Il governo ha tolto gli incentivi pubblici per gli impianti fotovoltaici nelle aree agricole e la Flai di Foggia plaude alla nuova norma, contenuta nel dl sulle liberalizzazioni. “Una delle poche scelte condivisibili di Monti, perchè costituisce un argine all'erosione dei terreni coltivabili": è il commento del segretario generale Flai di Capitanata, Daniele Calamita.

Il decreto legislativo sulle rinnovabili 28/2011 prevedeva, infatti, incentivi statali per impianti collocati a terra. L’articolo 65 del provvedimento del governo Monti ha escluso dalle prebende pubbliche quelli che vanno ad allocarsi in aree agricole, fatto salvi quelli già autorizzati o con istanza già presentata.

“Abbiamo in passato più volte denunciato il rischio che corre l’agricoltura – spiega Calamita –, colpita da una forte crisi, che vede tanti proprietari disposti a fittare terreni coltivabili per far spazio a impianti eolici e fotovoltaici. Una continua erosione del patrimonio agrario che rischia di affondare un settore vitale per l’economia nazionale, in particolare della provincia di Foggia, seconda nel paese per incidenza del settore primario nella formazione del pil”.

La Flai sottolinea come “siamo tra quelli che sostengono lo sviluppo delle energie rinnovabili, ma per le stesse vanno scelti terreni marginali e non aree che possono essere destinate a colture intensive, creando lavoro e ricchezza per tutti. Senza dimenticare che l’agricoltura ha contribuito alla creazione e alla salvaguardia del territorio e dei suoi habitat naturali, che sono fattore di sviluppo e attrazione per altri settori a partire dal turismo”.

“Venendo alla nostra realtà – conclude Calamita – la speranza è che questo provvedimento del governo possa far recedere l’amministrazione comunale di Foggia dalla realizzazione di un megaimpianto fotovoltaico a Masseria Giardino, un immobile storico che potrebbe essere sistemato e destinato a fini sociali ed economici di alto valore, ad esempio come sede per un progetto pilota di sperimentazione di agricoltura biologica, puntando su coltivazioni pure remunerative. Crediamo che la vocazione di quel luogo non vada mortificata trasformandola, di fatto, in sito industriale, con un tornaconto economico nemmeno proporzionato”.