Per la manovra le donne o sono madri o sono vittime di violenza, tutte le altre non esistono. I numeri, anche in questo caso non mentono. E se i numeri sono scolpiti in Gazzetta Ufficiale, il modello di società fondata sul ruolo ancillare delle donne, tranne alcune che se sposano i modelli e l’idea di potere maschile possono arrivare a Palazzo Chigi, traspare nemmeno troppo velatamente anche dalla legge di bilancio 2025.

Giudizio netto e chiaro

A formularlo è Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil che dice: “In linea con l’idea del ruolo della donna nella società che promuove il governo Meloni, nella legge di bilancio sono inserite o ampliate le misure di sostegno a favore delle madri con più di due figli e delle donne vittime di violenza, che in pieno spirito paternalistico vanno protette e aiutate, non messe in condizione di emanciparsi. Nulla di concreto quindi per promuovere l’occupazione femminile buona e stabile, che consenta alle donne di essere autonome e quindi sottrarsi anche ai fenomeni di violenza domestica, e nulla per il contrasto alla cultura della discriminazione”.

I numeri delle discriminazioni

L’Italia, ormai dovrebbe esser cosa nota, è ultima in Europa per occupazione femminile: quelle che lavorano subiscono un differenziale salariale che, a seconda del lavoro o della professione, va dal 20 al quasi il 50% per le laureate. Pochi giorni fa l’Inps ha raccontato come continui ad esistere un differenziale previdenziale. Non solo: in Italia tra maschi e femmine esiste un differenziale occupazionale del 19,5%. E nel Sud va pure peggio, meno di una su due lavora. “Riteniamo che l’occupazione femminile richieda politiche strutturali di lungo periodo, non incentivi deboli ed episodici che lasciano ai margini e distanti dal mercato del lavoro”. Nella manovra “si conferma, inoltre, come l’occupazione femminile stabile e di qualità non sia una priorità per il governo. Questo approccio rinuncia a un allineamento alle direttive europee, che indicano l’inclusione femminile come cardine per lo sviluppo economico e sociale. Nonostante il parziale ripristino delle clausole di condizionalità nei progetti del Pnrr, l’assenza di misure integrate e di lungo respiro lascia intendere una mancanza di visione per una società inclusiva e un’economia sostenibile”.

In manovra nulla per condivisione del lavoro di cura

Le donne fanno pochi figli e quando li fanno sono costrette a lasciare il lavoro. Eppure in manovra non c’è nemmeno l’ipotesi di una seria politica di condivisione della genitorialità che libererebbe tempo per le madri e promuoverebbe occupazione femminile. Aggiunge Ghiglione: “Nonostante l’Italia sia uno dei Paesi europei nei quali è più evidente la cosiddetta child penality, la discriminazione femminile collegata alla maternità sia all’ingresso che nei percorsi di lavoro, il governo insiste nel non aumentare le giornate di congedo di paternità obbligatorio che vede l’Italia in fondo alla classifica europea. Un po’ come nei dati sull’occupazione femminile, ma si è limitato ad aumentare fino all’80% della retribuzione l’assegno per il secondo mese di congedo parentale. Il nodo è tutto culturale: incentivare la genitorialità condivisa destrutturerebbe la discriminazione che le donne subiscono sul lavoro”.

Quello che in manovra c’è, ma...

In Parlamento, nell’iter di approvazione della legge di bilancio è stato aggiunto un milione di euro al Reddito di libertà destinato alle donne vittime di violenza. Bene, ma non ci sono interventi strutturali che dovrebbero accompagnare il Reddito di libertà per aiutare le donne a costruire autonomia. Afferma ancora la segretaria confederale: “Non è nelle idee propugnate da questo governo intervenire sulle dinamiche culturali. Così sulla violenza: si fa bene laddove si aumentano le risorse destinate alle donne vittime di violenza ma, con un blitz, i fondi destinati all’educazione sessuale e all’affettività degli studenti sono stati destinati ai docenti per formarli su come prevenire l’infertilità”.

La fatica delle donne mai riconosciuta

Le donne, si sa, sommano al lavoro anche quello di cura. Entrano, quando ci riescono, ed escono dal mondo del lavoro per occuparsi dei figli. Subiscono part-time involontario e lavoro povero, eppure il primo governo guidato da una donna sembra non accorgersene, condannando le lavoratrici a un destino di pensionate povere e stanchissime. Conclude Ghiglione: “Anche sul versante previdenziale dove le donne che molto più degli uomini collezionano contratti a scadenza, a chiamata, part-time spesso involontari, e quindi vedono allontanarsi i requisiti pensionistici, non si prevede nulla; anzi di fatto il governo sta certificando la completa eliminazione delle forme di flessibilità in uscita. L’unica eccezione prevista riguarda le donne con più di 4 figli, in pratica, lo 0,8% delle lavoratrici. La mancanza di impegni concreti e significativi anche in questa manovra dimostra ancora una volta che il governo Meloni non considera l’uguaglianza di genere una priorità”.

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