La pandemia ha colpito duro il mondo del lavoro italiano, ma per le donne ha fatto ancora di peggio: ha fatto precipitare una situazione già da emergenza nazionale. E’ quanto è emerso, in sostanza, dal dibattito “Quali politiche di genere o quale genere di politiche?”, che si è svolto al Teatro Brancaccio di Roma nella seconda giornata di “Futura 2020. Lavoro, ambiente innovazione”, moderato da Daniela Preziosi di Domani.
Il Covid e suoi effetti sono stati ovviamente centrali nella discussione. Anche perché, come ha fatto notare da subito Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat “nel 2019 eravamo arrivati faticosamente a metà delle donne italiane occupate, grazie soprattutto a una forte componente di incremento del part-time involontario, penultimi nella classifica europea. Poi è arrivata la pandemia, il crollo dell'occupazione e le donne hanno perso più degli uomini, perché colpisce settori che occupano più donne”. Oggi quindi siamo a poco più del 48% di donne al lavoro, ma “la cosa grave – spiega Sabbadini - è che tra le 25-29enni siamo ultimi in Europa, con una tasso di occupazione del 45%, e lo stesso vale anche per le 30-34enni”. Una situazione, ha concluso “a dir poco disperata”.
“La pandemia, effettivamente, ha cambiato tutto, ma non ha migliorato le politiche di genere – ha confermato Andrea Ranieri, direttore della rivista Luoghi Comuni -. Anche perché il lavoro di cura è considerato in maniera inferiore”. “Pensiamo allo smart working – ha continuato – per le donne il tempo in casa è tempo dedicato alla cura, che devono impiegare per dar da mangiare ai bambini, per fare la spesa, ecc.. C’è una distinzione anche culturale, e il lavoro da fare per migliorare le politiche di genere è a anche un lavoro culturale”.
Per Fabrizio Patriarca, ricercatore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, “il problema riguarda non solo i settori in cui le donne sono impiegate e il gap salariale con gli uomini”, ma anche i carenti servizi di sostegno alla famiglia, che rendono impossibile la programmazione del lavoro per una donna”. Cosa che invece resta fondamentale per lo sviluppo e la qualità dell’occupazione femminile. Per questo azioni di decontribuzione e sostegno a breve termine non hanno effetti concreti.
In questo contesto, quindi, l’azione del governo non è stata decisiva. Per Susanna Camusso, responsabile Politiche di genere della Cgil, questo è un esecutivo “molto maschile” e lo ha dimostrato “nei mesi che abbiamo alle spalle”, e anche nelle “modalità con cui ha predisposto l’idea di un nuovo paese che deve uscire dalla crisi”. Le prime notizie sull’uso del Recovery fund e sulla manovra finanziari, lo confermano, perché per l’emergenza dell’occupazione femminile c’è troppo poco, “un occhio chiuso su un mondo che sta pagando il prezzo più pesante della pandemia, non avendo certo ricavato grandi risultati dalla gestione della recessione del 2014. Perché l'occupazione femminile è la vera emergenza di questo paese”.
(con la collaborazione tecnica di Mauro Desanctis)