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“L’architrave contributiva è utile e necessaria. Ma restando al suo interno, vanno pensate alcune forme di tutela. Ci sono infatti situazioni che il contributivo, con la sua meccanicità, non può coprire. Penso in prima battuta ai giovani con lavori discontinui, ma anche a chi ha lavori poco remunerati. In poche parole, corriamo il rischio concreto che molte persone a lungo attive ricevano in futuro pensioni inadeguate, fino a cadere in situazioni vulnerabili. Da qui l’idea, anzi, direi la necessità, di offrire una garanzia”. Così Michele Raitano, economista e docente della Sapienza Università di Roma, spiega in un’intervista a rassegna.it alcuni dettagli della sua proposta – la “pensione di garanzia” – al centro di un importante evento in programma oggi (19 luglio) nella sede nazionale della Cgil per aprire un confronto sul futuro del sistema pensionistico.
Rassegna Professor Raitano, è opinione comune che le pensioni del futuro saranno molto più basse di quelle attuali a causa del sistema contributivo. È vero?
Raitano Stando alle nostre simulazioni, posso smentire il luogo comune secondo cui “col contributivo avremo tutti assegni da fame”; per carriere piene e lunghe, il rapporto fra pensione e ultima retribuzione è del tutto simile, se non superiore, a quello del vecchio schema retributivo. Il rischio di pensioni inadeguate è invece serio e concreto per quella quota di individui, purtroppo molto rilevante, con carriere svantaggiate in termini di “buchi” lavorativi, aliquote di contribuzione e livelli salariali, anche a causa di part-time involontari. Per queste persone, peraltro, la previdenza privata non può rappresentare una risposta: è poco plausibile che chi si trova in condizioni del genere possa risparmiare in misura adeguata per garantirsi un maggior consumo da anziano. È un’esigenza da porre a carico del sistema pubblico.
Rassegna Entriamo allora nei dettagli della sua proposta. Possiamo già quantificare l’ammontare della pensione di garanzia?
Raitano Siamo partiti da un reddito da pensione che dovrebbe essere garantito, ad esempio, a 66 anni d’età più 42 di contributi, per poi tararlo in funzione alcune variabili. Ciò consentirebbe, tra l’altro, di recuperare e rendere applicabile lo spirito del Protocollo sul welfare del 2007. La cifra che ipotizziamo è di circa 930 euro netti da rivalutare però in base all’andamento del Pil. Aggiungo subito che, per quanto riguarda l’anzianità, andrebbero sommati i contributi da lavoro e quelli figurativi, da estendere anche in caso di periodi di cura e periodi involontari di non lavoro.
Rassegna Quando si toccano le pensioni, però, il mantra è sempre lo stesso: dove troviamo i soldi?
Raitano Il costo per le casse dello Stato dipenderà da dove si fissa la soglia di garanzia e dalle future dinamiche del mercato del lavoro che oggi non possiamo prevedere con ragionevole certezza. In ogni caso, il nostro scenario non prevede alcun impatto significativo sui conti pubblici nel breve-medio periodo. Anzi, la spesa futura potrebbe persino essere ridotta grazie a una riforma degli ammortizzatori sociali e, come avvenuto, con l’innalzamento delle aliquote per la gestione separata. Aggiungo che, secondo i nostri calcoli, almeno un quarto della spesa per la pensione di garanzia andrebbe in realtà a sostituire quella degli attuali assegni sociali oggi destinati ai pensionati poveri.
Rassegna Quindi non è vero, come alcuni sostengono, che il sistema previdenziale italiano è insostenibile in prospettiva?
Raitano Nel lungo periodo, nel sistema contributivo, la spesa è garantita e confermata da tutti i documenti ufficiali, anche europei, sebbene ovviamente bisogna fare attenzione alle fonti di finanziamento della spesa se dovesse continuare il calo della “labour share”, cioè la quota di lavoro. Poi è anche vero che, numeri alla mano, allungare l’età pensionabile nel contributivo può ridurre i problemi di inadeguatezza. Ma la domanda che dobbiamo porci è un’altra: possono tutti “liberamente” scegliere di proseguire la propria attività ben oltre i 66 anni? Evidentemente no.
Rassegna Quali sono, se si possono sintetizzare, i principali punti critici del sistema contributivo?
Raitano Ripeto, per definizione non c’è alcun problema di sostenibilità finanziaria. I rischi sono sistemici – crescita del Pil, longevità – e individuali, legati cioè alla carriera di ciascun individuo. Ed è evidente che saranno penalizzati i lavoratori più fragili su tre aspetti: frequenza dell’occupazione; livelli salariali, aliquote. Le uniche, deboli tutele resterebbero l’assegno sociale e la pensione di cittadinanza. Chi invece avrà lunghi e stabili periodi lavorativi e contribuzioni corpose, non rischia nulla. Ma in quanti riusciranno a trovarsi in queste condizioni e a lavorare fino a 70 anni senza problemi?
Rassegna In conclusione, se volessimo fare un bilancio dei pro e contro della sua proposta?
Raitano È una misura duttile, ad alta efficienza – dato che tutela solo chi ne ha effettivamente bisogno – e coerente con gli incentivi del contributivo, del quale correggerebbe alcune criticità. Ma soprattutto copre dai rischi di povertà e inadeguatezza della pensione e, quindi, garantisce anche la riduzione delle diseguaglianze, oltre a compensare dalle più gravi criticità emerse nel mercato del lavoro dal 1995 in poi. Per quanto riguarda i contro, sostanzialmente si dovrà evitare che la pensione di garanzia possa essere un incentivo alla sotto-contribuzione illegale. Poi, ovviamente, c’è il “rischio politico” di modifica delle promesse in corso d’opera, visto che ragioniamo su tempi relativamente lunghi. E infine, da non sottovalutare, la necessità di una grossa capacità amministrativa in grado di verificare i periodi di non lavoro e di evitare i rischi della sotto-contribuzione.