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Bologna non ci sta. Non ci sta al ricatto, tutt’altro che velato, della premier Meloni che alle proteste del sindaco Lepore per aver mandato in città 300 camicie nere a manifestare ha risposto: “Se mi crede fascista non mi chieda aiuto”. Una frase grave, quella della presidente del consiglio, che mette sul tavolo i fondi per i danni creati dall’alluvione. Come a dire che un atto dovuto verso un territorio in difficoltà dovrebbe portare alla censura di qualsiasi critica verso il governo. In città non si parla d’altro da ore, ore già complicate dal clima elettrico della elettorale, visto che domenica e lunedì i cittadini dell’Emilia-Romagna saranno chiamati al voto per scegliere il nuovo presidente della regione. E così le segreterie Cgil cittadina e regionale hanno espresso la loro grande preoccupazione di fronte alle dichiarazioni della Meloni e alla minaccia mossa contro l’intera città di Bologna.
“La nostra città – scrivono in un comunicato congiunto – è stata costretta a vivere un sabato di tensione (l’ultimo, attraversato da una splendida piazza di cittadini resistenti che protestavano contro la marcia neofascista svoltasi poi nel pomeriggio ndr), un sabato di tensione dovuta all’ostinazione a voler mantenere un presidio e un corteo di Casapound e della ‘Rete dei Patrioti’ a pochi passi dalla Stazione di Bologna, luogo di memoria, luogo vittima di un attentato del terrorismo fascista”.
“Oggi, dopo che il sindaco ha chiesto spiegazioni sulla gestione dell’ordine pubblico, si arriva a mettere in discussione persino gli ‘aiuti’ necessari per l’emergenza determinatasi con l’alluvione. Un Governo che non è in grado di affrontare la crisi sociale e industriale del nostro Paese e che continua a non voler dare risposte sulle risorse e i progetti necessari per la messa in sicurezza del territorio, reagisce alle critiche con le minacce”.
“Bologna non merita tutto questo, come non lo meritano le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati che nel Paese reale, non in quello della propaganda governativa, devono fare i conti con l’aumento della cassa integrazione, un impoverimento sempre più diffuso e la crescita del lavoro precario. Ci aspettiamo da chi occupa posizioni nelle istituzioni la serietà e il rispetto per il ruolo che si ricopre. È dovuto a chi paga le tasse tutti i mesi e a chi tiene in piedi con il proprio lavoro il nostro Paese”.
“Pertanto invitiamo lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionate, cittadine e cittadini, studentesse e studenti alla massima mobilitazione democratica”.