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Tra una settimana è l’8 marzo. Tempo di bilanci sul fronte, sempre aperto, della lotta alle discriminazioni di genere e in difesa dei diritti delle donne. Tempo di bilanci pesanti, perché questo fronte, sotto la minaccia del covid, sembra essere crollato, costringendo molte donne a tornare indietro, a dover perdere di nuovo molto del terreno conquistato in questi anni.
Lascia l’amaro in bocca quanto ci dice Gigia Bucci, segretaria generale della Cgil di Bari, che sottolinea, sul tema, la contraddizione più evidente di questo periodo: le donne sono state protagoniste assolute della lotta al covid e, allo stesso tempo, vittime predilette del terremoto sociale, economico e occupazionale innescato dall’esplosione dell’emergenza sanitaria. Molti dei ruoli che abbiamo definito eroici in questi dodici mesi sono stati interpretati dalle donne: pensiamo a quante sono nella categoria dei medici, nella professione infermieristica, tra i servizi di pulizia o di mensa e nel commercio, sedute dietro alla cassa del supermercato. Donne che sono rimaste al proprio posto. D’altra parte, ci dice Gigia Bucci, “sono tantissime le donne che in questi mesi hanno dato le dimissioni perché non sapevano come gestire altrimenti tutto il lavoro di cura che ricade sulle loro spalle. Con le scuole chiuse e i figli a casa, l’assistenza falcidiata dalla pandemia che le ha lasciate senza aiuto rispetto alla cura dei genitori anziani, ad essere sacrificato è stato il loro lavoro”.
Un dramma sociale che rischia di alimentare l’arretratezza culturale nel quale si trova ancora gran parte del nostro Paese. Proprio mentre il diritto di lavorare delle donne è indebolito su mille fronti, sta montando una oscena campagna pubblicitaria pro-vita che sintetizza quanto di peggio vediamo e sentiamo da qualche anno. In discussione la libertà di scegliere delle donne rispetto alla possibilità di ricorrere all’interruzione di gravidanza, un diritto previsto da una legge dello Stato che rischia di diventare carta straccia se l’obiezione di coscienza dilagante nelle corsie degli ospedali e il bombordamento culturale e politico, soprattutto in alcune regioni, non verranno fermati.
“Noi – ci ha spiegato la segretaria della Cgil Bari – vogliamo dire no a questa campagna. Così ci siamo organizzati con una contro-campagna, se così possiamo dire, chiamando a raccolta il mondo dell’associazionismo che per fortuna qui a Bari è compatto, vicino ai nostri valori e alle nostre battaglie e molto attivo. Ci sono dentro tanti compagni di viaggio che hanno sempre condiviso il nostro impegno. Il coordinamento antifascista, l’Anpi, Libera, le associazioni studentesche e molte altre. Dal momento in cui è apparsa la campagna pubblicitaria pro-vita, ne abbiamo subito chiesto la rimozione, anche se ci è stato spiegato che non era possibile perché tecnicamente non è considerata lesiva nei confronti delle donne. Per tutti noi, ovviamente, il messaggio resta chiaro e inaccettabile. Sono passati 43 anni dall’approvazione della legge sull’aborto eppure ancora oggi, nuovamente in maniera violenta, questo diritto è messo in discussione attraverso l’utilizzo del corpo della donna. Da qui è partita la contro-campagna che punta all’8 marzo per concentrare in quella data le rivendicazioni in tema di diritti come l’aborto”.
Abbiamo di recente raccolto i dati spaventosi delle Marche. Sappiamo tutto degli attacchi che subiscono le donne e la loro possibilità di scelta in Umbria. Solo per citare i territori teatro delle ultime notizie di attualità. A Bari com’è la situazione? “Oggi – ci risponde Gigia Bucci – molte donne sono costrette a recarsi in altri comuni per abortire, molte strutture pubbliche sono nelle mani degli obiettori di coscienza. Siamo di fronte a un arretramento politico e culturale che colpisce duramente la condizione delle donne, anche sul lavoro. La pandemia ha cristallizzato questa situazione. Se guardiamo i dati dell’Ufficio vertenze legali della Cgil sulle dimissioni volontarie presentate da lavoratrici, la percentuale è altissima. Il danno non è solo quello immediato della perdita di impiego, ma è anche sociale, perché il lavoro è un vettore di emancipazione. Nel momento in cui una donna rinuncia a lavorare, ricade in una situazione di dipendenza dalla famiglia. Non è un caso che i dati relativi alla violenza domestica in tempi di lockdown siano cresciuti a dismisura”.
Il quadro d’insieme è impietoso. Lo riassume senza sconti Gigia Bucci: “la perdita di diritti, tutele, libertà, lavoro, emancipazione, determina un arretramento spaventoso delle condizioni di vita quotidiana delle donne. Donne sempre più schiacciate nella delega del lavoro di cura, verso il basso con i figli e verso l’alto con la famiglia d’origine, i genitori anziani. Ecco perché noi vogliamo mettere in campo un’azione culturale, vogliamo praticare uguaglianza di genere con norme e contrattazione sui luoghi di lavoro e, al tempo stesso, stare sul pezzo con una campagna di comunicazione di tipo culturale. Sulla quale abbiamo ricevuto anche un riconoscimento importante, il patrocinio del Comune di Bari. La nostra città è abbastanza avanti e l’appoggio e la condivisione espressa dal Comune è un elemento di grande valore, premia il nostro lavoro e ci fa sentire meno soli. Perché la battaglia per la tutela dei diritti delle donne deve essere una priorità di tutti quelli che hanno a cuore lo sviluppo della società”.
(La foto copertina è uno degli scatti che compongono il calendario che l'8 marzo verrà presentato dalla Cgil di Bari e che mette in primo piano il lavoro delle donne: per ogni mese una professione. Per raccontarla, un particolare)