“Le profonde disuguaglianze, la violazione dei diritti umani, le minacce al pianeta, la fragilità della pace globale richiedono la massima urgenza e azioni concrete di cooperazione multilaterale. È necessaria una “nuova agenda di pace” per superare l’attuale policrisi che colpisce soprattutto le donne, i bambini, i giovani e i più emarginati”. Questa la posizione del Civil 7 (C7) che è uno dei gruppi ufficiali del G7 che raccoglie la voce di oltre 700 organizzazioni di circa 70 Paesi per avanzare proposte e richieste volte a tutelare l’ambiente e a promuovere lo sviluppo sociale ed economico e il benessere per tutti.

Per la coalizione è necessaria un’agenda in grado di garantire un futuro di diritti e di sviluppo sociale e personale per tutti, costruita sul rispetto di regole condivise, come il diritto internazionale, il diritto internazionale umanitario e i diritti umani, l’Agenda 2030. “Un’agenda di pace capace di consolidare il ruolo degli organismi multilaterali internazionali chiamati a far rispettare queste regole, evitando doppi standard e attacchi alle istituzioni”.

Investire in solidarietà

La sicurezza collettiva deve essere vista come un pilastro della “pace positiva”, a partire dall’idea che gli Stati debbano perseguire una sicurezza reciproca piuttosto che quella a spese di un altro Stato. Il G7 dovrebbe investire nella fiducia, nella solidarietà, nell’universalità e nel disarmo globale (sia nucleare che convenzionale) invece che in un “confronto muscolare”. Le risorse dovrebbero essere destinate ad affrontare le sfide strutturali e sistemiche, per perseguire la giustizia e la sostenibilità per tutti. È per questo che il sostegno quasi incondizionato del G7 all’Ucraina deve essere orientato in questa prospettiva.

Medio Oriente in cerca di pace

Il C7 accoglie con favore il fatto che il G7 – per la prima volta – abbia riconosciuto il suo sostegno al ruolo centrale della società civile nella costruzione della pace, rispondendo all’appello della società civile globale. Allo stesso modo, va accolto con favore l’invito a un “cessate il fuoco immediato e totale” derivante dalla recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Tuttavia, nella dichiarazione più lunga degli ultimi anni del G7 su Israele-Palestina, non c’è un linguaggio preciso sull’occupazione militare israeliana, né chiarezza su come si possa costruire un percorso diplomatico capace di porvi fine e garantire sicurezza e autodeterminazione a entrambi i popoli.

Nel comunicato manca ancora un accenno all’accesso umanitario immediato e senza restrizioni per la popolazione, così come il riferimento a piani di partecipazione per la ricostruzione della Striscia di Gaza. Il G7 deve garantire che le sue politiche economiche e gli accordi con Israele non favoriscano un potenziale genocidio – un obbligo dei firmatari della Convenzione sul genocidio e del diritto umanitario internazionale – ricorrendo ad azioni conseguenti, come la sospensione della vendita di armi.

Debito non pervenuto

Nessun progresso sulla riduzione del debito. Il comunicato del G7 riconosce l’aumento dell’onere del debito, ma si limita a promuovere l’attuazione del Quadro Comune, un processo che si è rivelato insufficiente per una risoluzione del debito. Inoltre, la citata Tavola Rotonda Globale sul Debito Sovrano è ancora uno spazio esclusivo, in cui non tutti i Paesi sono allo stesso tavolo. Il C7 ribadisce l’invito “ad andare oltre il Quadro Comune, verso un quadro giuridico multilaterale sul debito con un processo che non sia coordinato dai creditori. Questo deve essere elemento chiave di una rinnovata architettura finanziaria internazionale, in grado di rispondere a un’analisi completa dei bisogni, che includa anche, ma non solo, le clausole di debito resilienti per il clima, basate sulle Agende 2030 nazionali e globale, un sistema di tassazione internazionale più equo e che coinvolga la partecipazione della società civile per promuovere il monitoraggio pubblico e la trasparenza”.

