È passata in sordina, quasi il Governo si vergognasse di dover ammettere un suo ulteriore fallimento. Nel decreto Milleproroghe – ovviamente con l’ennesimo voto di fiducia – appena convertito in legge si scopre a sorpresa un articolo con il quale si prevede l’estensione della sperimentazione della riforma della disabilità. La sperimentazione, infatti, doveva durare 12 mesi così che la riforma potesse entrare in vigore dal 1° gennaio 2026, ed invece tutto slitta di un anno. La sperimentazione durerà 24 mesi e la riforma – al momento ma chissà cosa riserva il futuro – entrerà in vigore dal 1° gennaio 2027. Per di più sono state inserite altre 11 nuove province, nelle quali sperimentare le nuove procedure per ottenere il riconoscimento di invalidità e i diritti collegati.

Fallimento annunciato

In realtà che le cose non funzionassero era noto, almeno a medici di medicina generale, patronato e soprattutto cittadini e cittadine in condizione di disabilità che – nelle province dove la riforma si sta sperimentando dal 1° gennaio di quest’anno - non sono riusciti ad ottenere nemmeno l’inoltro della domanda. Commenta Valerio Serino, responsabile Cgil dell’ufficio Politiche per il lavoro e l’inclusione delle persone con disabilità: “La Cgil, valutato con i territori interessati della sperimentazione, ha immediatamente segnalato già dal mese di gennaio le molteplici difficoltà e problematicità della riforma. La dilazione dei tempi, quindi, è un’azione resa necessaria da una riforma che si è dimostrata sganciata dalla realtà”.

Cosa non funziona

Ci vuole oltre un ora – ad esempio - per compilare il cosiddetto certificato introduttivo. Lo devono fare i medici di medicina generale, già oberati oltre ogni ragionevolezza di compiti burocratici e di cura dei propri pazienti, la procedura informatica di competenza dei patronati non dialoga con nessun’altra banca dati. E ancora: troppo pochi i medici legali e il personale dell’Inps dedicati alla sperimentazione. Risultato? Invece di rendere più agevole e meno umiliante il percorso per l’ottenimento del riconoscimento di invalidità e quindi i diritti, tutto è assai più lento e difficile. Sottolinea il dirigente sindacale: “Già a partire dall’introduzione del nuovo certificato medico introduttivo, che ha creato problemi sia ai medici di medicina generale che, di conseguenza, alle cittadine e ai cittadini, si è reso inesigibile un diritto, rendendo quasi impossibile l’invio della domanda stessa”. E quindi: “La semplificazione amministrativa, tanto declamata, è servita solamente ad allungare i tempi e creare difficoltà alle persone”.

A chi giova?

Certo, non ai cittadini e cittadine che a causa di malattia o di infortuni si trovano in una condizione non certo felice. Quel che sembra non essere tenuto in considerazione, da chi quella riforma ha scritto e si ostina a difendere senza ascoltare critiche e suggerimenti, è la seguente dinamica: chi si trova nella necessità di inoltrare la domanda per il riconoscimento di invalidità si trova in una situazione di difficoltà e di disagio, sarebbe quindi necessario diminuire il più possibile lungaggini e inciampi burocratici.

L’Inps non è pronto

Finora il percorso per il riconoscimento dell’invalidità era “equamente” distribuito tra Asl e Inps. Secondo la riforma sarà tutto concentrato nell’Istituto: dal sistema informatizzato per la presentazione e la gestione delle domande, alla valutazione fino all’erogazione di eventuali provvidenze economiche. Peccato che – come si è purtroppo dimostrato nelle province dove è partita la sperimentazione – non sia pronto. Così commenta Serino: “Come da noi più volte rilevato i diversi modelli organizzativi dell’Inps hanno mostrato subito diverse difficoltà. Per questi motivi l’Istituto avrà una fase transitoria di due anni. La dilazione dei tempi è un’azione resa necessaria a causa di una riforma che si è dimostrata totalmente sganciata dalla realtà. Il grave errore di valutazione iniziale da parte del Governo ha reso indispensabile un allungamento dei tempi, sempre a discapito delle fasce più deboli e fragili della popolazione”.

Lo scarico di responsabilità

Di chi è la colpa? Il gioco dello scaricabarile sulla pelle delle persone fragili proprio non si può fare, nemmeno quello sulla pelle dei medici di base e degli operatori e operatrici dei patronati che si stanno sobbarcando l’onere di far funzionare una “macchina” inadeguata. “In questi giorni – aggiunge il sindacalista - si sono cercati dei capri espiatori, ma la colpa non è di chi ha scritto la riforma? Oggi troppe persone con disabilità rimarranno deluse, molte sono le famiglie che confidavano nella piena applicazione della riforma, a partire dal progetto di vita. Perché ad oggi non si è ancora nelle condizioni di parlare del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato, che è la parte del Dlgs 62/2024 che più interessa e coinvolge le persone con disabilità. I diritti delle persone con disabilità sono stati nuovamente messi da parte, si vuole prendere tempo per non ammettere oggi i propri errori”.

Il governo inadempiente

Come si fa a far partire una riforma se mancano dei pezzi della stessa? È proprio quel che accade, visto che mancano ancora alcuni decreti attuativi della riforma stessa, necessari per un iter corretto di tutta la procedura, dalla valutazione di base, al progetto di vita individuale partecipato e personalizzato. La Cgil continuare nell’azione di monitoraggio della sperimentazione della riforma, proprio per questo richiama il Governo alle sue responsabilità. Conclude infatti Serino: “Crediamo fermamente che le persone con disabilità abbiano diritto alla piena inclusione nella vita del Paese, e che non debbano essere prese in giro dalla propaganda, ma necessitano di azioni concrete e non di parole. Per raggiungere l’obbiettivo vogliamo un confronto serio e costante con le organizzazioni sindacali, con persone con disabilità e le loro famiglie, affinché si possa applicare pienamente una riforma, per una vera inclusione in ogni ambito della vita”.

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