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“Una vera e propria bomba su conti Inps-Inpdap”. E' l'allarme lanciato dalla Cgil alla luce della sentenza 223 della Corte costituzionale che ieri ha bocciato la manovra Tremonti di maggio 2010 (il dl 78/2010) nella parte che disciplinava la trattenuta del Tfr per i dipendenti pubblici. La sentenza dell'alta corte - la stessa che ha giudicato illegittimi i tagli alle retribuzioni delle alte dirigenze pubbliche perché gravemente discriminatori in quanto un tributo non può discriminare né in ragione della tipologia del datore di lavoro (in questo caso i pubblici e non i privati) e né può riguardare solo il lavoro - ha giudicato infatti incostituzionale anche il provvedimento relativo al Tfr del lavoro pubblico.
Nel merito, spiega la Cgil, “con la manovra Tremonti di maggio si estendeva il Tfr anche ai pubblici che prima, invece, accantonavano la 'indennità di fine servizio', frutto di una compartecipazione contributiva: per il lavoratore pari al 2,50%, per il datore di lavoro del 7,10%, tutto applicato sull'80% dello stipendio”.
La disposizione contenuta nella manovra correttiva di maggio 2010 prevedeva che, aggiunge ancora, “con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche il computo dei trattamenti di fine servizio andava effettuato secondo le regole del Tfr. Questo voleva dire che i lavoratori avrebbero dovuto versare non più il contributo del 2,50% bensì il 6,91%, così come è regolato dal Tfr”.
Una disposizione, quella contenuta nella passata manovra, che “nulla invece diceva sulla quota pagata già dai pubblici, pari al 2,50%, che in questi circa due anni è stata comunque sottratta dal salario dei pubblici, ovviamente insieme al 6,91% della nuova disciplina introdotta. Con la sentenza di ieri la Corte ha giudicato incostituzionale questa sottrazione perché, a parere dell'alta magistratura, queste due voci non si potevano sommare”.
Per capire la mole di risorse sottratte, la Cgil fa sapere: “Bisogna considerare che mediamente il contributo del 2,50% vale 30/35 euro al mese. Non averlo versato avrebbe significato avere un corrispondente reddito netto di circa 22 euro in più al mese, a fronte però della perdita delle future agevolazioni fiscali prima previste”.
Quali effetti adesso comporta la sentenza della Corte costituzionale? Secondo la Cgil, “per ricostruire un principio di uguaglianza del mondo del lavoro, il non dover far pagare il contributo a carico dei soli lavoratori pubblici sul Tfr, produrrà questi risultati immediati e futuri: la restituzione agli interessati di quanto versato negli anni 2011 e 2012 per un valore complessivamente stimabile fino a 3,8 miliardi di euro, sui circa 3 milioni e 400 mila dipendenti (a data 2010). Inoltre, questa restituzione, così come il mancato introito del 2,50% in più, ha effetti sulla cassa che a regime è pari ad un mancato incasso, in termini contributivi per l’ex Inpdap, di una cifra che arriva fino a 2 miliardi di euro annui”. Va ricordato infine, conclude la Cgil, che la norma prevista dalla manovra Tremonti era destinata a produrre economia pari a 1 milione nel 2012 e 7 milioni nel 2013.