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“Cgil, Cisl e Uil chiedono che venga subito emanato un provvedimento di regolarizzazione di tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici migranti soggiornanti in Italia ma attualmente sprovvisti di un regolare titolo di soggiorno, affinché il sistema dei diritti e delle tutele del mondo del lavoro sia pienamente riconosciuto”. È la richiesta avanzata dalle tre confederazioni sindacali, unitariamente, in una lettera inviata oggi a Governo e Parlamento. “Mai come oggi - scrivono Cgil, Cisl e Uil - un provvedimento di emersione dall’irregolarità si configurerebbe come un forte vantaggio economico e sociale per tutta la collettività, oltre che come un atto di giustizia ed equità”, e al contempo sarebbe “una misura di tutela della salute e dell’igiene pubblica in grado di ridurre il rischio di esposizione al contagio per questi lavoratori e per gli altri cittadini”.
"Di fronte alla crisi sanitaria che sta sconvolgendo il mondo - scrivono le confederazioni -, le condizioni di vita e di lavoro degli stranieri soggiornanti nel nostro paese rischiano di subire un ulteriore peggioramento. In particolare i cittadini di Paesi Terzi presenti in Italia senza uno status regolare, già quasi sempre soggetti a grave sfruttamento e a condizioni di lavoro di per sé insicure e insalubri, in questa situazione di emergenza, vedono aumentare i rischi per la propria salute e gli episodi di emarginazione e discriminazione". Cgil, Cisl e Uil ricordano che negli ultimi anni "il sostanziale blocco dei flussi d’ingresso per motivi di lavoro a tempo indeterminato (2010), il peggioramento progressivo delle normative sull’immigrazione e asilo culminate con i decreti sicurezza (2018 e 2019), hanno prodotto un graduale restringimento dei diritti dei lavoratori migranti ed un aumento di quelli sprovvisti di regolare titolo di soggiorno, costretti pertanto a lavorare in condizioni di irregolarità e di privazione di ogni tutela lavorativa e sociale. Si stima che il loro numero possa superare oggi il mezzo milione di persone".
Si tratta di una "importante risorsa lavorativa" che per la maggior parte "opera, in nero, in settori come l’agricoltura, l’edilizia, la logistica, il lavoro domestico e di cura, la ristorazione, il commercio, i trasporti… Comparti dove il loro apporto è fondamentale, sia per l’attuale tenuta del sistema economico, sia per la futura ripresa del nostro sistema produttivo così duramente provato dalla pandemia". Oltre agli importanti effetti per il contenimento del Covid-19, proseguono i sindacati, "l’emersione di queste persone dall’economia sommersa garantirebbe il loro accesso al sistema delle tutele, agli ammortizzatori sociali e l’iscrizione al Sistema sanitario nazionale, e costituirebbe una misura concreta di contrasto all'illegalità perché prosciugherebbe il bacino di manodopera a cui si rivolge la malavita organizzata".
La regolarizzazione dei migranti, conclude la lettera delle confederazioni, andrebbe a vantaggio anche dei "lavoratori regolari e di quelli italiani, che non soffrirebbero l’effetto di dumping retributivo". Ma porterebbe effetti positivi alle "casse dello Stato e degli Enti assicurativi e previdenziali grazie al gettito fiscale e contributivo recuperato", alle "imprese 'sane' che eviterebbero la concorrenza sleale", e agli "imprenditori onesti che potrebbero regolarizzare lavoratori/lavoratrici di cui già apprezzano le competenze".