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Si riparte. Anzi si è ripartiti e in presenza. L’estate del 2022 porta con sé una bella notizia: sono ripresi i Campi della legalità, sia quelli organizzati da Libera, che quelli dell’Arci. Sia nel primo come nel secondo caso, insieme alle due associazioni ci sono la Cgil e lo Spi Cgil e con loro anche Udu, Rete degli studenti, altre associazioni locali. Ed è proprio una bella notizia. Non solo perché generazioni diverse, ragazzi e ragazze e anziani si trovano insieme dopo due anni di distanziamento, ma perché proprio ora a trent’anni di distanza dalle stragi di Capaci e via D’Amelio è indispensabile costruire cultura della legalità. Sì, proprio ora serve avere occhi attenti e antenne vigili, ora che le mafie sparano pochissimo e non mettono bombe ma si infiltrano nell’economia e nel mondo del lavoro. Sono proprio i più giovani che devono saper affermare legalità.
I numeri di quest’anno sono impressionanti, tanto più dopo le due stagioni di sospensione, e con la necessità di mantenere misure anti Covid. Tremila ragazzi e ragazze animeranno i 70 campi di E!StateLiberi in 15 regioni, spalmati in 150 settimane. Saranno circa 300 i volontari e le volontarie dello Spi che accompagneranno i ragazzi nel viaggio tra legalità e memoria. A questi si aggiungono quelli organizzati direttamente dall’Arci, insieme a Cgil, Spi, Flai, Rete degli Studenti e Udu: sono 7 in quattro regioni.
Esperienza antica, quella dei campi e della presenza dei pensionati. La prima volta che volontari dello Spi aiutarono a gestire un campo risale al 2004, dalla Toscana partirono per la Sicilia e si occuparono soprattutto della cucina. Dal 2011 si è consolidata è strutturata, dando vita a un bene prezioso, lo scambio tra le generazioni. E ora spesso dalle regioni del Sud partono per quelle del Nord, perché le mafie sono diventate un fenomeno nazionale e di beni confiscati ce ne sono tanti anche al settentrione.
Riflette Lorenzo Mazzoli, segretario nazionale del sindacato dei pensionati della Cgil: “I campi sono un'occasione per incrociare la memoria delle persone anziane con le aspettative, le speranze, i dubbi delle nuove generazioni. Per i ragazzi è l’opportunità di conoscere il passato, la resistenza, le lotte per i diritti nel lavoro, le conquiste importanti che quelle lotte portarono a cominciare dallo Statuto dei lavoratori, dai racconti di chi quegli anni li ha vissuti e ne è stato protagonista attraverso l’impegno sindacale”. Ma il confronto con chi oggi ha 15-20 anni è un’opportunità anche per chi quell’età l’ha superata da tempo. Dice ancora il segretario dello Spi: “Lo scambio che avviene è bidirezionale. Per noi è la possibilità di confrontarci con temi non usuali, dalla transizione ecologica a quella digitale, passando per inquietudini di queste nuove generazioni che è fondamentale conoscere per comprendere il presente”.
Nei campi si costruisce contemporaneamente cultura della legalità e cultura del lavoro. Democrazia e cittadinanza che passano da una generazione all’altra. E il luogo, o meglio i luoghi, scelti per questa trasmissione di esperienze, saperi, valori sono i beni confiscati alle mafie e restituiti alla collettività. Luoghi nei quali non solo si tocca con mano cosa sia appunto la legalità, ma si sperimentano modi diversi di fare economia e dove il lavoro è dignità e anche un pezzetto di identità. Dalle terre di don Diana in cui da anni si costruisce un’economia circolare che funziona, alle cooperative nate nei terreni sottratti ai corleonesi in Sicilia, fino ad arrivare alle periferie della capitale o a quelle milanesi.
I campi “accoglieranno partecipanti dai 14 anni in su: studenti e studentesse, gruppi organizzati quali scout, associazioni e parrocchie. Non mancheranno i campi dedicati alle famiglie e i campi internazionali rivolti ai partecipanti provenienti dall’estero. Un’offerta ampia che si prefigge l’obiettivo di costruire una rete con maglie sempre più forti, fatta di persone e di relazioni, perché un cammino comune per un Paese più giusto e libero dalle mafie ha bisogno di tutte e tutti noi”.
Secondo Maurizio Viscione della Cgil Nazionale: “Queste settimane sono un modo per far vedere ai ragazzi e alle ragazze, che magari conoscono la bruttezza, anche cose belle. Offriamo un modo diverso di vedere le cose e il mondo che li circonda, parliamo di temi duri come l’abbandono delle città, l’usura, il riciclaggio e forniamo gli strumenti per riconoscere i fenomeni e per evitarli. Loro diventeranno i costruttori di legalità di domani. Basti pensare che quest’anno in più di un campo abbiamo ospitato, ovviamente in maniera del tutto anonima, alcuni ragazzi reclusi in carcere minorile e in permesso speciale per poter partecipare al campo. Alla fine erano i più entusiasti”.
Costruire legalità riguarda il sindacato: basti pensare a quanti sindacalisti sono stati uccisi dalle mafie, da Placido Rizzotto a Antonio Ferraioli. E non è un caso che uno dei manuali che lo Spi ha prodotti per i giovani dei campi e non solo, è un volume edito da LiberEtà dal titolo: “Terre e libertà. Storie di sindacalisti uccisi dalle mafie” con prefazione di Pietro Grasso. L’altro “manuale” è una guida sul riutilizzo dei beni confiscati.
Ma perché il racconto delle lotte per il lavoro costruisce legalità? A risponderci è ancora Lorenzo Mazzoli: “Dal punto di vista storico la mafia e le mafie si sono sempre caratterizzate per essere lo strumento in mano ai padroni, prima nelle terre poi - ad esempio – nei cantieri. Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, dove c’è sfruttamento c’è la mano della criminalità organizzata, basti pensare al caporalato diffuso da Nord a Sud. I diritti nel lavoro e l’unità del mondo del lavoro sono la precondizione per tenere lontano le mafie e questo i ragazzi lo capiscono molto bene, sono assai interessati a scoprire come si sono conquistati quei diritti che non sempre oggi si riesce ad affermare”.