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Cresce la disuguaglianza tra uomini e donne nelle aziende metalmeccaniche. Il gender gap si registra soprattutto nel salario e nelle figure dirigenziali, un po’ meno nell’occupazione. E il contratto collettivo di lavoro è il primo strumento con cui combattere questa differenza. A dirlo è uno studio della Fiom Cgil nazionale, presentato venerdì 7 marzo in occasione della giornata internazionale della donna.
La ricerca analizza i rapporti biennali sulla situazione del personale maschile e femminile nelle aziende metalmeccaniche, con oltre 50 dipendenti, che sono stati introdotti nel 2006 dal Codice delle pari opportunità. Sono stati vagliati 1.072 rapporti periodici relativi al biennio 2022-2023, per un totale di circa 450 mila dipendenti. La ricerca è stata presentata da Silvia Simoncini (segretaria nazionale Fiom Cgil) e da Michele De Palma (segretario generale Fiom Cgil).
L’occupazione
Nel biennio 2022-2023 cresce sia per le donne sia per gli uomini. Ma mentre quella femminile aumenta del 4,9%, quella maschile cresce del doppio in termini assoluti: 8.423 contro 4.504. In sostanza, una nuova assunzione su tre è di una donna.
L’occupazione totale nel biennio aumenta per tutte le categorie professionali, ma più per gli impiegati e meno per gli operai: per gli impiegati si passa dal 42,2% del 2022 al 44% del 2023, mentre per gli operai dal 44,1% del 2022 al 43,3% del 2023.
La presenza di donne nel settore metalmeccanico è più bassa tra dirigenti e operai rispetto a quella tra quadri e impiegati. Le dirigenti nel 2022 sono il 15,7% e nel 2023 il 16,3%; tra i quadri si passa dal 21,5% nel 2022 al 22% nel 2023; le impiegate sono il 29,8% nel 2022 e il 30,2% nel 2023; le operaie registrano il 12,7% nel 2022 e il 12,8% nel 2023.
I lavoratori in somministrazione equivalgono al 4,3% dei dipendenti delle aziende metalmeccaniche analizzate. Ma la quota di donne con questo tipo di contratto, pari al 23,4%, è superiore al valore delle donne dipendenti (21,4%).
È sul lavoro part time che il gender gap aumenta in modo evidente. Il 3,5% dei dipendenti metalmeccanici ha un contratto part time: gli uomini sono l’1,1%, mentre le donne il 12,2%.
Anche sul lavoro agile il gender gap è alto: gli uomini sono il 25,6%, mentre le donne il 40,1% del totale; complessivamente, a utilizzare il lavoro agile è il 28,7% dei dipendenti.
Il salario
Il gender pay gap nell’industria metalmeccanica è cresciuto dello 0,6%, passando dal 13,5% del 2022 al 14,1% del 2023. In totale, nel 2023 alle donne (che sono il 21,4%) spetta il 18,9% del monte retributivo annuo lordo.
Ma se si considera il salario accessorio la disuguaglianza tra donne e uomini aumenta ancora di più. Il salario accessorio è rappresentato da quattro voci: straordinari, superminimi individuali, premi di produttività e altro (dove sono compresi benefit aziendali, indennità e bonus). Questa parte di retribuzione è quella non contrattata collettivamente (a parte gli straordinari), ma decisa unilateralmente dalle imprese o contrattata individualmente dai lavoratori.
Il 14,1% di gender pay gap è costituito per il 10,6% dal salario strutturale (contrattato collettivamente) e dal 25,3% dal salario accessorio. La contrattazione collettiva riduce il gender pay gap. Il salario strutturale rappresenta il 75,9% del totale del salario degli uomini mentre sale al 79,1% di quello delle donne, con una differenza del 3,2%. Una differenza che si allarga, ad esempio, per i quadri maschi, dove il salario strutturale è del 64,1% del totale mentre per le operaie è dell’85,5%.
La Fiom Cgil ha analizzato anche il gender pay gap per settore produttivo. Nella siderurgia e nell’impiantistica, dove la presenza femminile è ampiamente sotto la media con il 7,3% e il 10,6% della forza lavoro, il gender pay gap è annullato ed è addirittura a favore delle donne.
In altri settori la disuguaglianza salariale è alta: nell’automotive è del 15,1% come retribuzione strutturale e del 22,6% come salario accessorio; nell’elettrodomestico è del 24,7% come retribuzione strutturale e del 39,3% come salario accessorio; nell’informatica è del 18,7% come retribuzione strutturale e del 29,7% come salario accessorio.
Fiom: “In Italia abbiamo un gender gap enorme”
“L’elaborazione di questo lavoro va letta all’interno di un processo in atto nella società, ossia la ri-politicizzazione dell’Otto Marzo, determinata dal movimento delle femministe e delle donne del nostro Paese”, spiega il segretario generale Fiom Cgil Michele De Palma: “La ricerca dice anche che ci troviamo in un contesto sociale, culturale ed economico, come quello descritto, in cui il potere è ancora gestito dagli uomini”.
Un potere che va riequilibrato anzitutto con la contrattazione. “Se nella delegazione negoziale che ha partecipato all'ultimo rinnovo del contratto nazionale non ci fosse stato un forte protagonismo delle donne, certi risultati non li avremmo ottenuti”, prosegue il dirigente sindacale: “Penso all’accordo raggiunto sui tre mesi in più, per le donne vittime di violenza, oltre a quelli già stabiliti per legge, oppure alla possibilità, sempre per queste donne, di essere ricollocate in altri siti produttivi”.
Venendo alla questione retributiva, De Palma evidenzia che “in Italia abbiamo un gender gap enorme, e anche tra i metalmeccanici le donne sono pagate meno degli uomini. Questo succede perché quando c'è il salario unilaterale da parte delle imprese, gli uomini vengono premiati più delle donne”.
Per il segretario generale Fiom “questo è inaccettabile. Bisogna rinegoziare e costruire il contratto nazionale delle metalmeccaniche e dei metalmeccanici perché è l'unico che garantisce giustizia e uguaglianza tra uomini e donne perché lo stesso salario viene dato sulla base dell'inquadramento”.
De Palma, in conclusione, ha chiesto al governo “di recepire rapidamente la direttiva europea 970 del 2023 sulla trasparenza salariale. Sono dati importanti, perché possono permettere alle parti sociali di affrontare il tema del gender gap. La trasparenza è Il tassello che serve per trovare e condividere una soluzione. Noi vogliamo cambiare davvero ciò che non va, e lo si può fare agendo con la legislazione e la contrattazione”.