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“Ne abbiamo assegnati 50 e molti altri ne arriveranno, alcuni sono affidati ad associazioni del terzo settore, in altre abbiamo aperto la caserma della polizia municipale, un asilo nido ecc. ma rischiamo di non farcela a sostenere le spese correnti per gestione”. Renato Natale è il sindaco di Casal Di Principe, comune della provincia di Caserta noto per essere stato patria di una delle famiglie camorriste più note – i casalesi appunto – oggi patria del riscatto della legalità. Uno degli strumenti fondamentali di questa ricostruzione e proprio il riuso sociale dei beni confiscati a quella famiglia, dalle terre di “Don Diana”, intitolate al sacerdote anticamorra ucciso proprio a Casale il 19 marzo del 1994 e dove si sperimenta un nuovo modello di economia circolare, fino a Casa Lorena, dove trovano lavoro le donne vittime di violenza e di tratta. Parlare con Natale di legalità e di riscatto dal giogo camorrista è ascoltare la passione civile che si è fatta impegno stravolgendo la vita. Da medico si è trasformato in amministratore locale e in presidente di una associazione intitolata a Jerry Masslo, giovane immigrato dal Sudafrica ucciso nell’agosto del 1989 a Villa Literno perché combatteva i caporali e quanti consideravano schiavi i raccoglitori di pomodoro.
“Due milioni per gestire i beni confiscati alle mafie e ristrutturati con le risorse del Pnrr sono davvero pochi”, ci dice Natale, “ma la questione è più generale, non riguarda solo quelli che faranno parte dei progetti finanziati con i fondi del Next generation Eu, ma tutti i beni”. E se considera certamente positivo che siano stati presentati oltre 600 progetti, si interroga su come evitare che tutto ciò diventi un boomerang.
“Il problema della gestione ordinaria è grave. Luce, acqua, Tari, manutenzione ordinaria, pulizia dei locali, sono costi che a volte risultano insopportabili. Faccio un esempio. Ho appena ristrutturato un immobile per destinarlo a un asilo nido, ora oltre al costo del personale, e già questo è un problema, devo mettere a bilancio anche quelli delle utenze. Il nido è un servizio alla persona a domanda individuale, ma se metto tariffe che mi consentirebbero la gestione, nessuna famiglia sarebbe in grado di mandarci i bambini. Come ne esco?”.
Due sono le proposte del sindaco di Casale. Da un lato che ogni anno ai Comuni cui sono assegnati i beni, in proporzione venga assegnata anche una quota di risorse per la loro gestione, magari vincolate tra quelle del Fondo Unico per la giustizia. Dall’altro che altri “pezzi dello Stato scelgano di trovare casa proprio dentro un bene confiscato. Dalla polizia ai carabinieri alla guardia di finanza. Dal tribunale alla Croce rossa o alla Protezione civile. Fino ad arrivare ai sindacati. Pensate che messaggio sarebbe se in un bene confiscato si aprisse una sede della Cgil, della Cisl o della Uil”.
Bitonto è più a Sud di Casal Di Principe, è in Puglia in provincia di Bari, lì di beni sequestrati e confiscati ce ne sono assai meno che in Campania e in Sicilia. Michele Abbaticchio ne è il sindaco e racconta tutte le difficoltà che sta incontrando nel far rivivere due strutture: “Abbiamo avuto i fondi del Pon Legalità per ristrutturare i due immobili destinati a due progetti per i diversamente abili. Nel primo verrà realizzato un bed and breakfast gestito da disabili per disabili, nel secondo una casa famiglia per la costruzione della vita autonoma. Non li gestiremo direttamente ma, attraverso un avviso pubblico, sono stati assegnati ad associazioni del terzo settore. Ma il problema dei fondi per la gestione, una volta ristrutturati i beni, rimane”. Prima che lo Stato entrasse in possesso dei beni i malviventi pensarono bene di vandalizzarli e allora i costi di ripristino sono ingenti, una volta investite le risorse necessarie è assolutamente indispensabile che la gestione dei progetti non fallisca, altrimenti il messaggio negativo rischia di prevalere su quello positivo.
“Noi siamo un piccolo Comune, quasi privo di personale, facciamo fatica a stare dietro all’ordinaria amministrazione e a volte non riusciamo a stare dietro alla presentazione dei progetti per partecipare ai bandi. E bandi per i beni confiscati, anche per finanziarli, a volte escono ma li lasciamo indietro perché prima dobbiamo provvedere all’attività strettamente istituzionale dell’ente locale”. Lo dice con rammarico, Abbaticchio, che, però, propone: “Bisognerebbe che il Fondo per la gestione dei beni confiscati fosse strutturale, più capiente dal punto di vista delle risorse, accessibile a tutti i Comuni che hanno in gestione i beni. Non solo, occorrerebbe prevedere una procedura semplificata, non bandi con scadenza, ma con procedura a sportello”.
Renato Natale e Michele Abbaticchio, oltre che sindaci dei propri Comuni sono anche vice presidenti di Avviso Pubblico, l’associazione di amministratori pubblici impegnati nella costruzione di legalità, ascoltare le loro proposte è doveroso.