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La settimana scorsa, in un grande teatro romano, si sono dati appuntamento delegati e delegate dei sindacati del comparto sanità più rappresentativi e, tutti insieme, hanno lanciato una grande mobilitazione per salvare e rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale. Alla fine dell’incontro è stata varata una “piattaforma in difesa del Ssn” sottoscritta da “medici, veterinari, farmacisti, psicologi, biologi, chimici, infermieri, tecnici, amministrativi, operatori e dipendenti delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere del Servizio Sanitario Nazionale, per avviare un movimento che si identifica nella rabbia di centinaia di migliaia di lavoratori della sanità e ne vuole raccogliere le energie, per costruire un percorso di mobilitazione che sensibilizzi e coinvolga tutta la cittadinanza nella difesa del diritto alla salute sancito dall’Art 32 della Costituzione”.
I difensori della Sanità pubblica
La Legge del 1978, quella che istituì il Ssn in applicazione dell’articolo 32 della Carta costituzionale, fu il frutto di una grande mobilitazione che vide insieme lavoratori e lavoratrici, cittadine e cittadini, operatori e operatrici sanitari che rivendicarono il diritto alla salute. Oggi occorre di nuovo una ventata come quella di allora per difendere e rilanciare quel Servizio che negli ultimi 25 anni è stato definanziato e depotenziato in favore del privato. Afferma Michele Vannini, segretario nazionale della Fp Cgil, parlando dell’incontro della scorsa settimana: “Un'iniziativa per certi versi unica, perché è la prima volta che finalmente si riuniscono tutte le organizzazioni sindacali del comparto e della dirigenza che vogliono salvare il servizio sanitario nazionale nella sua dimensione pubblica, statale, senza complicità con difese corporative o interessi di parte”.
Quel che serve è unità
Il punto è proprio questo, non si tratta di rivendicare condizioni di lavoro migliori o salario adeguato e dignitoso, che pure sono questioni rilevanti e che vanno poste. L’obiettivo è quello di salvare e rilanciare il servizio pubblico e universale. Aggiunge Andrea Filippi, responsabile medici della Fp Cgil: “Solo se riusciremo a rimanere uniti ed a coinvolgere tutta la cittadinanza, potremo davvero invertire la tendenza di scelte politiche che stanno minando le fondamenta dell'art 32 della Costituzione”.
La piattaforma unitaria
È una piattaforma vera e propria di riforma strutturale del Ssn che si fonda su due premesse. La prima è un vero e proprio rifiuto di svendere il patrimonio di solidarietà ed eccellenze professionali al privato. La seconda è in realtà una vergogna inaccettabile, quella che in Italia esistono 6 milioni di poveri, tra questi molti hanno un lavoro, ai quali non è garantito nemmeno il diritto alla salute, sono lasciati senza cure e “nelle diseguaglianze di una autonomia differenziata che accentuerà le insopportabili differenze che già esistono fra le diverse realtà nel Paese”.
Ciò che serve
Innanzitutto una riorganizzazione del Ssn “universale ed equamente diffuso su tutto il territorio nazionale”. E il primo pericolo da sventare è quello dell’autonomia differenziata che “espone l’intero Paese ai rischi di una frammentazione insostenibile delle politiche pubbliche chiamate a definire una strategia nazionale per la crescita, l’inclusione sociale e il rafforzamento del sistema delle imprese. La minaccia dell’autonomia differenziata è la prima mina che rischia di far definitivamente deflagrare un sistema che faticosamente si tiene ormai solo grazie alle competenze ed all’abnegazione degli operatori sanitari, una miccia che va disinnescata con precisione e tempestività”.
I cardini su cui riorganizzarsi
Innanzitutto, ovviamente, il sistema deve essere pubblico. Tutti gli interventi messi in campo da Meloni e il suo governo, invece, hanno spostato risorse dalle strutture pubbliche al privato. Poi integrato tra servizi sul territorio prossimi a chi deve usufruirne e gli ospedali. Ancora, deve essere multiprofessionale e interprofessionale, valorizzando tutte le diverse professioni sanitarie che sempre più devono lavorare insieme. Infine questo servizio andrà necessariamente governato, a cominciare dalla riduzione della frammentarietà dei rapporti di lavoro che oltre ad essere poco dignitosi per lavoratori e lavoratrici, rappresentano la frammentarietà del sistema che è tra le principali cause dell’inefficienza dei servizi.
Un prerequisito necessario
Dicono i saggi che le nozze con i fichi secchi non si possono celebrare. Quella italiana è la sanità più povera d’Europa. La media dei paesi Ue, infatti, destina alla sanità pubblica il 7,5% del Pil, Francia e Germania molto di più, quasi il doppio dell’Italia che è al 6,5% ma che ne giro di due anni scenderà al 6,2%. Ed allora la richiesta è netta: “finanziamento strutturale del Sns, a partire dal personale, contestando il principio strettamente economicistico e tendenzioso che il personale in sanità sia un costo invece che un investimento”.
I professionisti al centro
Dice ancora Michele Vannini, segretario nazionale della Fp Cgil: “Chiediamo al governo di ascoltare chi lavora nella sanità, professionisti che chiedono solo di mettere in sicurezza i servizi e di lavorare in condizioni migliori, finanziando il sistema sanitario. Cosa che non viene fatta. Anche nell'ultimo decreto il governo fa annunci vuoti e privi di contenuti. Dal suo insediamento è la quinta volta che il ministro annuncia l'abolizione del tetto di spesa. Al di là degli annunci, quindi, siamo di fronte all'ennesimo attacco alla sanità. Come Cgil siamo in mobilitazione da tempo, e a fronte di una mancanza di risposte naturalmente la mobilitazione si intensificherà”
Gli obiettivi da raggiungere
Innanzitutto una reale e finanziata abolizione del tetto di spesa per il personale, in particolare per quello socio-sanitario: assunzioni a tempo indeterminato, basta precariato e rapporti di lavoro atipici. E poi: stop ai gettonisti e al ricorso alle cooperative; occorre un utilizzo razionale del ricorso alle prestazioni aggiuntive per risolvere la questione delle liste di attesa e il bisogno di prestazioni; il finanziamento adeguato per il rinnovo dei contratti e l’adeguamento dei salari.
Ciò che serve per raggiungerli
“La sanità integrativa, la sussidiarietà, la sanità convenzionata, hanno di fatto trasformato il diritto alla salute, intesa come valore anche economico per lo Stato e per la collettività, in un valore commerciale che diventa una spesa per i governi dalla visione miope, e profitto per commercianti dall'occhio lungo”. Lo afferma Andrea Filippi che aggiunge: “Con questo governo, senza pudore, stiamo veramente toccando il fondo: si usa la sanità in campagna elettorale con provvedimenti spot che, senza nessun finanziamento, fanno ricadere la responsabilità delle liste di attesa sui professionisti. Un messaggio indecente che respingiamo al mittente. Dobbiamo ribellarci a chi da anni gioca sul conflitto tra cittadini e operatori”.
Ed allora la conclusione del dirigente sindacale non può che essere una: “Chiederemo nei prossimi mesi a tutte le associazioni, a tutti i cittadini, a tutte le persone di unirsi a noi per la ricostruzione di comunità della salute fondate sulla solidarietà, sul mutuo soccorso e sulla reciprocità”.