Puntata n. 33 - Non hanno ancora finito di contare i morti ma c’è già la certezza che quello avvenuto martedì notte al largo delle coste greche sia uno dei peggiori naufragi di migranti della storia recente

La strage continua

Non hanno ancora finito di contare i morti ma c’è già la certezza che quello avvenuto martedì notte al largo delle coste greche sia uno dei peggiori naufragi di migranti della storia recente. Mentre scriviamo i corpi recuperati sono decine e decine, ma sull’Adriana, un vecchio e malandato peschereccio di trenta metri inabissatosi nel Mare Ionio, 47 miglia da Pylos, a sud ovest del Peloponneso, c’erano almeno 750 persone, pigiate come sardine, al quarto giorno di navigazione. Donne e bambini erano nella stiva. Di sicuro è il più grande naufragio del Mediterraneo orientale e ricorda l’inferno di Cutro, ma è persino peggiore nei numeri. I superstiti sono 108 e se la matematica non è un’opinione ci sono centinaia di dispersi. La guardia costiera greca li ha incrociati, ammassati uno sull’altro e senza salvagenti, ma li ha lasciati andare. L'attivista Nawal Soufi che è stata contattata da molti migranti a bordo e ha lanciato molti appelli inascoltati alle autorità Sar della Grecia, ha detto che già martedì mattina erano disperati, non avevano più acqua, avevano iniziato a bere acqua di mare. Tantissime le famiglie, per lo più afghane, siriane, irachene ed egiziane. Affogate in un’altra strage che si sarebbe potuta evitare.

Ci consenta

Presidente Berlusconi, ora che è passato a miglior vita ci consenta. Ci consenta di dissentire con questo tributo a reti unificate. Con la decisione di imporre a tutti il lutto nazionale. Ci consenta di essere una voce fuori dal coro, se preferisce, l’eccezione che conferma la regola di un Paese che non ce la fa proprio a essere forte con i forti. Tutto dimenticato, tutto perdonato, tutto sdoganato. Come fu in terra, è già così in cielo. Le 60 leggi ad personam. Il conflitto di interessi, una formula con cui si intende che un uomo con le mani in pasta ovunque non avrebbe dovuto guidare il Paese perché avrebbe difeso solo i propri interessi. Dimenticati i rapporti con la mafia e l’evasione fiscale. La tv spazzatura che ha contribuito alla mutazione antropologica della popolazione, cambiando, decisamente in peggio, il costume e la scala di valori di milioni di italiani, sdoganando ciò che fino a un attimo prima sarebbe apparso riprovevole. Aver accolto ai piani alti i fascisti della peggior specie, quelli che governano oggi e che, prima di lei, erano stati tenuti ai margini della vita pubblica. Perdonata la tessera numero 1816 alla P2 di Licio Gelli. Perdonato il modo di parlare, considerare, trattare le donne. Sdoganato quel capitalismo straccione e provincialotto che trasudava da ogni sua dichiarazione, ostentazione, atteggiamento. Quell’inchino compiaciuto al denaro, considerato l’unico metro per misurare il valore delle persone: mi criticano? Tutta invidia. Perdonato l’omicidio di Carlo Giuliani e la mattanza della Diaz, in una gestione criminale del G8 a Genova nel 2001. Una parte di mondo, persino da questa parte, negli anni si è spostata, si è persa, si è confusa, per non dire peggio. Noi invece siamo rimasti al Circo Massimo, da quel lontano 23 marzo del 2002, quando la Cgil portò in piazza tre milioni di persone e colorò di rosso il centro di Roma per bloccare il suo attacco all’articolo 18. Poi ci ha pensato Renzi. Ma questa è un’altra storia o, forse, è proprio il cuore della sua storia, di una parabola umana e politica che l’unica opposizione l’ha trovata nella società civile. Come in terra, così in cielo. Il sassolino del direttore di Collettiva, Stefano Milani.

Santo Subito
Quando c’era lui le trasmissioni a Mediaset cominciavano in orario. Il falso in bilancio faceva curriculum. Il condono era per sempre. Il legittimo impedimento uno sport nazionale. Il conflitto d’interessi una medaglia al valore. Un gigante. Un unto dal Signore. Un kapò. Un po’ Romolo e un po’ Remolo. Un milione di posti di lavoro e di mazzette. Toghe rosse e amici neri, praticamente abbronzati. Rivoluzionario. Affabile. Esilarante. La sai quelle degli ebrei nel campo di concentramento? E poi l’amore, un palo rosa da lap dance tra le parole bunga bunga. Starlet e stallieri. Nipotine e bandane. Cene eleganti e family day. Corna e dudù. Mamma Rosa e Ruby rubacuori. Lettone di Putin e igienista dentale. Non c’è lutto nazionale che tenga. Ne unanime cordoglio a reti unificate per santificare lo statista che si è fatto da solo. Un pezzo di storia ingombrante resterà accanto a noi. Per sempre. Anche perché la sua morte andrà presto in prescrizione.

Un atto di giustizia

L’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny è stato condannato a 12 anni di reclusione per omicidio colposo aggravato in violazione delle norme per la prevenzione sul lavoro nel processo Eternit bis. Lo ha deciso la Corte d'Assise di Novara. L’imprenditore svizzero era accusato di omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di 392 persone decedute per amianto a Casale Monferrato, provincia di Alessandria, e dintorni. Schmidheiny aveva gestito lo stabilimento Eternit di Casale dal 1976 al 1986. “Quanto è avvenuto è un atto di giustizia nei confronti della strage di lavoratrici, lavoratori, cittadine e cittadini per il disastro ambientale attuato in nome del profitto”, hanno commentato unitariamente Cgil, Cisl e Uil. “L’amianto continua ancora a uccidere a distanza di oltre trent’anni. È inaccettabile registrare in Italia, ogni anno, oltre 4mila decessi a causa di patologie asbesto correlate. La giustizia e il suo funzionamento – si legge nella nota – hanno un ruolo determinante anche nel processo di prevenzione di queste malattie, e purtroppo, nel nostro Paese si continua sempre più spesso a ritenere la fatalità e non la responsabilità l’unica causa di tali tragedie”.

Il 24 giugno tutti in piazza 

"Milioni di persone non si curano perché non hanno i soldi, ma il diritto alla salute è sancito dalla Costituzione". Con queste parole il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, invita a partecipare alla manifestazione organizzata a Roma dal sindacato insieme a un’ampia rete di associazioni laiche e cattoliche riunite nell'Assemblea Insieme per la Costituzione. La giornata è dedicata anche al tema della salute e della sicurezza sul lavoro. Per approfondire collettiva.it. 

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