L’Onu chiede piani di stimolo più verdi per limitare il riscaldamento globale a 2° centigradi
Le Monde, 10 Dicembre 2020

La crisi sanitaria avrà solo un effetto trascurabile sul riscaldamento globale, a meno che i paesi non colgano l'opportunità per accelerare la transizione ecologica.

Martina Toti

Per leggere l'articolo originale: L’Onu plaide pour des plans de relance plus verts afin de limiter le réchauffement à 2 °C

 

Le prospettive per l'occupazione nel Regno Unito sono più deboli che in Europa
The Guardian, 8 dicembre 2020

Sempre più datori di lavoro prevedono nel primo trimestre del 2021 di eliminare posti di lavoro anziché assumere, mentre il Covid continua la sua morsa sull’economia

La minaccia di un'impennata della disoccupazione nel nuovo anno è stata evidenziata da un rapporto sul mercato del lavoro che mostra che le prospettive per l'occupazione nel Regno Unito sono le più deboli in Europa. Dopo un inasprimento delle restrizioni determinate dal Covid-19 in ottobre e novembre, secondo l’indagine sulle prospettive occupazionali condotto da ManpowerGroup,  le possibilità di trovare un lavoro nel settore della vendita al dettaglio e alberghiero sono attualmente peggiori rispetto al primo lockdown nazionale fatto in primavera.
L'indagine realizzata su 1.300 datori di lavoro ha evidenziato che stanno progettando nei primi tre mesi del 2021 di perdere più posti di lavoro che assumere nuovo personale, nonostante vi siano segnali di una ripresa delle assunzioni nel settore finanziario e delle costruzioni. Il risultato di –6 punti percentuali è stato il risultato più basso tra i 24 paesi oggetto dell'indagine. Mark Cahill, amministratore delegato di ManpowerGroup nel Regno Unito, ha dichiarato: "I principali dati stanno andando costantemente nella giusta direzione e stiamo assistendo a una continua ripresa nei settori chiave, come il settore della finanza e degli affari, che ci danno motivo di essere contenti mentre si avvicina il 2021.
“Tuttavia, nonostante questa tendenza positiva, il Regno Unito rimane il paese meno ottimista in Europa, per la continua incertezza sulla Brexit e per le conseguenze di grandi dimensioni della seconda ondata del Covid-19. Inoltre, i dati mostrano che solo il 49% dei datori di lavoro si aspetta che le assunzioni tornino ai livelli pre-pandemici entro i prossimi 12 mesi ". L'attività di vendita al dettaglio e l'attività alberghiera danno lavoro a circa 6 milioni di lavoratori, ma Manpower ha affermato che le due attività hanno subito l'impatto del lockdown di quattro settimane in Inghilterra, dal 5 novembre al 2 dicembre, dove le assunzioni hanno raggiunto il livello più basso mai registrato. Anche i datori di lavoro di Londra hanno segnalato che le assunzioni hanno raggiunto il minimo storico.
In un rapporto separato, il British Retail Consortium (Brc) ha affermato che i consumatori hanno incrementato la spesa durante le quattro settimane di lockdown in Inghilterra, ma l'hanno fatta online. Il controllo mensile della Brc-Kpmg ha mostrato che l'aumento annuo di quasi il 50% delle vendite online di prodotti non alimentari è all'origine del piccolo aumento dello 0,9% della spesa totale di novembre. Quasi il 60% della spesa non alimentare del mese scorso è avvenuta online. Nel frattempo, il fallimento delle aziende Debenhams e Arcadia è stato contestualizzato dai dati dell'azienda di servizi finanziari, Barclaycard, che mostrano che la spesa di novembre nei grandi magazzini e nei negozi di abbigliamento è in calo, rispettivamente del 18% e del 13%. La spesa complessiva è diminuita di poco meno del 2%, ha affermato l'azienda che emette carte di credito.
Cahill ha detto: “L'ulteriore declino delle principali vie dello shopping della Gran Bretagna è profondamente preoccupante. Negozi, ristoranti e bar sono rimasti per lo più chiusi in tutto il paese, e spesso i giovani che costituiscono un'ampia percentuale di lavoratori in questo settore hanno sopportato il peso”.
“La chiusura dei negozi a Londra sono un duro ricordo dell'impatto economico della pandemia. Molte delle più grandi aziende della città hanno mantenuto i loro piani di assunzione all'inizio del primo lockdown, ma ora stanno adottando un approccio attendista, rimandando le assunzioni a quando l'impatto dell'uscita dall'Ue e dal Covid-19 sarà più chiaro nel nuovo anno. "
Helen Dickinson, amministratore delegato della Brc, ha detto: “Novembre ha frenato la crescita delle vendite osservata nei tre mesi precedenti. Le vendite di prodotti non alimentari in negozio hanno registrato un calo significativo a seguito del lockdown in Inghilterra. Tuttavia, alcuni rivenditori sono riusciti a compensare una parte delle vendite perse attraverso maggiori vendite online e attraverso il servizio di vendita click-and-collect, garantendo ancora il servizio ai propri clienti.
 “I lunghi periodi di sconto hanno contribuito a diffondere la domanda e offerto ai clienti grandi affari per regali, comprese le ultime console per i giochi, per i dispositivi elettronici e accessori per la casa. Tuttavia, la differenza tra le vendite di prodotti non alimentari online e in negozio è aumentata, con il più alto tasso di vendita online registrato da maggio. I negozi non alimentari hanno registrato ancora una volta un calo a due cifre con l'introduzione delle restrizioni più severe in tutta l'Inghilterra".
Paul Martin, responsabile della vendita al dettaglio della Kpmg nel Regno Unito, ha dichiarato: “L'evoluzione del Black Friday che è passata da un giorno a più settimane ha ulteriormente distorto i modelli commerciali e probabilmente ha anticipato gli acquisti natalizi. Nonostante ciò, i rivenditori delle vie principali dello shopping sperano ancora che nelle prossime settimane i consumatori calpestino i marciapiedi mentre loro combattono duramente per recuperare il terreno perduto in questo momento cruciale ".

