si erano macchiate della colpa di aver leso l’onore maschile. “Siamo in tante e tante diverse - affermava l’ex ministra Livia Turco sfilando in corteo - È qualcosa di molto grave e antistorico e bisogna esserci e combattere”.
“Questa manifestazione significa che sulla libertà non si arretra, bisogna continuare su questo percorso e non permettere di tornare indietro”, ribadiva Susanna Camusso, responsabile delle politiche di genere della Cgil nazionale. “Il Congresso mondiale delle famiglie in corso a Verona è “la costruzione di un modello autoritario e in cui si immagina che non esiste la libera scelta delle persone, che bisogna tornare all’idea che usiamo il corpo solo per riprodurre, che non siamo persone e non abbiamo libertà di scelta su noi stesse. Se non chiamiamo arretramento questo non so cosa lo sia”.
“Abbiamo combattuto molto e a lungo nel nostro Paese affinché la democrazia entrasse nei luoghi di lavoro - scriveva il giorno successivo alla manifestazione su Strisciarossa l’ex segretaria generale della Cgil - perché fabbriche, negozi, uffici non fossero luoghi nei quali non vigevano le stesse regole che sovrintendono la vita del Paese: la Costituzione. Ora dobbiamo fare un passo in più, dobbiamo aggiungere un tassello: perché si parli davvero di democrazia, la libertà delle donne deve esserne unità di misura. Se assumiamo la libertà femminile come unità di misura della democrazia coloro che stanno da un’altra parte e si riuniscono in nome della 'famiglia naturale', non sono solo oscurantisti, sono portatori di un modello autoritario e totalitarista della società. Lo dico perché troppo spesso la libertà femminile viene definita “tema delle donne”. No, non è il tema delle donne. E’ questione che attiene alla qualità della vita di chiunque pensi che la sua diversità sia una ricchezza. Io sono orgogliosa di essere una donna e come tale di essere diversa. E rivendico la mia diversità perché rifiuto qualunque forma di omologazione. Nel momento in cui si omologano le persone le si sottomette al potere di qualcuno”.
“Se guardo al nostro Paese - scriveva sempre Susanna Camusso - vedo, sento un’ondata oscurantista nei confronti delle donne. Una voglia autoritaria e machista di proporre modelli, comportamenti, scelte funzionali al ritorno al silenzio, alla sottomissione, alla negazione di libertà. Un’idea che la libertà femminile (come quella sessuale, quella di migrare, più in generale quella degli stili di vita, del valore e ricchezza delle diversità) sia una colpa da reprimere. Piccoli e grandi “ fatti” indicano questa politica: dal lavorare fino al giorno del parto al ddl Pillon, ma soprattutto lo dimostra il linguaggio violento e discriminatorio usato costantemente”.
“Gli studi più recenti - scriveva Libero qualche anno fai e ancora c’è chi lo riposta e lo condivide - denunciano lo stretto legame tra scolarizzazione femminile e declino demografico. La Harvard Kennedy School of Government ha messo nero su bianco che 'le donne con più educazione e più competenze sono più facilmente nubili rispetto a donne che non dispongono di quella educazione e di quelle competenze'. E il ministro conservatore inglese David Willets, ha avuto il coraggio di far notare che 'più istruzione superiore femminile' si traduce in 'meno famiglie e meno figli'. Il vero fattore fertilizzante è, quindi, la bassa scolarizzazione e se vogliamo riaprire qualche reparto maternità bisognerà risolversi a chiudere qualche facoltà. Così dicono i numeri: non prendetevela con me”.
“Non è compito mio dare lezioni di morale - affermava pochi mesi fa il leader della Lega Matteo Salvini a proposito di aborto - è giusto che sia la donna a scegliere. Però non puoi arrivare a prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile”. Anni e anni trascorsi, battaglie, vittorie, sconfitte. Eppure a volte così poco sembra essere cambiato.
“È bella, è mamma, è tosta: vi presentiamo il primo vigile del fuoco donna della Sicilia”, titolava qualche giornale pochi mesi fa. “Giornalista scrive articolo su una scienziata e si scorda di aggiungere che è anche mamma”, pubblicava ironicamente Lercio pochi giorni or sono specificando: “Chiediamo scusa a tutti i lettori, sappiamo di aver omesso dei fatti importanti in un nostro articolo dal titolo 'Lotta al Covid: ecco la dottoressa che sta lavorando per sconfiggerlo’, in cui si presentavano i favolosi progressi raggiunti grazie alle scoperte di Clotilde Fanelli, scienziata ed epidemiologa del S. Orsola di Bologna. Abbiamo parlato nello specifico delle nuove cure contro il Coronavirus messe in atto dal team guidato dalla dottoressa, ma, purtroppo, ci siamo dimenticati di dire che Clotilde, oltre ad ad essere un medico straordinario, è anche una mamma incredibile, che si divide tra le faccende di casa e una pubblicazione scientifica che cambierà il futuro della medicina. Ma volevamo anche informare i nostri lettori che questo non le ha mai impedito di cambiare il pannolino al suo piccolo di 16 mesi. Purtroppo queste informazioni ci sono giunte in ritardo. La dottoressa, che avevamo sentito per telefono, aveva forse ritenuto che queste precisazioni fossero secondarie rispetto alle scoperte medico-scientifiche che sta portando avanti da anni. Vi possiamo, però, assicurare che per noi non è così: dietro una grande scienziata c’è sempre una mamma che lotta per non far mancare nulla alla propria famiglia”.
È bella. È mamma. È moglie. Quante volte siamo state descritte così? Perché per molti la donna è innanzitutto questo, anche oggi. Ma non siamo tutte belle, non siamo tutte mamme, non siamo tutte mogli, e magari non abbiamo neanche voglia di esserlo, fatevene una ragione. Vogliamo solo essere libere, anche se, lo sappiamo, a tanti - troppi! - questa cosa fa ancora un po’ paura.