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Il 16 luglio, l'Unione europea e la Tunisia hanno firmato un Memorandum di intesa basato su cinque pilastri. La gestione delle migrazioni è uno dei principali. L'Unione si è impegnata a fornire alla Tunisia un finanziamento aggiuntivo di 100 milioni di euro, mirato a rafforzare la gestione delle frontiere, le operazioni di ricerca e soccorso in mare e le misure "anti-traffico".
L'obiettivo è chiaro: ridurre il flusso di arrivi di migranti dal paese verso l'Europa. I metodi molto meno. Lo schema del documento, che Giorgia Meloni ha già rivendicato come un inedito “modello di partenariato” per il Maghreb e l’Africa tutta, segue quello della dichiarazione congiunta siglata lo scorso 11 giugno, ma restano ancora fortissimi dubbi sulla tutela dei diritti umani di chi sceglie la traversata del Mediterraneo per raggiungere l’Europa.
A partire dall’inizio dell’anno sono 44.151 le persone arrivate in Italia dalla Tunisia e solo una parte di queste è di nazionalità tunisina: si tratta infatti, in maniera crescente, di persone provenienti dall’Africa occidentale che, nel paese nordafricano, vivono una situazione di crescente razzismo e violenza in primo luogo a opera delle istituzioni.
I dubbi, quindi, riguardano soprattutto quello che per buona parte dell'associazionismo internazionale è il vero intento dell'accordo: “Ostacolare qualsiasi forma di mobilità dalla Tunisia verso l'Europa”. Lo dicono chiaro e tondo in un comunicato congiunto una serie di associazioni, tra cui il Forum Tunisien pour les Droits Économiques et Sociaux, Avocats Sans Frontières, Asgi, Un Ponte Per, Action Aid, EuroMed Rights, Watch the Med – Alarm Phone, SOS Humanity e Iuventa.
“Questo comportamento - si legge - avrà la conseguenza di negare a coloro che cercano protezione il diritto di chiedere asilo. L’intensificazione dei rapporti con il governo del Presidente Saied sottolinea l’importanza riconosciuta dall’Ue, anche e soprattutto su spinta italiana, ai rapporti con Tunisi. Un focus che però si scontra con le gravi violazioni dei diritti umani subite dai migranti e richiedenti asilo di origine sub-sahariana e il generale deterioramento della situazione democratica nel paese”.
“Nel corso degli ultimi mesi- affermano le associazioni - in Tunisia il razzismo istituzionale, che attinge anche alle teorie della cosiddetta sostituzione etnica, si è concretizzato in gravi violazioni dei diritti fondamentali da parte delle autorità”. Ci sono state “violenze, rastrellamenti e arresti sommari”, “deportazione illegale di centinaia di persone di origine subsahariana”, ma anche “modalità di intercettazione e riconduzione a terra violente e pericolose da parte della Guardia costiera”, “furto dei motori a imbarcazioni poi lasciate alla deriva”, e “uso di gas lacrimogeni durante le intercettazioni”. Per le organizzazioni firmatarie è quindi “fondamentale una presa di distanza da parte delle organizzazioni internazionali come Oim e Unhcr, affinché non si facciano strumento di legittimazione e di produzione delle violazioni che deriveranno dall’implementazione del Memorandum in modo simile a quanto accade in Libia”.
Dello stesso parere è anche la Cgil nazionale. “L'accordo invece di sostenere processi di democratizzazione e di promozione dei diritti universali continua con la politica di esternalizzazione e militarizzazione delle frontiere europee, e offre risorse in cambio dell’azione di criminalizzazione della migrazione”. “La Tunisia - sottolinea la Confederazione - è uno Stato che vive una crisi democratica, il dissenso e la protesta sono criminalizzati, il nazionalismo e il razzismo sono i nuovi tratti identitari, basti pensare a quanto viene riservato ai migranti sub-sahariani”.
“L’obiettivo dichiarato più volte nel testo del memorandum e dalla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è quello di combattere il traffico illegale di persone e non - sottolinea il sindacato - di eliminare le cause delle migrazioni forzate, di costruire canali di migrazione legale e di investire nello sviluppo locale, con priorità alle zone maggiormente povere. Tra le finalità, invece, compaiono: attrezzare la guardia costiera a reprimere le partenze, accordando, la piena collaborazione per rimpatriare tutti coloro che riusciranno ad attraversare il Mediterraneo”.
“Nulla si dice - prosegue la Cgil - della necessità di regolarizzare chi è in Italia e in Europa per eliminare sfruttamento e condizioni di vita disumane, permettendo così a queste persone di riconquistare diritti e dignità e contribuire con il proprio lavoro regolare a sostenere anche il Paese di accoglienza”. “Crediamo che l'Unione europea avrebbe dovuto imporre delle condizionalità per il ripristino del rispetto dei diritti umani universali, per le libertà civili e sindacali, per la pace e la sicurezza, purtroppo - conclude la Confederazione - nulla di tutto ciò viene garantito dalla Repubblica Tunisina”.