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Un forte aumento dei morti sul lavoro nel 2018 – per la prima volta in tre anni – e anche i primi dati del 2019 sono molto negativi. Li ha resi noti oggi 26 giugno il presidente dell'Inail, Massimo De Felice, nella relazione dell'istituto alla Camera dei deputati. Lo scorso anno le morti accertate sul lavoro sono state infatti 704 (643 uomini e 61 donne), 30 in più rispetto al 2017, a fronte di 1.218 denunce di infortunio mortale, con un aumento del 4% rispetto al 2017. Ma l'aumento potrebbe crescere ancora, visto che 35 casi sono ancora in istruttoria. La tendenza in crescita continua, visto che le denunce di infortunio mortale nei primi quattro mesi del 2019 sono state 303 con un aumento del 5,9% sullo stesso periodo del 2018. Le denunce di malattia professionale sono state circa 59.500 (+2,6% sul 2017). La causa professionale è stata riconosciuta al 37% del totale (il 3% è ancora in istruttoria).
Duro il commento di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil: “È assurdo e non più accettabile continuare a morire come cinquant’anni fa. Siamo dinanzi a un dramma: aumentano i morti sul lavoro, gli infortuni e le malattie professionali. La salute e la sicurezza è considerata ancora un costo e non si investe in termini pubblici sulla prevenzione”.
“Purtroppo - prosegue - anche in questo campo c’è un problema di carenza di investimenti, e quando ciò accade prevale l’idea che pur di lavorare va bene qualsiasi condizione, questo non è assolutamente accettabile”. “Le imprese devono cambiare registro e iniziare a investire su prevenzione e sicurezza, mentre le Istituzioni pubbliche su controlli, ispezioni e nei servizi di medicina del lavoro. Contemporaneamente - conclude Landini - c’è bisogno di favorire una cultura della sicurezza, ostacolata oggi anche dalle condizioni precarie di lavoro”.
“I numeri dell’Inail dicono due cose: aumentano i morti sul lavoro e le aziende irregolari, al tempo stesso si riducono le risorse e il personale destinati all’azione di contrasto nei confronti delle imprese che non rispettano le norme e mettono a rischio la vita delle persone. Possiamo dire, senza possibilità di essere smentiti, che sul tema della sicurezza del lavoro e della regolarità delle imprese - temi assolutamente interconnessi ed inscindibili - il governo ha fatto esattamente l’opposto di quanto il buon senso avrebbe suggerito: anziché acqua, sul fuoco ha gettato benzina”, è quanto fa sapere la segreteria nazionale della Fillea Cgil.
Per il sindacato “lo sblocca-cantieri è l’esempio plastico di quanto abbiamo appena affermato: appalto libero e al massimo ribasso significa riportare la legge della giungla in un settore, quello dell’edilizia, che da una parte detiene il triste primato in morti (secondo dopo l'agricoltura), incidenti invalidanti e malattie professionali, dall’altra ha maggior presenza di imprese irregolari, che non rispettano i contratti e le norme sulla sicurezza. Di tutto questo unico responsabile è il governo. O meglio, irresponsabile”.
Irresponsabile è stato, ad esempio, “togliere mezzo miliardo di euro dalle risorse per la prevenzione degli infortuni”, prosegue la Fillea, che conclude con alcune domande: “Se l'Inail nel 2018 ha avuto un attivo di bilancio di 1,8 miliardi di euro, come mai il taglio delle tariffe Inail alle imprese non è stato finanziato con questi cospicui avanzi ma con i soldi destinati alla formazione su salute e sicurezza ed agli investimenti per la prevenzione? Come mai si sceglie di diminuire gli importi degli assegni destinati alle famiglie delle vittime sul lavoro?”