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Un bilancio della stagione contrattuale in corso. È quello che ha fatto il segretario generale della Filctem, Emilio Miceli, ai microfoni di Italia parla, la rubrica di RadioArticolo1. “La valutazione è positiva, perché abbiamo rinnovato tutti e 22 i ccnl di settore, difendendo la tenuta del salario dall’inflazione – ha detto il sindacalista –. Ciò è avvenuto in tutti i contratti che abbiamo firmato. E la posizione della Confindustria che mira all’ex post, cioè a pagare l’inflazione solo dopo che è maturata, non è passata nella nostra cultura contrattuale e nella dinamica con le nostre associazioni datoriali".
A viale dell’Astronomia, ha aggiunto Miceli, "vogliono un accordo interconfederale che somigli a un contratto dell’industria, esportando il modello appena chiuso con i metalmeccanici e facendolo diventare il ccnl di tutti. Per noi, è una cosa inaccettabile, perché una normalizzazione del genere sarebbe troppo lontana dalla vita quotidiana dei lavoratori. Questa posizione fa capire due cose: da un lato, che le imprese guardano ancora indietro, mentre sono in campo processi di rinnovamento importanti. Il governo, invece, pretende gestione del salario tutta centralizzato e il più lontano possibile dal lavoratore e dal contratto collettivo. Su questo, si giocherà molto della prossima intesa interconfederale con Confindustria, Cisl e Uil, che noi riteniamo assolutamente indispensabile, se vogliamo arrivare a un sistema contrattuale normale”.
“Per quanto riguarda l’analisi dei singoli contratti sottoscritti – ha osservato il dirigente sindacale –, dobbiamo registrare come si sia andati un po’ a briglia sciolta in tutti i comparti. Insomma, il ccnl dei chimici non è mai stato così lontano da quello dei metalmeccanici, seppur con tutte le peculiarità, tutte le differenze di modelli: partecipativo l’uno, conflittuale l’altro. Il che significa che è saltato il tappo di una regolazione più generale del sistema contrattuale. Perciò, c’è bisogno di un nuovo modello, che sia, per l’appunto, di natura interconfederale”.
“Altra questione chiave, divenuta sempre più urgente, quella dell’orario. Si discute d’industria 4.0, di come algoritmi e digitalizzazione modificheranno l’organizzazione del lavoro, e così ci ritroviamo in una situazione in cui, a fronte di un aumento sia pure parziale e assai precario di occupati, corrisponde una diminuzione delle ore lavorate. L’incremento degli orari di lavoro è un tema strategico, su cui scontiamo tutti una grandissima difficoltà, considerando che ci troviamo in una situazione di disoccupazione crescente, quindi di un secondo mercato del lavoro che pressa sulla fabbrica”, ha aggiunto il leader Filctem.
Quello dell’orario resta, insomma, un grande tema, "perché siamo su una sorta di crinale. Da una parte, c’è il vecchio modello produttivo che comunque ci porteremo appresso ancora per un po’ di tempo, perché non ci sono cambi taumaturgici e il processo d’innovazione è lento. Dall’altra, ci sono tutte le aspettative e i timori di un processo chiamato industria 4.0, che promette un nuovo modello produttivo in cui l’individualizzazione del lavoro, la parcellizzazione, la robotizzazione, in qualche modo determinano un cambio nel sistema economico e industriale italiano".
"Questi sono i temi su cui ci misureremo nella prossima stagione contrattuale, quando dovremo trovare le soluzioni e le richieste più giuste per cominciare a ridurre l'orario di lavoro, per creare occupazione, ma anche per determinare una condizione di maggior governo del processo produttivo nel nostro Paese. Senza dubbio una battaglia difficile, quella su cui ci dovremo misurare”, ha concluso l’esponente Cgil.