Per leggere l'articolo originale: Outlook for jobs in UK is weakest in Europe as Covid continues to hit economy

La mobilitazione sociale anestetizzata dalla violenza della crisi
Le Monde, 8 dicembre 2020

Tra confinamento, disoccupazione parziale o telelavoro, i lavoratori, che si sono fatti carico della durezza della recessione, sembrano essere bloccati, nonostante l'ondata di soppressione di posti di lavoro

Foto di Lorenzo Del Francia

Per leggere l'articolo originale: La mobilisation sociale anesthésiée par la violence de la crise

 

Bruxelles sollecita la Spagna a riformare le pensioni e il mercato del lavoro
El Pais, 7 dicembre 2020

La Commissione europea chiede, inoltre, di risolvere la frammentazione della normativa regionale

L’economia spagnola ha un potenziale problema con le pensioni. Da decenni l’occupazione è il tallone d’Achille con il tasso di disoccupazione più alto dell’Atlantico del nord. La pandemia ha evidenziato le cicatrici dello stato delle autonomie. Bruxelles vuole utilizzare gli aiuti europei per realizzare le riforme strutturali che la Spagna da anni non riesce a portare a termine: chiede che si realizzino riforme in tre settori, nel settore delle pensioni, del lavoro e dell’unità del mercato. Secondo le fonti consultate, chiede al Governo di presentare un piano credibile e coerente, in cambio degli aiuti europei.
La riforma è una parola maledetta perché negli ultimi anni è stato solo un eufemismo per evitare di dire tagli e perché è stata la troika (Commissione, Bce e Fmi) ad imporre le misure di austerità. Bruxelles ha cambiato questo approccio: non impone, ma invita i paesi bisognosi ad approvare le misure strutturali in cambio di una marea di finanziamenti, per un totale di 750.000 milioni di euro, di cui la metà a fondo perduto, che ti permettono di ingoiare la pillola con meno dolore. La Commissione vuole approfittare dell’iniezione massiccia di aiuti per vincolare le riforme che, secondo la Commissione, la Spagna starebbe realizzando da anni solo in parte. Bruxelles chiede al governo di impegnarsi su tre assi principali: garantire la sostenibilità del sistema pensionistico, introdurre regole nuove per ridurre il ricorso al lavoro temporaneo e una legge sull’unità del mercato che evita la frammentazione della regolamentazione regionale. La Commissione europea chiede, inoltre, di vincolare parte dei finanziamenti alla realizzazione delle riforme, una condizionalità che entra attraverso la porta di servizio, anche se Bruxelles e il Fmi sostengono che questo potrebbe essere un incentivo se gli aiuti saranno utilizzati per compensare nel breve termine i costi relativi a qualsiasi riforma importante. Il nuovo mantra è pagare per realizzare riforme.
Le fonti consultate presso vari ministeri indicano che questa sarebbe anche la strada intrapresa dal palazzo di governo della Moncloa. La Spagna sta negoziando a Bruxelles un pacchetto di riforme, che prevede di presentare a gennaio, in contemporanea con l’annuncio dei progetti a cui saranno destinati i fondi europei.
Gli adeguamenti alla legge sull’unità del mercato, promossi dal Partito popolare, permetteranno di risolvere la frammentazione della normativa regionale, in linea con quanto richiesto da Bruxelles, senza scomodare i partiti nazionalisti, che hanno aumentato la loro influenza nell’equilibrio instabile di sostegno al Governo. Il ministro José Luis Escriva ha preparato una lista delle riforme, che ha ricevuto l’approvazione con il Patto di Toledo, anche se la Commissione non ha abbastanza fiducia nei numeri. La vicepresidente Nadia Calviño e il ministro del lavoro, Yolanda Diaz, si stanno battendo per imporre una riforma del lavoro che lascerebbe le cose più o meno le stesse, nel caso vincessero le tesi di Calviño, e che abrogherebbe parzialmente la riforma del Partito Popolare se dovessero prevalere le idee di Diaz e di altri ministri, tra cui i ministri del Partito Socialista. Il governo sta già lavorando sulle questioni minori di questi settori, gestendo i rapporti, appena nati, e facendo sforzi con le parti sociali nelle riunioni interne e a Bruxelles. Ma, in attesa della legge sul bilancio, il governo non ha mai accennato ai dettagli essenziali, che potrebbero far scoppiare all’interno del governo liti con l’opposizione e le parti sociali, a seconda del risultato finale.
