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“Finora tante parole, ma niente fatti dal governo. Per questo, sulle pensioni, se vogliamo superare l’impianto della legge Fornero, occorre riaprire un tavolo con Cisl e Uil, partendo dalle proposte che abbiamo fatto con la nostra piattaforma unitaria”. Così Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil, oggi ai microfoni di "Italia parla", la rubrica di RadioArticolo1.
“Per cambiare le cose non basta parlare di 41 e di quota 100, tanto più con tutti quei vincoli, che, di fatto, non costituiscono una risposta. Oltretutto, la proposta del governo è assai discriminatoria, tutta sbilanciata a favore degli uomini che lavorano nelle regioni del Nord. Dobbiamo aprire una discussione con l’esecutivo, per avere la possibilità di tentare un ragionamento complessivo sulla materia, partendo dalle future generazioni, dalle donne e dal lavoro di cura, ponendo nel contempo condizioni reali e accessibili di flessibilità in uscita per tutti”, ha affermato il dirigente sindacale.
“L’Ape sociale andrà in scadenza a fine anno ed è tempo di bilanci. Lo strumento non ha funzionato per via dei paletti troppo rigidi che sono stati messi per un accesso reale delle persone. I codici Istat sono risultati restrittivi rispetto all’anno precedente. Ragion per cui, abbiamo avuto problemi con le assistenti sanitarie considerate tra i lavori usuranti per la tipologia del lavoro che svolgono. e con gli addetti alla pulizia dei treni. Nello stesso tempo, abbiamo avuto problemi con i lavoratori agricoli, per via del fatto che è stato inserito il vincolo delle 156 giornate di lavoro effettivo negli ultimi dieci anni. Ebbene, quasi tutto il Mezzogiorno non rientra in tale parametro e dovranno essere inseriti per forza dei correttivi per consentire a chi ha fatto domanda di rientrarvi”, ha proseguito il sindacalista.
“Come Cgil, già all’epoca del governo Gentiloni, avevamo chiesto dei correttivi sull’aspettativa di vita e di lavoro, che a nostro giudizio non è sempre uguale, ma cambia a seconda del lavoro che si fa. Oltretutto, c’è gente che fa lavori gravosi e non rientra fra le 15 categorie riconosciute in quanto tali. La seconda variazione richiesta riguarda la separazione tra previdenza e assistenza, perché se si mette tutto nello stesso fondo alla fine, cosa lo Stato versa realmente in previdenza e cosa utilizza per assistenza?”, si è chiesto ancora Ghiselli.
“Altro nodo, le pensioni d’oro sopra i 5 mila euro da ricalcolare, e la redistribuzione del reddito, che è senza dubbio il tema generale legato al lavoro, con una distinzione da introdurre fra redditi da lavoro e da pensione e redditi da capitale. Noi abbiamo sempre considerato opportuno e possibile un intervento di natura solidaristica all’interno del sistema previdenziale. C’è un problema di pensioni basse in certe aree del Paese, soprattutto per le donne. Noi però contestiamo che lo strumento con cui intervenire sia quello del ricalcolo della pensione con il metodo contributivo - già proposto in due relazioni dal presidente Inps, Tito Boeri -, perché ci si mette in un percorso che poi alimenterebbe un contenzioso che non porterebbe a nulla, risarcimenti e danni erariali compresi a tantissimi lavoratori che hanno una normalissima pensione e che si troverebbero a subire tagli fondamentali”, ha proseguito l’esponente Cgil.
C’è un problema di governance all’Inps. Innanzitutto, su come Boeri interpreta il suo ruolo. Non in modo istituzionale, ma politico, debordando dalle sue competenze. Insomma, non può fare il ministro del Lavoro, il capopartito, il docente universitario. Mi riferisco, in particolare, alla sua proposta abbastanza oscena di superare l’unicità del contratto nazionale di lavoro, tornando alle gabbie salariali, al salario minimo per legge. Un salario dignitoso per legge ci deve essere, ma deve essere quello dei contratti. Né si può, come ha fatto sempre Boeri, interpretare i metodi di calcolo della previdenza a suo piacimento, oppure, come nel caso del decreto dignità del ministro Di Maio, scoraggiare qualsiasi intervento che tenda a ridurre la precarietà nel Paese. Detto questo, è bene che sia garantita l’autonomia di Inps e Istat, e, parimenti, sia salvaguardato il forte ruolo di vigilanza e indirizzo del sindacato nei confronti dell’istituto di previdenza pubblica. Non si può pensare, come fa Boeri, che si risolva tutto con l’accesso a internet, perché il pensionato, la persona comune ha bisogno del rapporto diretto con chi gli dà un supporto, ruolo che ben svolgono caaf e patronati”, ha concluso Ghiselli.