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Una storia lunga quasi sei anni, ma a lieto fine. È quella dei lavoratori e delle lavoratrici dell’ex bar Chantilly2 sono nove con una idea fissa: il lavoro. Per questo hanno attraversato i marosi del sequestro e della confisca del locale scoprendo così che “l’imprenditore” di Corleone Michele Giandalone, per il quale tutte le mattine alzavano la saracinesca e servivano caffè, era indagato per mafia.
Dopo un percorso lungo appunto quasi 6 anni gli ex dipendenti di Giandalone si sono costituiti in cooperativa, e da “da quelli che sapevano fare solo caffè” si sono trasformati in imprenditori. Stanno per avviare i lavori di ristrutturazione e poi apriranno la saracinesca e le porte del loro bar, Articolo 48, intitolato all’articolo del Nuovo Codice antimafia che consente di far tornare in vita le aziende confiscate.
Grigio e nero
Quando nel 2019 l’azienda fu sequestrata, l’amministratore giudiziario incaricato dal tribunale fece un’amara scoperta, ma purtroppo assai frequente in casi simili, nessuno dei dipendenti aveva un contratto regolare. Racconta Mario Pittera che in quel bar ha trascorso più di 10 anni della propria vita lavorativa: “Lavoravamo in nero, venivamo assunti, licenziati e poi riassunti magari in un altro locale sempre di proprietà di Giandalone. Quando ci andava bene ci faceva un contratto part-time e però lavoravamo a tempo pieno. Cosa fosse l’assunzione in regola con il contratto collettivo di lavoro non lo sapevamo. Così come non conoscevamo il sindacato”.
Certo il sequestro, certo le difficoltà legate all’improvvisa chiusura dei rubinetti bancari, certo l’essere additati come azienda legata all’illegalità, tutte queste cose hanno preso in contropiede lavoratori e lavoratrici. Ma l’incontro con persone che credono nella legalità e nel lavoro come strumento anche di costruzione della legalità ha consentito loro di “riprendersi” il lavoro. Anzi di conquistarselo. Appena nominato l’amministratore giudiziario Alessandro Virgara assunse, ai sensi del Ccnl, lavoratori e lavoratrici restituendo loro dignità.
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Il lavoro prima di tutto
Una delle prime cose che i lavoratori e le lavoratrici hanno fatto, è sempre Pittera a raccontare, fu decidere di farsi finalmente affiancare dal sindacato e la scelta quasi naturale fu quella di rivolgersi alla Filcams Cgil. Racconta Giuseppe Aiello, segretario generale della Filcams di Palermo: “Subito i lavoratori e le lavoratrici mi hanno detto: ‘Noi sappiamo fare questo lavoro, questo è il nostro mestiere, noi vogliamo provare a tenercelo’. Questa affermazione così convinta e irremovibile è stata la spinta che ci ha accompagnato nei momenti più difficili di questi anni".
E di momenti difficili ce ne sono stati tanti davvero. A cominciare dai conti correnti azzerati, dalle utenze non pagate e per di più intestate ai lavoratori. Ma per far andare avanti l’attività occorreva pagare i fornitori.
Momenti difficili
Stipendi in ritardo o non ricevuti, ammortizzatori sociali, tasse da pagare finalmente con regolarità, preoccupazione per il futuro. Ma anche un grandissimo lavoro di squadra tra dipendenti, sindacato, amministratore giudiziario, Rosa Laplena Confcooperative, la prefetta Maria Rosa Laganà per l’Agenzia dei beni confiscati e sequestrati, il prefetto Massimo Mariani, che ha portato lavoratori e lavoratrici davanti a un notaio – a gennaio scorso – per dare vita alla Cooperativa Noi Legal formata dagli ex dipendenti che hanno deciso di scommettere sul futuro del bar.
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Onore e onere
I soci della Cooperativa hanno deciso di affidarne la presidenza proprio a Mario Pittera: “Un onore ma anche un onere, spero di essere in grado di assolvere a questo compito. Per fortuna Confcooperative ci ha accompagnato in questo percorso anche con la formazione, trasformandoci da baristi a imprenditori. Per noi è tutto nuovo”. “Quando questa avventura è cominciata – aggiunge – l’amministratore si è trovato senza nemmeno un euro in cassa e nei conti, e con tutti noi da far emergere dall’illegalità. Abbiamo chiamato il sindacato e insieme ci siamo riusciti”.
La fatica di un sogno da realizzare
Poi quando è arrivata la confisca definitiva è arrivato il momento della scelta e della scommessa. Ricorda Pittera: “Le opzioni erano due, cedere l’azienda a un imprenditore o ai lavoratori. Abbiamo deciso di lottare per arrivare ad oggi. Siamo andati avanti con piccoli acconti, abbiamo rinunciato ad avere lo stipendio completo per non gravare tanto sull'amministrazione e cercare di mandare avanti il locale. Ciascuno di noi avanza circa 20mila euro ma credo che non li avremo più”.
Ora la cooperativa c’è e loro speravano che ottenere i fondi previsti dalla legge fosse cosa facile e invece dal Mise ancora nulla è arrivato. Persi d’animo? Assolutamente no. Ora il Bar è chiuso, i soci lavoratori sono in cassa integrazione ma nel frattempo stanno cercando i fondi per ristrutturare il locale e riaprire il prima possibile. E ci stanno riuscendo. Il progetto è pronto i lavori partiranno, si spera a breve.
Articolo 48
Questo il nome che la Cooperativa ha deciso di dare al bar. L’articolo 48 del Nuovo Codice antimafia è quello che ha consentito a Mario Pittori e ai suoi colleghi di dare gambe a un sogno fatto di lavoro e legalità. E quell’articolo nasce da una legge di iniziativa popolare ‘Io riattivo il lavoro’ promossa dalla Cgil.
Conclude il suo racconto il segretario della Filcams Giuseppe Aiello: “Scommesse come queste non sono mai semplici, non sempre si arriva a meta. Per questo quando ci si riesce è bello non solo per quei lavoratori e quelle lavoratrici, quando una operazione come questa va a buon fine è un modello che si consegna alla collettività. In una città come Palermo dove le illegalità è diffusissima, dove il mancato rispetto dei contratti collettivi, soprattutto in questi settori, è frequentissimo è davvero un bel messaggio che si consegna alla società tutta”.