Bruxelles intende approvare ad aprile i piani nazionali per la ripresa economica per inaugurare il lancio di titoli obbligazionari dell’Unione europea prima dell’estate. Intende, per allora, vincolare le riforme che saranno inserite nel documento che sostituirà le raccomandazioni del Semestre europeo, uno di quei progetti di Bruxelles che guida la politica economica europea. È arrivato ora il momento di scambiarsi i documenti, in cui risultano le divergenze nelle tabelle excel, del dare e dell’avere tra Madrid e Bruxelles, che sottolineano il coinvolgimento del governo spagnolo. I negoziati si ripeteranno con ciascuno dei 27 Stati membri e saranno anch’essi difficili con l’Irlanda, alla quale è richiesto di riformare il proprio sistema fiscale in modo che non sia più uno pseudo paradiso fiscale nel sistema dell’euro.
Fonti dell’Unione europea sottolineano che la Spagna è tra i paesi ai quali bisogna prestare massima attenzione. Le previsioni dell’Unione europea parlano di crollo dell’economia, con un calo del 12,4% nel 2020, con un debito in aumento. Con la seconda ondata dei contagi, gli aggiustamenti fiscali sembrano essere stati messi in secondo piano, almeno fino a quando Berlino non deciderà di concludere il programma per le misure di stimolo. Bruxelles teme il momento in cui scadranno le misure di protezione dei posti di lavoro e delle imprese. Una fonte di alto livello dell’Unione europea ritiene che, oltre alla crisi provocata dalla pandemia, il paese stia affrontando un cambiamento strutturale che necessita di riforme, come hanno richiesto la Bce e il Fmi.
Il vicepresidente Calviño sta presiedendo i colloqui per la parte spagnola con il vicepresidente Valdis Domrovskis e il commissario europeo Paolo Gentiloni, che hanno entrambi adottato a prudenza nelle loro dichiarazioni, ma gli occhi dei tecnici sono puntati sulle riforme, come il recente aumento delle pensioni. Il vicepresidente Calviño ha ammesso che Bruxelles sta “analizzando” le conseguenze delle misure adottate in un “clima molto positivo”. Per le fonti europee la posizione è chiara: non è piaciuto che il governo del Partito popolare abbia vincolato le pensioni all’indice nazionale dei prezzi al consumo e vuole che le misure coprano la spesa senza far aumentare il debito. Bruxelles spera che si realizzino anche le misure per il mercato del lavoro. La Commissione si oppone all’abrogazione totale o parziale della riforma del governo guidato dal Partito popolare e si aspetta che siano presentate misure in due settori, nel settore dei servizi dell’occupazione e della riduzione del lavoro temporaneo, uno dei più alti in Europa. Altre fonti europee consultate sperano in una specie di piano per riqualificare i lavoratori che perderanno il lavoro, soprattutto nel settore dei servizi, quando, il prossimo anno, terminerà la copertura del sistema Erte.  Calviño ha riferito a Bruxelles che questo pacchetto sarà discusso con le parti sociali. Per le fonti europee, “la Spagna presenta un problema di sostenibilità delle pensioni del mercato del lavoro. Non ci troviamo nel 2012. Non chiediamo adeguamenti fiscali che potrebbero avere effetti negativi nel breve termine, né imponiamo soluzioni, ma la Spagna deve definire le misure”.

