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“Ci avete rotto le tasche". Lo Spi dopo le mobilitazioni con Cgil e Uil di novembre-dicembre scende in campo oggi (15 dicembre) per un’ulteriore giornata di protesta. Quali sono i motivi? Ne abbiamo parlato con Ivan Pedretti, segretario generale della categoria dei pensionati del sindacato di corso d’Italia. Pedretti non ha dubbi: “Le nostre ragioni sono molteplici – ci dice –. C’è un motivo di fondo che riguarda l’impostazione ideologica delle politiche del governo Meloni, politiche che mirano a smantellare lo Stato e di cui sono prova le proposte di riforma istituzionale, dal premierato all’autonomia differenziata. Anche la manovra economica si inserisce in questo disegno. È una legge di bilancio sbagliata, iniqua e miope. Nonostante la propaganda, la realtà quotidiana ci restituisce un indiscutibile e netto peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro di tutte e tutti noi contro il quale l’esecutivo non fa nulla”.
Il governo aveva promesso di cancellare la Fornero e l’ha addirittura peggiorata: quali sono per voi le maggiori iniquità contenute nella legge di bilancio per i pensionati?
È vero: per anni gli esponenti dell’attuale maggioranza ci avevano raccontato che avrebbero cancellato la legge Fornero. Il risultato? Quattro mesi in più per Quota 103, cinque mesi in più per l’Ape sociale, un anno in più per Opzione donna e giovani e precari destinati ad andare in pensione a 71 anni. Per chi, invece, è già in pensione la mancanza più eclatante riguarda il sostegno al reddito. I pensionati continuano a essere considerati una sorta di bancomat nazionale. La riduzione di dieci punti (dal 32 al 22%) degli indici di rivalutazione degli assegni ne è un chiaro e vergognoso esempio.
Il governo difende i tagli alle rivalutazioni dicendo che colpiscono le pensioni “ricche”: siete d’accordo?
Ovviamente no. Davvero per Giorgia Meloni un cittadino che guadagna 1.786 euro netti al mese può essere considerato ricco? Ricordo che l’inflazione viaggia attorno al 5%. Tanto per dire: un litro di latte costa in media 2,50 euro. Intanto le tasse gravano sempre sugli stessi mentre ai ricchi – quelli veri – non viene chiesto nulla.
Con le misure del governo si andrà in pensione sempre più tardi… C’è il rischio di una nuova “guerra” tra generazioni?
Il pericolo c’è e va scongiurato tanto più che il governo Meloni non fa che esasperare tensioni e divisioni sociali. Il dato drammatico è che tanto vengono penalizzati gli anziani quanto vengono ignorati i nostri ragazzi e le nostre ragazze. L’esecutivo è totalmente disinteressato rispetto al loro futuro, al loro diritto allo studio e a un’occupazione stabile e ben pagata, elementi essenziali per il Paese e per la sostenibilità stessa del sistema previdenziale, ma pressoché assenti nella legge di bilancio. Quando si lavora, si partecipa alla tenuta del sistema pubblico nel suo complesso, anche versando i contributi previdenziali, per poi ritrovarsi, una volta in pensione, con assegni inaspettatamente e ingiustamente ridotti.
Il tema sanità è particolarmente “impattante” sulla popolazione anziana e il governo sbandiera un presunto aumento degli investimenti. Cosa ne pensate?
È l’ennesimo inganno di questo governo che ormai non si preoccupa neppure più di nascondere le proprie bugie. Gran parte delle risorse stanziate per la sanità, fatta esclusione per quelle destinate al rinnovo dei contratti, non finirà nel sistema pubblico: ad esempio, si prevede di “risolvere” il problema delle liste d’attesa alzando il tetto di spesa delle Regioni per gli acquisti di prestazioni sanitarie da strutture private. Sulla non autosufficienza, invece, non si sono neppure disturbati. Dei fondi necessari a implementare la legge – che vuol dire, di fatto, sostenere oltre 4 milioni di cittadini – non c’è alcuna traccia. Una volta approvata la riforma in modo da garantirsi un formale rispetto dei target del Pnrr, l’esecutivo ha semplicemente rimosso il tema dall’agenda.
Il potere d’acquisto dei pensionati – insieme a quello delle categorie più fragili come ad esempio giovani e donne – è stato tra i più colpiti negli ultimi anni con l’aumento dell’inflazione. Cosa occorre fare secondo voi per ridare “respiro” alla loro condizione di vita?
Per prima cosa va sostenuto il reddito. Quindi le pensioni vanno aumentate, non tagliate, e va ampliata la platea dei beneficiari della quattordicesima. Occorrono più welfare, più infrastrutture, più sanità, più servizi. In definitiva, c’è bisogno di uno Stato che sappia rispondere alle necessità e ai bisogni dei cittadini, indipendentemente dalla loro età anagrafica.
Tra i temi di cui più si parla in queste settimane c’è quello del passaggio al mercato libero per le forniture domestiche di gas ed elettricità. Quale impatto avranno? È sufficiente l’estensione della categoria dei “vulnerabili” per garantire la maggior tutela ai più fragili?
Come già certificato dall’Istat, il primo impatto sarà un aumento dei prezzi per oltre 10 milioni di utenze domestiche. È ovvio che a farne le spese sarà la parte più debole della popolazione e, in particolare, saranno pensionate e pensionati, anche perché le modalità, spesso scorrette, adottate dalle aziende per catturare clienti disorientano e spaventano le persone più anziane e fragili. Non basta, anche se è necessario, allargare la platea dei vulnerabili, il mercato tutelato andava prorogato. Restano necessarie informazioni trasparenti e più garanzie per i cittadini.