Questa è la storia di Auli, una storia di resistenza e lotta, ma anche di tenacia. Una storia di straordinaria precarietà che oggi ha lasciato senza parole tutti i presenti al convegno organizzato da Cgil Cisl e Uil al Cnel in occasione dell’8 marzo. Al quale Auli – delegata Nidil Cgil-, è intervenuta per raccontare la sua vita da precaria e come possa essere il lavoro nel 2022, fatto di contratti e rinnovi, a volte anche brevissimi, in un domino di incertezza e condizioni in cui i diritti, e anche l’umanità, svaniscono perché l’unico metro è il risparmio.
Auli ha 38 anni e vive ad Ancona. Ha un sorriso travolgente e sprigiona una forza solare. Il primo contratto di somministrazione lo firma una settimana dopo il diploma: avrebbe voluto continuare a studiare ma non poteva. Si rimbocca le maniche e si dà da fare. Le viene anche offerto un contratto a tempo indeterminato. Ma c’è una condizione, solo se non fa figli. Lei è giovane, non ci pensa nemmeno un attimo su e dice sì. Poco dopo scopre di avere un tumore. Le cure cui è sottoposta la rendono sterile. E invece accade un miracolo: resta incinta.
Lei sa bene cosa significa portare avanti la gravidanza, ma sceglie di essere madre. Quando rientra al lavoro la mettono in condizione di licenziarsi: è giovane, inesperta, non ha mai incontrato il sindacato. Si arrende e pensa che un altro posto fisso lo troverà. Non può immaginare quanto le regole del lavoro stavano cambiando e che la precarietà sarebbe diventata la norma.
Da quel giorno Auli non ha più firmato un contratto a tempo indeterminato passando di anno in anno per decine di lavori, tutti precari, instabili, temporanei. Molti con le pubbliche amministrazioni dove lei studia, impara a districarsi tra leggi, norme e regolamenti. Poi il numero massimo di rinnovi viene raggiunto e le sue competenze, la sua preparazione, l’impegno diventano inutili.
Nel 2019 entra al Comune di Jesi, dove in 18 mesi colleziona 7 diverse agenzie per 7 diverse variazioni di orario, ognuna al ribasso rispetto alla precedente inseguendo risparmi a volte risibili che però si traducono in tagli di reddito, diritti, dignità per lavoratrici e lavoratori. Durante quel periodo Auli perde, ormai al secondo trimestre, una gravidanza. Viene chiamata dall’ufficio: le spiegano che deve rientrare subito, entro 48 ore, perché altrimenti dovrà essere sostituita. “Ho ingoiato dolore e lacrime e sono rientrata perché affitto, spese e due figli con un solo stipendio non ce la si fa”.
Da marzo 2021 lavora sempre come somministrata per il ministro dell’Interno, si occupa di immigrazione come altri 700 colleghi in tutta Italia, in stragrande maggioranza donne. Un anno di lavoro per quattro contratti, il primo di sei mesi, il secondo di tre, il terzo e il quarto di quaranta giorni che scadranno il prossimo 25 marzo. Quello che ne sarà di loro dopo a nessuno è dato saperlo. “Possiamo sperare che ci proroghino, ma resta comunque un futuro di totale incertezza – spiega -. Siamo precari e non solo dal punto di vista lavorativo: il precariato è un vero e proprio stile di vita. Non possiamo sognare di avere una casa di proprietà o più semplicemente non possiamo permetterci il lusso che ci si rompa la lavatrice perché a rate non potremmo comprarla”.
Questo è il mondo del lavoro oggi descritto dall’Istat e dalle statistiche: totale incertezza di vita per migliaia di persone, in maggioranza donne, giovani, preparate come Auli perché i numeri lo dicono chiaro: la precarietà è soprattutto donna.