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Arretrate rispetto a dieci anni fa nelle loro condizioni di lavoro e minacciate nei loro diritti e nelle loro conquiste, per le donne è il momento di alzare la testa. Suona così l’appello della Cgil e Spi regionali (“Tutte, insieme, adesso - è ora di farsi avanti”) che hanno organizzato un’iniziativa per il 7 marzo (ore 9.30) a Verona al cinema teatro nuovo San Michele. All’incontro sono invitate donne di tutte le generazioni (studentesse, lavoratrici, pensionate) per affrontare una riflessione comune che rinsaldi un movimento per l’affermazione dei diritti delle donne nella società, nelle scelte di vita e nel lavoro in Veneto. Il tutto partendo da Verona dove si manifestano con crescente intensità i semi di una cultura reazionaria e misogina, volta alla segregazione nei confronti delle donne e negatrice delle loro libertà e crescita sociale.
I temi che la Cgil intende affrontare partono dalle esperienze concrete di sindacaliste, giuriste, formatrici che, con una tavola rotonda (“la responsabilità delle donne contro la politica del rancore”) daranno il via al dibattito che ne seguirà. In particolare, interverranno Tiziana Basso (Cgil Veneto), Donata Gottardi (Università di Verona), Eleonora Pinzuti (Alta formazione e Pari opportunità), Eleonora Barbieri (Udu/studenti per), coordinate da Rosanna Bettella (Spi Veneto). Non mancherà, a conclusione della manifestazione, un momento di spettacolo affidato a Lucia Schierano che rappresenterà “Elena Lucrezia Cornaro Piscopia”, su testo di Maria Rossella Perandin, Lucia Schierano e Rudj Maria Todaro che racconta la storia della prima donna laureata al mondo.
“È indubbio - riflette la Cgil del Veneto - che ci troviamo di fronte a un attacco alle condizioni femminili. Non si tratta solo del moltiplicarsi di iniziative palesemente tese a un arretramento sul piano dei diritti, ma anche di una realtà che sta avanzando in modo strisciante nel tessuto sociale e nel lavoro volta a sminuire il ruolo e la figura delle donne, fino ad alimentare fenomeni deteriori. Il mondo del lavoro non ne è affatto immune e si assiste ad una crescente penalizzazione delle donne la cui occupazione rischia di diventare sempre più marginale. Ad esempio, in 10 anni nel Veneto il part time è arrivato ad interessare il 50% delle lavoratrici (contro il 39% del 2008) e riguarda soprattutto giovanissime ed anziane a dimostrazione che si tratta di una modalità imposta e non volontaria”.
“Nello stesso periodo – sottolinea il sindacato – è cresciuto il gap salariale e le retribuzioni medie delle donne venete sono arrivate a pesare il 35% in meno di quelle degli uomini. Non solo perché vi sono più di 300.000 lavoratrici che percepiscono retribuzioni lorde annue inferiori ai 15.000 euro, ma anche perché, se si guarda a chi ha i rapporti di lavoro più strutturati, si nota che mentre la maggior parte delle donne percepisce tra i 15.000 ed i 25.000 euro annui, il grosso degli stipendi degli uomini va dai 25.000 ai 35.000 euro. Per non parlare dei redditi propri delle fasce dirigenziali che per le donne riguardano uno zero virgola delle addette. Questo, nonostante l’aumento (nei 10 anni) dell’età media delle occupate che indurrebbe ad ipotizzare avanzamenti di carriera, ben visibili tra i maschi e che, invece, per le donne, evidentemente non ci sono stati”.