Per leggere l'articolo originale: Bruselas apremia a España a reformar las pensiones y el mercado laboral

 

Il segretario generale delle CC.OO, Unai Sordo: “Se si lascerà la riforma del lavoro così com’è, sarà difficile continuare con gli accordi del dialogo sociale”.

El Pais, 7 dicembre 2020

Il segretario generale delle CC.OO rivendica il rafforzamento dei servizi pubblici e ammette che l’aumento del salario minimo potrebbe rallentare la congiuntura economica

D.  Ha sempre difeso il governo di coalizione del Psoe e di Unidas Podemos, come si sente quando vede divisioni?

R. In Spagna c’è un entusiasmo eccessivo nel tracciare continuamente i profili dei politici. Ma non abbiamo abbastanza cervello per analizzare l’andamento della politica. Quanto sta accadendo è così importante che stiamo cercando di concentrarci maggiormente sui grandi temi politici, economici e sociali.

D. Non teme che questo possa impedire lo sviluppo del programma di governo, che comprende, ad esempio, la riforma del lavoro?

R. Quanto sta accadendo è molto importante e i partiti al governo hanno talmente bisogno di riuscire che credo che nei punti di vista diversi non vi sia alcun motivo che possa far fallire l’azione del governo. Preferiamo insistere sul bilancio e sulle risorse europee da distribuire.

D. Il bilancio? Ci sarà la riforma della legge del lavoro?

R. Saranno introdotte modifiche profonde. Ne sono convinto. Primo perché il governo si è impegnato con le parti sociali, secondo perché fa parte dell’accordo di governo, e terzo perché, in una prima fase, correggere quegli aspetti della riforma del lavoro è importante per evitare la svalutazione dei salari. E, in una seconda fase, queste modifiche devono modernizzare il modello del lavoro.

D. E se la sua convinzione dovesse fallire?

R. Non prevedo altri scenari. Non so definire con esattezza le scadenze, ma il governo non ha altra via di uscita. Nessuna ministra mi ha detto chiaramente di non essere d’accordo con quanto è stato detto sulla riforma del lavoro. Ma se il governo si rifiuta di affrontare questo problema, si aprirà un conflitto con i sindacati. Se il governo dovesse fare resistenza e, a causa della crisi e delle condizioni europee, si dovesse lasciare la legge del lavoro così com’è, sarebbe una bomba ad orologeria per il dialogo sociale e sarebbe molto difficile andare avanti con gli accordi. Le cose stanno così.

D. Questo ragionamento serve ai datori di lavoro?

R. Proponiamo di ripristinare l’autoregolamentazione dei contratti, che le aziende non possano diminuire i salari con i contratti di settore perché lo chiede la legge e, in ogni caso, perché lo chiedono gli stessi contratti collettivi. Chiediamo che l’attività (di proroga automatica degli accordi fino a quando non saranno rinnovati) non scompaia, a meno che non sia concordato un accordo diverso. I datori di lavoro e le aziende moderne non dovrebbero essere contrari a questa richiesta, a meno che non intendano competere in una situazione di dumping salariale? Inoltre, chiediamo che sia fatta una riforma profonda, che dia stabilità all’occupazione riducendo le assunzioni temporanee e limitando e scoraggiando i licenziamenti. In cambio, creeremo una flessibilità interna concordata nell’azienda in modo che il licenziamento sia l’ultima opzione. Facciamo quanto è necessario fare in questa crisi.

D. Fino a quando durerà il sistema Erte?

R. Finché durerà la crisi innescata dalla pandemia.

D. Prima diceva che bisogna evitare che i salari si svalutino. E la moderazione salariale?

R. I salari sono contenuti rispetto a quanto è stato negoziato prima della pandemia. Ma ricorrerei ad una lente di ingrandimento per affrontare questo problema. Nei settori in cui ci sarà una ripresa dell’attività, un surplus, chiederemo un aumento dei salari. Ci saranno altri settori che, al contrario, saranno colpiti per un certo periodo dal calo dei consumi. E poi, trovandoci quasi in deflazione, c’è un margine, anche se non si rispettano i parametri del contratto quadro della contrattazione collettiva. I salari previsti dagli accordi del 2020 aumenteranno di circa l’1,5%, meno del 2% concordato.

