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Pensioni, si riparte. Siamo alla vigilia di due importanti scadenze: la necessità di focalizzare le misure più urgenti da inserire nella prossima Legge di Bilancio e la necessità di inquadrare il percorso che attraverso vari step dovrebbe portare alla modificazione della legislazione vigente (quindi il superamento della legge Fornero) per quanto attiene alle uscite anticipate, alla flessibilità, alla nuova formula delle pensioni per i giovani. Ma andiamo con ordine. Cominciamo dalle emergenze determinate anche dagli effetti pesanti della crisi. La prima notizia riguarda il ruolino di marcia. L’incontro dell’8 settembre tra governo e sindacati sulle pensioni è saltato. Il governo propone quindi una nuova scaletta di incontri che partiranno dal 16 settembre (una data che inizialmente era stata indicata per la seconda tappa). All’incontro della prossima settimana si sarebbe dovuto discutere delle misure da inserire nella Legge di Bilancio. Se ne inizierà a parlare una settimana dopo. In generale l’obiettivo è quello di mettere in campo una riforma complessiva del sistema, a partire dal primo gennaio.2022, ovvero dopo la conclusione della sperimentazione di quota 100, sulla base delle richieste contenute nella Piattaforma unitaria di Cgil, Cisl, Uil. Ma della riforma si comincerà a discutere solo nel secondo incontro del 25 settembre.
Le misure urgenti
Per prima cosa i sindacati confederali chiederanno la conferma dell’avvio delle due commissioni previste nella legge di Bilancio scorsa e non ancora insediate, nonostante l’impegno a farlo prima dell’estate , che si dovranno occupare di lavori gravosi e della separazione tra assistenza e previdenza, un problema atavico del nostro sistema previdenziale che lo rende (ma solo in apparenza) più “pesante” rispetto a quello di altri paesi dove i conti delle pensioni in essere sono separati da quelli assistenziali del welfare generale.
Pensioni da Covid
La Cgil, insieme agli altri sindacati confederali, vista la crisi da Covid che sta sconvolgendo l’economia e mette a rischio migliaia di imprese quindi migliaia di posti di lavoro, chiede l’introduzione di nuovi strumenti di flessibilità in uscita legati anche alla situazione emergenziale tramite un nuovo contratto di espansione o in alternativa modifiche dell’isopensione, uno strumento utilizzato per facilitare l’uscita di lavoratori vicini alla pensione in cambio di nuove assunzioni. Si tratta in sostanza, come spiega Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della Cgil nazionale, di un accompagnamento alla pensione con uno strumento di flessibilità che garantisce a seguito di accordo sindacale (per riorganizzazione/ristrutturazione/crisi aziendale o per processi di ricambio generazionale) fino ad un massimo di 3/4 anni di anticipo, per la pensione di vecchiaia ordinaria(67), la pensione anticipata per uomini (42anni10mesi) , mentre, per le donne (41anni 100mesi). Per applicare questi strumenti si utilizzerebbe la Naspi, (per un massimo di 2 anni a seconda del diritto del lavoratore), l’indennità covid (a carico del datore di lavoro) per il periodo restante, pari all’importo del trattamento pensionistico maturato alla cessazione del rapporto di lavoro, certificato da Inps. Il datore di lavoro coprirebbe il costo fornendo fideiussione all’Inps. In aggiunta si dovrebbe applicare l’accredito della contribuzione correlata a carico dell’Inps nel periodo di pagamento dell’indennità Covid (33% dell’ultima retribuzione annua).. La contrattazione ovviamente potrà garantire maggiori coperture e garanzie per il lavoratore.
Potenziamento Ape sociale e precoci
I sindacati chiedono la proroga dell’Ape sociale 2021 insieme all’estensione della platea attraverso l’’allargamento delle attività gravose/usuranti alle mansioni particolarmente esposte al rischio contagio, anche in relazione all’età; il rafforzamento della “casistica” disoccupati facendo rientrare tutti coloro che sono cessati involontariamente e i disoccupati di lunga durata; la possibilità di accesso a chi è maggiormente esposto al rischio di contagio in relazione alla propria situazione di salute. Per quanto riguarda i cosiddetti lavoratori precoci, si parla di 41anni di contribuzione per 2021-2022 per tutte le casistiche attualmente previste, eliminando il requisito di un anno di contribuzione prima del 19esimo anno di età. E dell’estensione della possibilità di accesso alla pensione “precoci” per i lavoratori per i quali si ipotizza l’estensione dell’Ape Sociale .
Esodati e proroga di opzione donna
Un altro punto all’ordine del giorno è quello degli esodati per i quali si chiede la possibilità di accesso al pensionamento nel 2020-2021 per le casistiche previste nelle salvaguardie precedenti, con i requisiti indicati nell’ottava salvaguardia, a chi matura i requisiti entro il 2021. Chiara anche la richiesta sulla proroga di opzione donna, mentre la trattativa con il governo potrebbe essere l’occasione per risolvere finalmente la questione previdenziale dei contratti di part time verticale: da tempo il sindacato chiede un intervento in tale direzione, visto che questi lavoratori, spesso lavoratrici, sono costretti a lavorare molti più anni per raggiungere il traguardo pensionistico. “La Corte di Giustizia europea ha affermato che la disciplina italiana per questi lavoratori è discriminatoria – ci ricorda Cigna - infatti, le sentenze, anche della Corte di Cassazione, danno ragione ai lavoratori e condannano sempre l’Inps, ma nonostante ciò si continua a negare il riconoscimento della contribuzione piena”.
Un'altra proposta dei sindacati riguarda la proroga di opzione donna.
Altra questione ancora in sospeso è quella del Fondo dei lavoratori esattoriali: si tratta di riconoscere ai lavoratori di questo comparto, il riconoscimento di una pensione calcolata con i versamenti contributivi effettuati.
Quello che stiamo chiedendo
Il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, lo ha spiegato in varie interviste. “Le proposte del sindacato – dice - sono in parte legate all’emergenza Covid: le persone più anziane sono più a rischio e quindi chiediamo l’Ape sociale (che va prorogata e rafforzata) per chi è invalido o per i lavoratori più esposti al rischio come per esempio medici, infermieri, fisioterapisti, operatori sociosanitari, ma anche i commessi dei negozi e per tutte queste categorie proponiamo che bastino 63 anni di età e 30 di contributi, riducendo anche da 36 a 30 anni di contributi previsti per tutti i tipi di lavori gravosi o usuranti, riducendo anche i vincoli attualmente previsti per i disoccupati”. Ma, sempre secondo Ghiselli, la preoccupazione maggiore riguarda la fine del blocco dei licenziamenti e i gravi problemi che ne seguiranno. Per questo Cgil, Cisl, Uil chiederanno al governo di consentire un’uscita anticipata, in caso di crisi aziendale, se mancano 4 anni per maturare il diritto pensionistico, un periodo che dovrebbe essere coperto dalla Naspi, da una contribuzione figurativa e da un’integrazione economica dell’azienda, con la certificazione del diritto pensionistico da parte dell’Inps al momento dell’interruzione del rapporto di lavoro.
Se queste le emergenze, ci sono poi le proposte del sindacato per cambiare radicalmente il sistema previdenziale rendendolo più equo e socialmente sostenibile. Si parlerà quindi di nuove flessibilità in uscita (62 anni o 41 anni di contributi?), di differenziazione tra i lavori, di riconoscimenti per le donne e di pensioni per i giovani. Ma di questo parleremo nelle puntate successive.