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"Il problema di fondo è cercare di rimettere in moto l'economia, dopo undici anni di crisi, sulla falsariga di quanto fece Obama con politiche fiscali e monetarie espansive, attraverso risorse per finanziare opere pubbliche, incentivi alle imprese e sussidi ai disoccupati, per un totale di oltre 800 miliardi di dollari, che consentirono di far ripartire l'economia americana, che, da allora, è cresciuta del 15%. Al contrario, l'economia europea è sempre boccheggiante, per non parlare dell'Italia, dove siamo ancora al di sotto del valore del Pil del 2008, con la spesa pubblica sempre inferiore al prelievo fiscale. Cioè, lo Stato preleva attraverso il fisco più risorse di quante ne abbia spese per erogare beni e servizi ai cittadini". Così Riccardo Realfonzo, docente di economia all'università del Sannio, oggi ai microfoni di "Economisti erranti", la rubrica di RadioArticolo1, assieme a Riccardo Sanna, coordinatore dell'area politiche per lo sviluppo della Cgil.
"Fin dal 2010 – ha affermato Sanna – abbiamo pubblicato una sorta di avviso ai naviganti condiviso da tanti economisti, incluso il professor Realfonzo, destinato non solo alle istituzioni nazionali, ma anche a quelle internazionali, dicendo che eravamo di fronte alla terza grande crisi del capitalismo. Sono passati undici anni e si colgono i primi segnali di cambiamento di direzione, dal Parlamento europeo, dalla Commissione Ue, persino dal Fondo monetario internazionale. E anche l'Ocse, nella sua ultima analisi, piuttosto allarmante rispetto alle possibili criticità dello scenario economico mondiale, cerca di promuovere una linea totalmente diversa d'intervento pubblico a sostegno della domanda, con politiche espansive di stampo keynesiano".
"Tornando a casa nostra – ha proseguito Sanna – noi ci aspettiamo che la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, di imminente stesura, contenga quegli interventi che, come Cgil, Cisl e Uil, abbiamo sempre auspicato e inserito nella piattaforma unitaria del 9 febbraio, già sottoposti al tavolo del precedente governo, che lo stesso presidente del Consiglio conosce, che vedono al primo punto l'aumento degli investimenti pubblici, che dal 2008 a oggi non hanno superato quota 100 miliardi, con un volume inferiore alla media di tutti i paesi Ue".
Anche per Realfonzo è così: "Cento miliardi d'investimenti in meno significa 100 miliardi di risorse in meno per sostenere le imprese, per spese infrastrutturali, materiali e immateriali, significa una perdita enorme di capitale e di capacità produttiva del sistema paese. E il dato altrettanto grave è che la spesa italiana, dal 2007 ad oggi, è rimasta ferma, mentre in Germania è triplicata e quella media Ue è raddoppiata, perché gli altri paesi hanno comunque potuto farlo, per via del debito pubblico inferiore al nostro, e quindi con vincoli europei meno stringenti".
"Con 100 miliardi da spendere – ha aggiunto Sanna – avremmo potuto fare tante cose: innanzitutto, investimenti in infrastrutture verdi, energetiche, nell'ambiente, nel contrasto ai cambiamenti climatici, per l'economia circolare, per la manutenzione del territorio. Ma non solo. Avremmo poi potuto fare tante assunzioni, soprattutto nella pubblica amministrazione, non solo per abbassare un tasso di disoccupazione altissimo, ma anche per riequilibrare i rapporti di forza tra lavoro e capitale, generando nuove professionalità, nuove competenze, nuove economie, per cercare di superare il gap che abbiamo sul versante dell'offerta in termini di produttività, per arrivare a un nuovo modello di sviluppo".
Così ha concluso Realfonzo: Quando abbiamo fatto politiche di austerità, abbiamo anche, fra l'altro, bloccato il turn over nella pubblica amministrazione, che così si ritrova ad avere personale anziano, senza le adeguate qualifiche, per poter fare progettazione, programmazione d'investimenti, rendicontazione. In sostanza, non solo abbiamo tagliato gli investimenti, ma abbiamo anche depauperato il capitale umano, e adesso ci troviamo nella condizione di non avere né le risorse necessarie, né le figure capaci per realizzarle. Rilanciare la competitività di un paese, significa anche dotare le pubbliche amministrazioni di personale qualificato, che sia in grado finalmente di ridare un futuro alle infrastrutture pubbliche, che poi sono quelle su cui poggiano le imprese e lo sviluppo del Paese".