Il disegno di legge sul lavoro allarga le maglie della precarietà e per questo va fermato. Dopo il via libera accordato dalla XI Commissione della Camera, il provvedimento di iniziativa governativa è approdato in aula per la discussione generale. I 33 articoli non danno risposte alle esigenze reali del Paese e del mercato del lavoro, ma peggiorano la normativa attuale che già alimenta la flessibilità.

Dalla liberalizzazione dei contratti di somministrazione all’estensione di quelli stagionali, fino all’equiparazione dell’assenza ingiustificata alle dimissioni volontarie, gli interventi di fatto sono una risposta alle richieste che da tempo fanno i datori di lavoro.

Il governo razzola male

“Con questo provvedimento si cancella completamente la dignità e la qualità del lavoro”, dichiara Maria Grazia Gabrielli, segretaria confederale Cgil: “Se verrà approvato, aumenterà la precarietà e cresceranno i contratti poveri e di breve durata. Ancora una volta il governo e il parlamento intervengono sul lavoro in maniera disorganica e dannosa, senza aprire un confronto con i sindacati”.

La direzione che la maggioranza ha preso per l’ennesima volta, quindi, è contraria a quella che sbandiera ai quattro venti: migliorare le condizioni di donne, giovani, neet, più qualità, più stabilità, più formazione. Il testo in discussione alla Camera va invece da tutt’altra parte. E lo fa, come spesso accade in questi casi, con emendamenti che sono difficili da interpretare.

Più somministrazione, più precarietà

Il disegno di legge prevede la possibilità di usare senza vincoli i contratti in somministrazione a tempo determinato e indeterminato. In pratica, l’impresa utilizzatrice potrà impiegare il lavoratore con missioni a termine senza limiti e per anni, con attivazioni su attivazioni. Oggi il limite è di 24 mesi: se dovesse passare questa modifica, non ci sarebbe alcun paletto. In definitiva, una persona potrebbe rimanere anche trent’anni in un’azienda con contratto di somministrazione, senza mai essere assunto direttamente.

Altro fattore di liberalizzazione: oggi si può ricorrere alla somministrazione senza però superare la soglia del 30 per cento di personale. Il ddl lavoro non aumenta quel 30 per cento ma allarga le deroghe: inserisce i lavoratori over 50 e una grande casistica di soggetti svantaggiati. Insomma, un serbatoio di attivazioni su cui scaricare tutte le flessibilità e le discontinuità.

Estensione del contratto stagionale

La norma in discussione estende l’uso dei contratti stagionali che sono oggi normati in modo preciso, con paletti e limiti, e di tutte le deroghe. Un’azienda potrà ricorrere al contratto stagionale per qualsiasi picco produttivo, senza limiti né causali: un modo per aggirare le norme esistenti sull’impiego dei contratti a tempo determinato e per usarli al di fuori delle regole.

“In continuità con il cosiddetto ‘decreto lavoro’, con il quale aveva già liberalizzato i contratti a termine – prosegue la dirigente Cgil -, il governo procede nel favorire la precarietà attraverso sia la possibilità di utilizzare, senza limiti e vincoli, i contratti in somministrazione, sia attraverso l’estensione, inaccettabile, dell’uso dei contratti stagionali e di tutte le deroghe connesse rispetto alla norma generale dei contratti a termine”.

Dall’assenza ingiustificata alle dimissioni volontarie

Altro caso preso in esame, l’assenza ingiustificata del lavoratore. Oggi la norma consente all’azienda il licenziamento con preavviso in alcune situazioni, in altre la giusta causa di recesso, seguendo una determinata procedura. In contrasto con quanto definito dalla contrattazione collettiva, il provvedimento proposto dà al datore il potere di recesso senza la necessità di accertare la reale volontà del lavoratore assente.

Un intervento che rischia di trasformare in dimissioni automatiche assenze che potrebbero anche non essere una scelta del lavoratore, senza un’adeguata garanzia di accertamento dei fatti e della reale volontà da parte dell’ispettorato: pensiamo a chi ha poca padronanza della lingua, per esempio, o scarsa consapevolezza delle norme contrattuali.

Lavoro instabile e non di qualità

“Il provvedimento – aggiunge Gabrielli – indebolisce inoltre le clausole di tutela per il contrasto al lavoro autonomo non genuino nei contratti misti, con gli accordi di prossimità e la certificazione degli stessi, introduce l’unico contratto di apprendistato duale ed equipara l’assenza ingiustificata del lavoratore alle dimissione volontarie. In questo modo si promuove solo un lavoro instabile e non di qualità. La ministra Maria Elvira Calderone parla di ‘cultura del lavoro’ ma non dà risposte”.

La segretaria confederale Cgil così conclude: “C’è un’unica strada se davvero si vuole garantire un’occupazione stabile, dignitosa, sicura e tutelata: non approvare il ‘ddl lavoro’. Se verrà avallato, la Cgil lo contrasterà in piazza e con tutte le azioni necessarie, a partire dai quattro referendum popolari sul lavoro”.