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Non solo nessun superamento della Fornero, ma una politica sulle pensioni che conferma l'idea che ne era alla base, addirittura amplificandola: allungare sempre di più l’età del pensionamento, senza far nulla per le categorie più fragili come giovani, donne e coloro che svolgono lavori gravosi e usuranti. Questi, in estrema sintesi, i contenuti della legge di bilancio 2025 in materia di previdenza. Un governo dunque poco coerente con quanto promesso in campagna elettorale (ricordate quota 41?) e invece molto conseguente con quello che ha cominciato a fare da subito, sin dalla scorsa legge di bilancio.
Lo scorso anno, si ricorderà, c’era stato ad esempio il taglio alle pensioni anticipate dei dipendenti pubblici (per coloro che sono iscritti alle gestioni Cpdel, Cps, Cpi e Cpug). Quest’anno poi “la proroga per il 2025 di Ape sociale, Opzione donna e Quota 103 conferma i peggioramenti introdotti negli ultimi anni che certificano l’azzeramento della flessibilità in uscita che i governi precedenti avevano tentato di introdurre”, attacca Ezio Cigna, responsabile previdenza della Cgil.
Un taglio che negli ultimi due anni, secondo calcoli della Confederazione di corso d’Italia, ha colpito il 60% della platea e che evidenzia la volontà di stoppare qualsiasi misura che anticipi l’uscita rispetto ai 67 anni di età. In pratica con il drastico ridimensionamento di quelle misure appena lo 0,011% della forza lavoro potrà vedere non applicata la legge Fornero i cui requisiti per tutti gli altri sarà l'unico modo per accedere alla pensione.
Pubblici in pensione sempre più tardi
In sede di presentazione del Psb (il Piano strutturale di bilancio ) il ministro Giorgetti aveva rassicurato che sulle pensioni la legge di bilancio non sarebbe intervenuta. In realtà non è stato affatto così: con la manovra 2025 il governo innalza i limiti ordinamentali delle pubbliche amministrazioni a 67 anni di età. Viene abrogata, quindi, una norma che era rimasta in vigore anche durante la legge Fornero e che poneva questo limite a 65 anni.
Per inciso: con il ritardo dell'accesso alla pensione, la liquidazione Tfs/Tfr (già oggi corrisposta con ritardi intollerabili) sarà erogata ancora più tardi. Se prima chi raggiungeva i limiti ordinamentali doveva attendere 12 mesi per la prima rata, adesso dovrà aspettare molto di più. Questo ritardo, su un reddito medio di 40.000 euro con 43 anni di servizio, produce, in un contesto di forte inflazione, una perdita del potere d’acquisto pari a circa 25.000 euro. Si tratta di una penalizzazione inaccettabile che colpisce duramente i lavoratori pubblici (delle gestioni sopra indicate) dopo una vita di contributi.
Un taglio di 32 miliardi
Altro che Quota 41, attacca Cigna, “per tutti coloro che sono iscritti alle gestioni pubbliche sopra evidenziate, si può arrivare a dover accumulare 48 anni di contribuzione, e anche lo ‘sconto’ previsto per il personale sanitario determinerà comunque una Quota 46, sempre in termini di anni di contribuzione. Questo scenario è ancora una volta in totale contraddizione con le promesse fatte e rappresenta un arretramento delle tutele previdenziali, con un taglio che supererà i 32,9 miliardi”.
L'estensione del bonus Maroni
Ma il tentativo di allungare l’età pensionabile toccherà anche i lavoratori privati con la riproposizione e l’allargamento del bonus Maroni, incentivando la prosecuzione dell’attività lavorativa attraverso l’esonero del versamento contributivo a carico dei lavoratori che, potendo scegliere se accedere alla pensione o meno, ricevono in busta paga l’importo netto dei contributi. La misura era finora riservata a chi maturava il diritto alla Quota 103, mentre con la legge di bilancio 2025 verrà estesa a tutti coloro che potrebbero andare in pensione anticipata.
“Ancora una volta si sceglie di creare disuguaglianze nel sistema previdenziale - questo il commento secco di Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil -. Una misura assolutamente sbagliata che altera la logica interna del sistema previdenziale e rischia di determinare profonde differenze tra i lavoratori e compromettere la sostenibilità futura del sistema”.
Va detto poi che se lo stipendio risulterà più alto “grazie” a quel 9,91% di retribuzione lorda non versata dal lavoratore, la pensione futura risulterà però, visto che siamo in un sistema contributivo, danneggiata, poiché il relativo montante crescerà solo con i versamenti del datore di lavoro.
Nulla per giovani e donne
Ancora una volta nessun intervento migliorativo per le nuove generazioni. Quanto alle donne dopo aver innalzato lo scorso anno la soglia di accesso alla pensione anticipata nel sistema contributivo, si introduce un incremento (da 12 a 16 mesi) della possibilità di accesso anticipato alla pensione di vecchiaia (con sistema contributivo) per le lavoratrici con 4 o più figli, alle quali è riconosciuto un anticipo di età coperto da contribuzione figurativa, un misura che però come evidenziato nella relazione tecnica del governo raggiungerà lo 0,79% delle donne.
Previdenza complementare: nessuna misura utile
Seppur la cosiddetta “seconda gamba” del sistema previdenziale non può essere considerata risolutiva delle storture prodotte dalla Fornero, anche in questo caso nessuna misura utile a potenziare la previdenza complementare è contenuta nella legge di bilancio. La possibilità di poter utilizzare il valore teorico della rendita maturata nell'ambito della previdenza complementare per raggiungere l'importo soglia stabilito per la pensione di vecchiaia a 67 anni riguarderà 100 persone all’anno per i prossimi anni, il che conferma un intervento del tutto marginale.
La ciliegina sulle pensioni minime
L'incremento delle pensioni minime da 614 a 617 euro ha dell'incredibile. Dopo mesi di annunci e proclami con numeri altisonanti, l'aumento si traduce in 10 centesimi al giorno. “Da tempo chiediamo un intervento sulle pensioni basse, attraverso un rafforzamento e allargamento della quattordicesima, misura che avrebbe un impatto reale sulla vita di milioni di pensionati in difficoltà”, commenta Ghiglione.
Cgil: giudizio totalmente negativo
“Lo possiamo ribadire: nella manovra 2025 non c’è nessuna risposta per giovani, donne e pensionati. Di fatto, si sposta il traguardo pensionistico per tutti, altro che riforma del sistema previdenziale con elementi di solidarietà ed equità”, osserva la segretaria confederale della Cgil.
“Si continua a ignorare la necessità di una riforma complessiva che tenga conto delle esigenze di tutte le generazioni e delle diverse categorie di lavoratrici e lavoratori. Questa è la verità, dopo anni di bugie su un tema così delicato come quello delle pensioni", conclude.