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“Appare evidente che la difficoltà a reperire manodopera qualificata possa celare una qualità della proposta assolutamente inadeguata alle aspettative e alle necessità del settore”. A dirlo è la Flai Cgil di Bergamo, replicando “alle lamentazioni di questi giorni delle confederazioni agricole provinciali sulle carenza di disponibilità di profili qualificati nei vari settori dell’agricoltura bergamasca”.
A Bergamo, spiega la Flai Cgil citando i dati della Fondazione Metes, il numero delle imprese agricole che “occupano manodopera nel 2019 si è attestato a 950, con una crescita del 2% sul 2018. Vi risultano occupati come lavoratori dipendenti poco più di 5.500 operai agricoli, con una crescita sul 2018 pari al 9%, a dimostrazione che quello bergamasco è un settore vitale e attivo”.
Di questi ben 3.877 (+12% sul 2018) risultano assunti con contratti a tempo determinato, mentre gli indeterminati sarebbe solamente 1.838 (+3% sul 2018). I lavoratori agricoli a tempo indeterminato nel 2019 hanno sviluppato complessivamente 473.440 giornate di lavoro (+4% sul 2018), mentre i lavoratori a tempo determinato hanno raggiunto le 441.686 giornate (+15% sul 2018).
“Dalle nostre analisi sul campo – riprende la Flai – quasi l’80% di questi lavoratori a tempo determinato sono stabilmente occupati, alcuni da molti anni, sempre presso le stesse aziende. Ma, con la ‘giustificazione’ della stagionalità, vengono mantenuti in questo stato di precarietà continua”. In agricoltura poi, a Bergamo come in tutta Italia, le assunzioni con contratto di formazione o apprendistato “si racchiudono in quote vicine all’1% del totale”.
Per la Flai Cgil, dunque, ciò che davvero manca “è la vera volontà di investire da parte delle imprese sul capitale umano, l’unico capitale non soggetto a svalutazione. Bisogna intervenire con percorsi di stabilizzazione certi, utilizzando i contratti di apprendistato e potenziando le strutture della bilateralità finalizzate alla formazione, offrendo ai giovani, e non solo a loro, garanzie per il loro futuro occupazionale che permettano di stratificare le competenze, sviluppare le professionalità e motivare il loro impegno”.
Gli strumenti normativi per affrontare questo “problema” esistono già: le cabine di regia (nazionali e territoriali) della Rete del lavoro agricolo di qualità istituita presso l’Inps. “Alla cabina di regia – conclude il sindacato – sono affidati compiti consistenti nel monitoraggio, su base trimestrale, dell'andamento del mercato del lavoro agricolo e nella promozione di iniziative in materia di politiche attive del lavoro, di contrasto al lavoro sommerso e all'evasione contributiva, di organizzazione e gestione dei flussi di manodopera stagionale, nonché di assistenza dei lavoratori stranieri immigrati. La cabina può, inoltre, stipulare convenzioni per l'adesione alla Rete, avvalendosi delle istituende sezioni territoriali della Rete stessa”.