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Puntata n. 32 - La grottesca vicenda politica orchestrata dai vertici della Regione Lazio sul Pride di domani è uno dei momenti più bassi di questa vergognosa estrema destra di governo
Orgoglio e pregiudizio
La grottesca vicenda politica orchestrata dai vertici della Regione Lazio sul Pride di domani è uno dei momenti più bassi di questa vergognosa estrema destra di governo. E ce ne vuole. Già, perché la Regione prima ha deciso di ritirare il patrocinio all’evento, imputando agli organizzatori il sostegno a una pratica fuori legge, quella della maternità surrogata. Reato d’opinione? Quando la polemica ha infiammato il dibattito è arrivata la toppa peggiore del buco. Quella del governatore del Lazio, Francesco Rocca, che si è detto pronto a ridare il patrocinio se Mario Colamarino, presidente del Circolo Mario Mieli e portavoce del Roma Pride, "chiederà scusa per la strumentalizzazione e la manipolazione". “Sconcerta – scrive la Cgil – che, ancora una volta, la destra si faccia megafono del movimento integralista di provita&famiglia, che proprio nelle ore precedenti aveva chiesto il passo indietro alla Regione”. Noi ci sentiamo sereni nel pensare: tenetevi il patrocinio, per quel che vale. In questa storia l’inqualificabile pregiudizio di pochi arroganti al potere non potrà far nulla contro l’orgoglio di centinaia di migliaia di cittadine e cittadini che hanno sempre partecipato al Pride e colorato le strade della Capitale e continueranno a farlo. Con o senza il sostegno ipocrita di una destra che non ha mai fatto mistero di quel che pensa dei diritti civili. Sull’intera vicenda stendiamo un velo pietoso, ma arcobaleno.
Si scrive autonomia differenziata, si legge discriminazione
L’unica cosa che ci torna, in questo progetto, è la firma al disegno di legge, quella di Calderoli. Uno degli esponenti più longevi di questa tradizione politica, forte con i deboli. Cogliendo in pieno lo spirito dei tempi permette ai ricchi di essere sempre più ricchi. E gli altri si arrangino pure. Su sanità, istruzione, trasporto pubblico, strategie energetiche, politiche produttive e tanto tanto altro si rischia di scavare una trincea insuperabile tra una parte e l’altra del Paese. Il sassolino del direttore di Collettiva, Stefano Milani
Divisi e scontenti
“Viva l’Italia, l’Italia tutta intera...”, cantava De Gregori auspicando un Paese nato dalle ceneri della Resistenza e pronto a giurarsi unità eterna, nella buona e nella cattiva sorte, finché Calderoli non la separi. Padre del porcellum, demiurgo della devolution, inceneritore di leggi, indossatore di t-shirt anti Maometto, generatore automatico di insulti razzisti e sessisti, il leghista maxillo-facciale sorride sornione al nuovo assalto alla diligenza. Divide et impera. Il folklore secessionista dell’Oltre Po si è messo ora lo smoking d’ordinanza. Roma che fu ladrona è diventata padrona per frantumare lo Stivale in tante piccole contee. Oggi pieni poteri alle Regioni. Ma in questa logica perversa, è un tantino anticostituzionale, domani si faranno sotto le province, e poi i comuni, i quartieri fino ai singoli palazzi. Dal premierato all’amministrariato di condominio è un attimo.
È Cutro tutti i giorni.
In qualsiasi momento delle nostre vite tranquille ci sono persone disperate – e i loro bambini piccolissimi – che, sognando le nostre vite tranquille, solcano il mare su imbarcazioni di fortuna, ostaggio di scafisti che, in cambio di tutto, concedono poco o niente. I dati ufficiali dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni parlano di 1154 morti registrati da gennaio a oggi nel Mediterraneo. Tra le ultime vittime, al largo della Tunisia – 17 quelle accertate, di cui 5 minori, 35 i dispersi – c’è una bimba. Le telecamere di France Press l’hanno ripresa, il corpo senza vita fasciato in una tutina rosa, cappellino grigio, scarpine blu ai piedini, galleggiava tra le onde. Forse aveva tre anni, dicono i medici legali basandosi su quell’immagine. Forse era camerunense, dicono. Forse. Perché non c’è alcuna possibilità di darle un nome, una storia, una provenienza certa. La madre è affogata con lei e giace da qualche parte lì intorno. È Cutro tutti i giorni. Ed evidentemente non è abbastanza per scalfire le nostre vite tranquille.
Riprendiamoci il futuro
Lo hanno gridato alla manifestazione nazionale di Piazza Santi Apostoli a Roma il 6 giugno le lavoratrici e i lavoratori delle telecomunicazioni che hanno scioperato per l’intera giornata in tutta Italia, toccando punte di adesione dell’80%. Contro quella che la Slc Cgil ha definito "l’immagine del disastro: aziende che passano il tempo a ridurre i perimetri occupazionali e a far scempio di diritti e salari. Se questo settore riguadagna il futuro, a farlo al contempo sarà l’intero Paese".
In difesa del diritto alla salute delle persone e nei luoghi di lavoro
Il 24 giugno tutti in piazza a Roma per partecipare a una manifestazione nazionale promossa dalla Cgil insieme a un’ampia rete di associazioni laiche e cattoliche riunite nell'Assemblea “Insieme per la Costituzione”. Per un Servizio Sanitario Nazionale e un sistema socio sanitario - pubblico, solidale e universale - a cui garantire le necessarie risorse economiche e organizzative ma soprattutto il personale: operatori e professionisti che possano realmente garantire il diritto alla cura di tutte e tutti, con salari adeguati, per contrastare il continuo indebolimento della sanità pubblica. Per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, rilanciando il ruolo dei servizi della prevenzione, ispettivi e di vigilanza. Appuntamento in Piazza della Repubblica alle ore 10, comizio conclusivo in Piazza del Popolo. Per approfondire, collettiva.it.