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La Cgil Lombardia e la Cgil Frontalieri nazionale esprimono forte preoccupazione per gli emendamenti presentati nelle ultime ore di discussione della legge di bilancio. Questi interventi, secondo il sindacato, “rischiano di compromettere il quadro normativo delineato dalla legge 83/23 sulla tassazione dei 90.000 frontalieri italiani in Svizzera, estendendone gli effetti a tutti i confini nazionali e modificando regole in vigore da oltre cinquant’anni”.
Stallo e criticità
Nonostante il lungo e complesso lavoro che aveva portato all’approvazione della legge 83/23, larga parte delle sue disposizioni rimane ancora inapplicata. Tra queste, afferma la Cgil, “la mancata attuazione della nuova Naspi per i frontalieri e la mancata convocazione del tavolo interministeriale per definire uno statuto dei lavoratori frontalieri che dia finalmente un riconoscimento giuridico nazionale al lavoro di frontiera”. Tuttavia, il Governo e parte del Parlamento stanno introducendo una serie di emendamenti “con l’unico obiettivo di fare cassa sui lavoratori di frontiera”.
La denuncia della Cgil
Giuseppe Augurusa, responsabile Cgil Frontalieri, sottolinea: “La sanzione che raddoppia l’importo della tassa sulla salute, introdotta nella legge di bilancio 2023 ma mai applicata, è una forzatura inaccettabile. Tale tassa si basa su un obbligo di autocertificazione, necessario per sopperire all’indisponibilità della Svizzera a fornire i dati sulle retribuzioni, in quanto in contrasto con il trattato internazionale. Questo provvedimento scarica la responsabilità dall’Istituzione ai lavoratori”. “Invece di riconoscere l’inefficacia della tassa come deterrente alla fuga del personale sanitario verso la Svizzera - prosegue Augurusa -, si procede con un’inaccettabile doppia tassazione, in palese contrasto con le regole Ocse. Un provvedimento che presenta evidenti profili di incostituzionalità e che, se adottato, porteremo davanti alla Corte costituzionale. Anche autorevoli istituzioni e commentatori elvetici hanno recentemente espresso perplessità su tali interventi”.
Rischi per i comuni e il territorio
La Cgil critica poi la decisione di aumentare al 4% la percentuale dei frontalieri sul totale degli abitanti per ciascun Comune ai fini dell’ottenimento dei ristorni fiscali. Questi fondi verrebbero destinati a non meglio precisate compensazioni socioeconomiche derivanti da crisi aziendali. Tale misura contrasta con il trattato internazionale italo-svizzero e con il recente decreto del Mef, che aveva fissato il limite al 3% destinando le risorse a spese correnti e investimenti. “Questa norma” – conclude Augurusa – “rischia di creare squilibri amministrativi, incertezza normativa e discriminazioni tra piccoli e grandi Comuni, con un nuovo limite di esigibilità al di sotto dei 15.000 abitanti. Le ricadute socioeconomiche sul territorio saranno pesanti”.
La Cgil auspica che, nel passaggio tra Camera e Senato, si possa ancora “intervenire per modificare questi provvedimenti e ristabilire il percorso virtuoso che ha portato, dopo anni, a soluzioni condivise”. Inoltre, chiedono che “nei primi mesi del 2025 la Ministra del Lavoro convochi finalmente il tavolo interministeriale sul lavoro frontaliero, come previsto dalla legge 83/23”.