La Funzione pubblica Cgil Roma-Lazio, come la Flc regionale, ha proclamato lo sciopero generale di tutti i comparti per l’intera giornata di domani, venerdì 8 marzo, per sostenere l’adesione all'astensione globale delle donne, promossa da 'Non una di meno', che da anni viene fatta vivere con azioni di protesta e manifestazioni in oltre cinquanta paesi del mondo e in tante città italiane. "Da sempre, al loro fianco nella lotta alle discriminazioni e alla violenza, dalla difesa dei diritti conquistati alle nuove battaglie per le parità d’accesso al lavoro, per la crescita professionale, per l’accesso ai servizi, saremo con loro domani pomeriggio al corteo, che partirà, alle 17, da piazza Vittorio fino alla Madonna di Loreto. Ancora domani, oltre alle tante iniziative che si terranno nei posti di lavoro, la mattina saremo a 'Si chiamerà futura', l’assemblea unitaria Cgil-Cisl-Uil al Policlinico Umberto I sulla contrattazione di genere", afferma la sigla di categoria della Cgil.
“Il tema della democrazia paritaria e della cultura di genere – sottolinea il sindacato del pubblico impiego – è al centro della nostra azione tutto l’anno, non solo l’8 marzo. Come emerso oggi nel corso della nostra iniziativa in Città metropolitana di Roma, 'Verso le donne, prendiamoci cura dei nostri diritti', ancora oggi le donne pagano un approccio culturale che le vuole prime nella cura familiare, prime nel rinunciare a qualunque cosa non rientri nel perimetro dei 'doveri'. Senza considerare che la disparità salariale e di opportunità di accesso al lavoro è un danno economico per l’intero Paese. Rispetto, dignità, non conflittualità tra uomini e donne, fuori dalla gabbia di stereotipi: è una questione di cultura. Dal pubblico, viene la programmazione di un sistema sociale che ponga le condizioni per il pieno esercizio della parità di genere".
"Gli anni di lotte hanno portato a conquiste di civiltà, che ancora oggi non sono pienamente esigibili, quanto piuttosto sotto attacco: se manca una rete di servizi educativi, se chiudono i consultori, se si lasciano i servizi per l’interruzione volontaria di gravidanza a pochi medici, che rinunciano a crescere nella loro vita professionale per difendere un servizio mai uscito dal margine nella programmazione dell’offerta sanitaria, se si tagliano le gambe alle associazioni che suppliscono alla ridotta offerta di servizi sociali, dai centri antiviolenza a una rete di protezione complessiva alle donne, italiane e straniere, che subiscono violenze e sopraffazioni, dalla sicurezza all’assistenza sanitaria, psicologica e legale, è il pubblico stesso che fallisce nella sua missione. Noi che eroghiamo servizi pubblici, di tutti e per tutti, siamo ogni giorno in prima linea per promuovere un’evoluzione culturale che contrasti l’inaccettabile ritorno al passato, che vediamo nelle attuali proposte di legge sulle politiche sociali e per la famiglia”, conclude il sindacato.