Clima, è tempo di agire

Per il C7 “servono piani e tappe concrete per uscire dai combustibili fossili. In tutto il mondo, comunità, persone e natura soffrono sempre di più per gli impatti della crisi climatica e della perdita di biodiversità”. Gli effetti di eventi estremi e siccità ormai stanno “mordendo” le economie più ricche e devastando i Paesi più vulnerabili. I leader G7 hanno ripreso le conclusioni della Ministeriale Clima, Energia e Ambiente di Torino confermando l’impegno a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e la decisione della COP28 di Dubai di “transitare fuori dai combustibili fossili”. Tuttavia, dal summit di alcune delle maggiori economie del mondo ancora non sono venuti piani e tappe precisi per uscire dal gas e dal petrolio, mentre lo si è fatto sul carbone, decidendo di abbandonarne l’uso nei primi anni dal 2030. Inammissibile che ancora si pensi di investire su gas quando la scienza oggi ci dice che dobbiamo cominciare a smantellare le infrastrutture esistenti.

Politiche alimentari cercasi

"Il comunicato del G7 lancia alcuni segnali, ma non si vedono ancora i fatti”. L’azione principale è il lancio dell’Apulia Initiative sui Sistemi Alimentari, con il solo “compito” per i Ministri dello Sviluppo di definire i dettagli nella riunione Ministeriale prevista per ottobre. Pur apprezzando il riferimento al miglioramento della “sostenibilità e della produttività delle filiere locali, regionali e globali” e alla necessità di “affrontare le regole e le norme discriminatorie che incidono sulla parità di genere”, il C7 ribadisce la necessità di processi partecipativi. Invece, nessun riferimento agli attori principali, ai piccoli agricoltori, alle loro associazioni e alla loro reti.

La migrazione non è un’emergenza

La visione del G7 dovrebbe essere quella di spostare l’attenzione da un approccio emergenziale a uno a lungo termine, trasformando i flussi migratori in canali migratori prevedibili, sicuri, regolari e gestibili, garantendo il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, indipendentemente dal loro status migratorio. Ma la dichiarazione dei leader del G7 si concentra sulle “cause profonde della migrazione irregolare e degli spostamenti forzati” e non sulle cause profonde della migrazione indesiderata e della mobilità umana in sé. Non ci sono differenze tra queste cosiddette cause profonde, e l’attenzione dovrebbe concentrarsi sul miglioramento della migrazione regolare e sulla garanzia di percorsi sicuri per ogni tipo di migrazione.

Le migrazioni regolari sono inoltre fondamentali per combattere le cause profonde della povertà nei Paesi d’origine, facilitare la prosperità culturale ed economica, la flessibilità nel settore dell’occupazione e l’occupazione dignitosa nei Paesi di destinazione. “Chiediamo alla Presidenza italiana del G7 di aderire nuovamente al Global Compact sulle migrazioni e ai membri del G7 di cambiare la narrativa sulle migrazioni, consapevoli che lo sviluppo porta a un aumento delle migrazioni nel breve e medio termine e che percorsi migratori regolari e sicuri avrebbero impatti positivi per tutte le parti coinvolte”.

Copertura sanitaria, un impegno più ambizioso

Il C7 chiede “una maggiore volontà politica e contributi finanziari più sostanziosi, che rafforzino sistemi sanitari pubblici e comunitari sostenibili e resilienti e che garantiscano salute mentale e salute sessuale e riproduttiva fondate su evidenze scientifiche. Accogliamo con favore il doveroso riconoscimento del ruolo dell’Oms e di meccanismi come il Fondo Globale per la lotta contro Aids, tbc e malaria e Gavi. Tuttavia non è sufficiente; chiediamo al G7 di assumere impegni chiari e ambiziosi per finanziare pienamente le loro prossime ricostituzioni, al fine di garantire l’equità sanitaria”.

Politiche di genere, uno sforzo in più

Rinnovato l’impegno di Hiroshima sulle politiche di genere. “Sottolineiamo – sottoline il Civil 7 – la necessità di politiche audaci sull’autodeterminazione delle donne e delle ragazze in tutta la loro diversità e accogliamo con favore l’impegno ad aumentare l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo per l’uguaglianza di genere, fondamentale per questo obiettivo a livello internazionale, ma manca l’indicazione dell’obiettivo verso cui indirizzarlo”. Questo faciliterebbe anche il monitoraggio degli impegni per ciascun Paese.