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"Il progetto dell'Eni apre la strada alla riconversione del cracking di Porto Marghera (anch’esso produttore di idrogeno) con cariche di bio plastiche per la produzione di etilene e propilene. Inoltre, il parco criogenico di Gpl darebbe la disponibilità in loco di riconvertire l’alimentazione dei forni da virgin nafta a gas. Ma inon va bene. Anche in questo progetto di trasformazione l’Eni propone il classico sistema dei due tempi: prima chiudiamo gli impianti e poi incominciamo a concretizzare il futuro". Così in una nota unitaria le segreterie territoriali di Filctem Cgil Femca Cisl e Uiltec Uil di Venezia."
"Purtroppo, nella storia di Porto Marghera questo sistema ha fatto sì di arrivare alla desertificazione industriale attuale. Lo stesso virtuoso esempio di riconversione della Raffineria di Venezia dimostra l’inefficacia e l’aleatorietà dei progetti e delle promesse dell’Eni per quanto riguarda gli investimenti. Infatti, oggi propongono in cambio del cracking investimenti che per accordo sindacale avrebbero dovuto completare sei anni fa. Se tutto va bene, l’impianto West to fuel di Eni Rewind entrerà in funzione per fine 2023, lo steam reforming in bioraffineria per il 2024, il parco serbatoi criogenico non sappiamo la data, l’impianto di alcool isopropilico nel 2024 e la piattaforma di riciclo plastiche è in fase di studio e non è stata specificata la data presunta di avvio lavori", continuano le tre sigle di categoria.
"Come possiamo riassumere, solo nel 2024 ci saranno i primi risultati sugli investimenti e quindi la riconversione, però gli impianti cracking vengono fermati nei primi mesi del 2022. Restano quindi due anni di attesa prima di ricollocare il personale diretto (180) in esubero dalla chiusura degli impianti prima dell’entrata in funzione di altre attività. E’ molto probabile che questi due anni di attesa, al netto della formazione, siano coperti da ammortizzatori sociali, quindi a carico della collettività. I conti non tornano. A detta dell’Eni il personale coinvolto nella chiusura del cracking e degli aromatici dovrebbe coinvolgere circa 390 lavoratori diretti", aggiungono i sindacati.
"Il programma di riconversione prevede: steam reforming 0 lavoratori, parco criogenico 18 lavoratori; Waste to fuel 20 lavoratori, impianto di alcool isopropilico 30 lavoratori, la piattaforma di riciclo plastiche 71 lavoratori, hub logistico 176 lavoratori, impianto fotovoltaico 0 lavoratori, competence center di manutenzione 30 lavoratori, per un totale di 345. Già dal progetto complessivo risultano 45 posti di lavoro in meno. Inoltre, Versalis pesa l’80% nel consorzio che gestisce i servizi di condominio Spm che occupa 103 lavoratori tutti ex dipendenti Eni. Senza il cracking e con una drastica riduzione di attività questi lavoratori rientrano fra gli esuberi da conteggiare", proseguono le organizzazioni dei lavoratori.
"Solo considerando i lavoratori in appalto che giornalmente lavorano per Versalis possiamo tranquillamente aggiungere fra i potenziali esuberi altri quattrocento lavoratori in appalto: mensa, manutenzione, pulizia, guardiania solo per fare i primi esempi, oltre all’indotto vero e proprio di aziende terze che lavorano per le forniture. Va considerato tra l’altro l’effetto domino nel polo chimico veneziano, dove insistono altri 500 lavoratori chimici e gli effetti occupazionali causati negli altri poli chimici di Ferrara e Mantova. A questo si aggiunge la già precaria situazione occupazionale nel territorio veneziano e in particolare a Porto Marghera. Entro il 2023, nei progetti dell’Enel, ci sarà la riconversione della centrale elettrica Palladio che passerà da 200 dipendenti a 40. Il territorio veneziano rischia di impoverirsi di buona occupazione paradossalmente a fronte di scelte da parte di grandi aziende con partecipazione statale". rilevano ancora le tre federazioni.
"A fronte delle considerazioni sopra scritte, pensiamo che le scelte di Eni per quanto riguarda la chimica di base in Italia e a Porto Marghera debbano essere profondamente riviste. L’Eni deve cogliere l’opportunità di avere un impianto cracking che, se 'manutentato' e reso efficiente, può ancora per anni fornire le materie prime per l’intera filiera dei polimeri in Italia. Sostituire la chimica di base con qualche abbozzato progetto dà la netta sensazione che questa non sia una riconversione, ma una chiusura", conclude il sindacato.