Il cambio al vertice della presidenza Usa e di quella Onu, il ritorno della superpotenza Russia, il ruolo dell’Europa. Sono i temi oggetto della conversazione avuta oggi da Fausto Durante, responsabile politiche europee e internazionali Cgil, con Italia Parla, la rubrica di RadioArticolo1.

 

“Sul piano interno, la presidenza Obama ha segnato importanti avanzamenti dal lato delle politiche sociali, sanitarie e del welfare, forse meno da quello della politica estera e della diplomazia internazionale – ha esordito il dirigente sindacale –. Un’amministrazione che ha difeso l’industria e i posti di lavoro con risultati positivi, rilanciando l’apparato produttivo tradizionale: basti pensare alle misure che hanno permesso il salvataggio delle tre grandi case automobilistiche americane. Senza dimenticare le misure prese per favorire le start up dell’informatica, il nuovo mondo dell’economia digitale e quello dell’economia verde e delle energie rinnovabili, che proprio sotto Obama hanno avuto uno straordinario impulso”.

Con l’avvento di Trump, ha continuato l’esponente Cgil, "dopo una campagna elettorale dai toni populisti accesi, con le sue aggressioni xenofobe, è difficile fare previsioni attendibili su quel che ci attende. Di sicuro, le principali nomine nei posti di comando, effettuate dal neopresidente americano, non fanno ben sperare per il mondo del lavoro: si tratta di imprenditori, economisti e uomini di potere segnati da una cultura profondamente neoliberista, improntata alle esigenze delle imprese e del mercato. Immagino che, una volta insediati, prevarrà la real politik e quindi le pulsioni più esagitate del nuovo leader verranno messe sotto controllo. Una delle prime decisioni prese da Trump è stata quella di minacciare sanzioni considerevoli per le imprese statunitensi che continuassero a produrre a basso costo all’estero, a partire dal Messico. Bisognerà verificare cosa succede ora; se quelle imprese, sulla pressione di tale minaccia, decidano o meno di riportare in patria produzioni a suo tempo delocalizzate, con un ribaltamento dell’azione economica degli ultimi anni”.

“La ritornata potenza della Russia è frutto di errori clamorosi, dal punto di vista della strategia e della diplomazia internazionale – ha rilevato ancora –. Sbagli commessi dagli Usa e soprattutto dall’Unione europea, la cui mancanza di un’autorevole e definita guida delle scelte di politica estera ha favorito le manovre e la strategia di Putin, che poi è quella di ricostruire un polo di attrazione nel governo mondiale molto forte, che veda nel suo Paese uno dei punti di equilibrio. Tuttavia, non credo al ritorno di un mondo bipolare, per diverse ragioni. La prima, è che comunque l’Ue, nonostante la sua crisi e le sue debolezze, rappresenta ancora oggi l’area che più contribuisce alla creazione del Pil mondiale. L’altra, è che nel frattempo sono emersi altri giganti dell’economia e della politica a livello planetario: basti pensare a Cina, India e a ciò che ha riguardato la trasformazione veloce di Paesi un tempo considerati la periferia dell’impero, ora in piena espansione. Il problema vero è come i nuovi equilibri politici ed economici s’incrocino rispetto a una situazione dell’ordine mondiale segnata da un profondo disordine, con guerre, terrorismo, conflitti mai risolti e tensioni senza fine, che rischiano di segnare pesantemente anche i prossimi anni”.

L’Onu sembra aver smarrito il filo della propria funzione di mediatore nel mondo, prosegue Durante. "Anche se non dobbiamo dimenticare il ruolo importante che i caschi blu hanno avuto nel tentare di risolvere alcuni dei più gravi conflitti dei decenni scorsi. È un fatto ammesso dallo stesso Ban Ki Moon, il cui successore, il socialista portoghese Gutierrez, ci auguriamo riesca a far assumere all’agenzia internazionale un passo adeguato alla crisi dei tempi, con una capacità di affrontare le sfide del mondo su un piano globale - la caratteristica dell’Onu che si è eclissata negli ultimi anni -, nell’ottica di una pacificazione dei conflitti e di superamento delle diseguaglianze economiche e delle tantissime differenze di trattamento di salario e di condizione di diritti sociali e del lavoro, che purtroppo continuano ad esistere su scala mondiale”, ha concluso il sindacalista.