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È davvero sorprendente, eppure i numeri dovrebbe saperli leggere e interpretarli. Il ministro della Salute Orazio Schillaci, di professione medico e professore universitario, ha recentemente affermato che “è finita la stagione dei tagli lineari in sanità”. Deve essersi distratto quando il Consiglio dei ministri, di cui è parte, ha approvato il Documento di economia e finanza: lì è messa nero su bianco una riduzione – dal 2024 - delle risorse per la sanità fino ad arrivare nel 2025 a scendere sotto il 6,5% del Pil, che per l’Oms è soglia invalicabile, pena la messa a rischio della salute pubblica.
Giudizio netto e preoccupato
“Pare proprio senza fine la spregiudicatezza del ministro Schillaci – afferma Daniela Barbaresi, segretaria nazionale della Cgil - che arriva ad affermare definitivamente conclusa la fase dei “tagli lineari” del sistema sanitario. Un’affermazione che è quanto di più lontano dalla realtà e forse il ministro farebbe bene ad andare a rivedere i numeri, chiari, precisi e drammatici non solo dell’inadeguatezza del finanziamento del sistema sanitario pubblico, ma soprattutto dei pesanti tagli alla spesa sanitaria pubblica - per usare le sue parole -, contenuti del Def del governo Meloni”.
Ecco i numeri
Le cifre non sono opinabili, tanto meno quando sono scritte nei documenti ufficiali del governo e approvati dal Parlamento. Nel Def, infatti, si programma una riduzione pesante della spesa sanitaria che nel 2024 scenderà del 2,4%, e sempre per usare le parole del ministro, un taglio di 3,3 miliardi di euro rispetto all’anno in corso per affossarla al 6,2% rispetto al Pil a partire dal 2025: il valore più basso degli ultimi decenni.
Dice ancora la segretaria della confederazione di Corso d’Italia: “Una situazione insostenibile che se non affrontata porterà al collasso del sistema sanitario nazionale, minando irrimediabilmente il diritto alla salute. La narrazione del ministro affossa il Ssn e il diritto alla salute e ad oggi le azioni adottate non affrontano i problemi dei cittadini e la condizione di chi ci lavora – continua Barbaresi – come se pandemia e inflazione non siano esistite. Ci saremmo aspettati altro da un uomo di scienza”.
Il nodo del personale
“Stiamo siglando un accordo con l’India per far arrivare infermieri da lì”, ha annunciato in pompa magna Schillaci, dimenticando di ricordare quanti sono i giovani e le giovani italiane laureati in scienze infermieristiche che decidono di andare all’estero a lavorare perché fuori dai nostri confini trovano condizioni e salario migliori che in patria.
“Nessuno è contrario alla mobilità dei lavoratori, ma se in Italia la professione infermieristica non è attrattiva i problemi non vanno rimossi ma risolti. Noi siamo pronti a confrontarci”. È la replica del segretario nazionale di Funzione pubblica Cgil (Area Sanità) Michele Vannini alle dichiarazioni di Schillaci in relazione al possibile reclutamento di infermieri indiani. “Il ministro – osserva Vannini – lo rimuove o no il blocco alle assunzioni? Lo rimuove o no il tetto di spesa del personale? Li aumenta i salari di tutto il personale sanitario? Schillaci accetti il confronto anziché risentirsi, noi siamo pronti”.
Quando racconto e realtà divergono
Valorizzare la risorsa fondamentale della sanità, dice ancora il ministro, il personale. In Campania c’è un detto: “Chiacchiere e tabacchiere di legno non si accettano al Banco di Napoli”, non hanno valore, così come le parole a cui non seguono mai i fatti. Riflette infatti Barbaresi: “È davvero difficile valorizzare il personale visto che nel Def non ci sono risorse né per i rinnovi contrattuali scaduti nel 2021, né per un indispensabile piano straordinario di assunzioni”. E ricorda: “Abbiamo più volte avuto modo di riconoscere le doti e abilità comunicative del ministro ma la realtà è drammaticamente diversa, come peraltro certificato dalla Corte dei Conti che rimarca come il recupero delle liste d’attesa proceda a rilento, la sanità territoriale sia inadeguata quando inesistente, mentre crescono le diseguaglianze tra le persone e i territori e mentre oltre la metà delle Regioni presenta bilanci in rosso per l’insufficiente finanziamento del FSN e delle coperture delle spese straordinarie affrontate per Covid e rincari energetici”.
La mobilitazione necessaria
La salute è un diritto costituzionale, lo afferma l’articolo 32 della Carta, difendere e attuare la Costituzione, allora, significa anche difendere e rilanciare il Servizio sanitario pubblico e universale. Non bastano annunci e non servono promesse ma fatti concreti, scelte coerenti e risorse adeguate. “È sempre più urgente difendere il diritto alla salute delle persone e nei luoghi di lavoro rilanciando il Ssn pubblico e universale e le ragioni a sostegno della manifestazione del prossimo 24 giugno sono state confermate ancora una volta proprio dal Ministro della salute” – conclude Barbaresi.