D. Il salario minimo dovrà aumentare?

R. Si potrebbe adeguare l’andamento dell’aumento alla situazione attuale, ma non ritengo che debba essere congelato. Considerato quanto è accaduto quest’anno, dovremmo rivedere l’andamento senza perdere l’obiettivo ultimo (il 60% del salario medio).

D. L’aumento dello 0,9% dello stipendio dei lavoratori del settore pubblico ha dato filo da torcere?

R. Le nostre rivendicazioni non riguardano solo i salari, ma anche le risorse umane e la modernizzazione della pubblica amministrazione, che è necessaria come ha dimostrato la crisi. È fondamentale farlo. Il settore pubblico in Spagna rappresenta il 16%. In Europa, il 20%.  Per poter confermare questo tipo di misura, un meccanismo analogo all’Erte sarà in grado nel futuro di analizzare le cause in funzione all’andamento dell’economia. Dipende dalla gestione delle informazioni, dai dati e dalla trasparenza dei dati aziendali. L’amministrazione pubblica deve essere dotata di meccanismi simili. La sua modernizzazione è la condizione affinché le politiche pubbliche guadagnino efficacia e legittimità nella società. Quello che si può elaborare a livello politico lo si può perdere a causa di una gestione inadeguata.

D. Teme che gli errori dell’amministrazione pubblica possano delegittimare le misure?

R. Migliorare il funzionamento della nostra amministrazione pubblica deve servire a offrire ai cittadini un servizio ottimale e a legittimare le politiche pubbliche. Non serve al cittadino comune il sistema Erte ben pensato e un reddito minimo vitale se nella realtà non dispone di risorse. I numerosi anni di tagli e di maree di petizioni senza precedenti hanno causato nell’amministrazione pubblica strozzature che sono state risolte ragionevolmente bene. Ovviamente, questo non importa alla persona il cui problema non è stato risolto.

D. È questo il momento di affrontare il cambiamento del modello produttivo, quando due settori che caratterizzano il modello spagnolo, il settore turistico e alberghiero, soffrono così tanto?

R. Non ci sarà un’altra occasione come questa. Il nostro modello produttivo ha evidenziato alcuni punti deboli: nella crisi precedente, la dipendenza dal settore dell’edilizia era eccessiva, ora, è eccessiva la dipendenza dal settore turistico. Dobbiamo cercare di aumentare la nostra influenza nell’impresa media spagnola e prevedere quali sono gli 8, 10, 12 settori trainanti…Non potevamo lontanamente pensare che sarebbero stati messi a disposizione del Paese 140.000 milioni per promuovere questo cambiamento. O si fa ora o mai più.

D. Come affronterà la riforma delle pensioni? Il patto che ha portato al 2011 è costato caro?

R. Nel 2011 la Spagna era un Paese sull’orlo della bancarotta. I sindacati hanno cercato di garantire un sistema pensionistico sostenibile che non regredisse in nessun caso verso un sistema di capitalizzazione per mettere in discussione il sistema pubblico. Ora ci troviamo in un’altra situazione. La riforma unilaterale realizzata nel 2013 ha distrutto il consenso politico e sociale, cosa che dovremo invertire. Per la prima volta in molti anni c’è un consenso politico grande su come farla. Almeno nelle linee guida generali. Proponiamo di abrogare la riforma del 2013, di creare un equilibrio finanziario per il sistema di previdenza sociale e di migliorare le modalità di ingresso del sistema per i prossimi vent’anni, quando ci sarà l’aumento della spesa pensionistica in Spagna. Queste misure rappresentano tre punti percentuali del Pil tra il 2020 e il 2048 e ciò che dobbiamo pensare è come migliorare le modalità di ingresso per coprire i costi o per contrastare la povertà dovuta alle pensioni non contributive. I cambiamenti demografici ridurranno il costo delle pensioni a partire dal 2048. Dobbiamo affrontare questo scenario.

D. Il patto di Toledo prevede alcuni aggiustamenti.

R. Si propongono incentivi e disincentivi per avvicinare l’età reale di pensionamento all’età legale di pensionamento. Abbiamo sempre parlato della necessità di un pensionamento flessibile che tenga conto di una serie di variabili. Non è lo stesso andare in pensione lasciando una cattedra universitaria o un qualsiasi altro lavoro. Non si prevede un adeguamento dei grandi parametri di riferimento delle pensioni.

Per leggere l'intervista originale: Unai Sordo: “Si se deja la reforma laboral como está, será difícil seguir con los pactos en el diálogo social”