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Ieri pomeriggio il Consiglio dei ministri ha varato il decreto legge sul Pnrr, oggi dovrebbe licenziare la legge di bilancio. Martedì sera c'è stato l'incontro con il governo sui temi della legge di bilancio. Abbiamo chiesto a Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, di illustrarci quanto emerso e di darci una prima valutazione sui provvedimenti che l’esecutivo si appresta a varare.
Segretaria, eri all’incontro con il governo. Si parla di rottura perché non avrebbero accettato le richieste sindacali sulle pensioni. In realtà il confronto era sul complesso della legge di bilancio e il disaccordo non è stato solo sulle pensioni, anzi. Che tipo di Legge di bilancio serve al Paese?
Prima di tutto serve una Legge di bilancio che restituisca equità e dia una risposta alle disuguaglianze sociali ed economiche. Il filo del nostro ragionamento l’altro ieri è stato questo. La prima questione che il segretario generale ha posto, conseguentemente, è stata la precarietà e la necessità di ridurla. C’è la ripresa, certo, ma questa si gioca in gran parte proprio su contratti di lavoro di brevissima durata, e riguarda soprattutto i giovani. È molto semplice dire di essere dalla loro parte e poi non mettere in campo nessuna politica a loro favore. Abbiamo chiesto, quindi, che si eliminino le forme contrattuali che incentivano di più la precarietà, a cominciare dai tirocini extracurricolari e si introduca un contratto formativo che abbia la caratteristica della stabilità. E poi, sempre seguendo il filo conduttore della riduzione delle diseguaglianze, abbiamo sottoposto al premier e ai ministri le richieste e le proposte sindacali su tutti i grandi capitoli della manovra. Tra queste, riteniamo necessario che si predisponga subito una legge sulla non autosufficienza con interventi significativi. Siamo un Paese che invecchia, abbiano oltre 2 milioni di persone, non solo anziani, non autosufficienti, occorre prendersene carico.
Quali sono le richieste che avete portato al tavolo sul fisco?
Abbiamo chiesto che gli 8 miliardi di euro, previsti in Legge di bilancio, vengano destinati a interventi per lavoratori e pensionati, in particolare quelli con i redditi più bassi. E, concentrando la nostra attenzione sul contrasto alle disuguaglianze, abbiamo fatto anche alcune richieste e proposte che rispondono alla necessità di dare una risposta a chi è più in difficoltà in questo momento, di nuovo i giovani, le donne e i precari. Abbiamo chiesto la fiscalizzazione degli oneri contributivi fino a 20 mila euro di reddito. I destinatari di questa misura ne percepirebbero immediatamente gli effetti positivi. Abbiamo proposto che, attraverso la fiscalizzazione degli oneri da lavoro e da pensioni, si riduca l’imposizione sui redditi. Abbiamo ribadito che è necessario un contrasto reale all’evasione fiscale, che deve intervenire prima, non a posteriori. Occorre un incrocio reale delle banche dati: per farlo servono strumenti di tracciamento più efficaci e un abbassamento della soglia del contante. Sono molte le cose che si possono e si devono fare.
Corrisponde al vero che il governo non indicherà come utilizzare gli 8 miliardi del fondo per abbassare le tasse e lascerà la decisione al Parlamento?
Veramente quel che ci è stato prospettato è peggio. Sarà sì il Parlamento a decidere come utilizzare quelle risorse - il governo dovrebbe limitarsi a fornire una cornice entro la quale intervenire -, ma la cornice, questo è il punto, dovrebbe essere determinata dalla Relazione parlamentare della Commissione Marattin, quella che ha delineato una possibile riforma del fisco. Ebbene, ricordo, già questa estate, quando il documento venne reso pubblico, insieme a Cisl e Uil inviammo un documento con chiarezza rendeva esplicito che tanti punti non andavano affatto bene. Se i paletti saranno quelli si andrà nella direzione contraria a quella che bisognerebbe seguire. Quali sono questi paletti? Taglio dell’Irap e revisione dell’Irpef. Sulla prima questione siamo nettamente contrari, sarebbe l’ennesimo sgravio fiscale a favore delle aziende – e in questi anni ce ne sono stati molti – ancora una volta incondizionato. Non solo, per di più si andrebbe a eliminare l’imposta che finanzia il Servizio sanitario regionale. Anche dal punto di vista concettuale è proprio sbagliato. Per altro, il rischio è che i due miliardi aggiuntivi che nella Nadef vengono destinati al Ssn vengano elisi dall’abolizione dell’Irap. Insomma, rischia di essere una partita di giro. Per quanto riguarda la revisione dell’Irpef, così come è scritta, può voler dire tutto e niente. Insisto, abbiamo chiesto che quelle risorse vengano interamente destinate a lavoratori e pensionati con interventi immediatamente percepibili. Solo così si sostiene la ripresa.
E sulla previdenza?
Sulla previdenza abbiamo ripresentato la piattaforma unitaria, sottolineando che occorre una riforma complessiva delle pensioni che introduca il concetto di flessibilità in uscita e un intervento più ampio sui lavori gravosi. La riforma dovrebbe concentrarsi su due questioni, le donne e i giovani. Voglio ribadirlo, le proposte che abbiamo presentato, tra l'altro unitariamente, hanno come obiettivo quello di garantire a tutti e tutte una pensione dignitosa quando sarà il momento, quindi ai giovani e alle donne. Occorre smetterla con questa contrapposizione artificiosa tra “categorie” giovani/anziani, garantiti/non garantiti, serve solo a mescolare le carte in tavola e a non assumersi pubblicamente la responsabilità delle scelte che si compiono. O che non si compiono.
Ancora, precarietà e bassi salari si combattono con la buona occupazione stabile. Su questo fronte cosa avete chiesto e cosa vi è stato risposto?
Innanzitutto, lo ripeto, che venga ridotta la precarietà nel lavoro. Colpisce prima di tutto i giovani e le donne. Serve sfoltire la quantità di forme contrattuali utilizzabili che fanno una concorrenza sleale a quelle tipologie più stabili, correlate da un consistente corpo di diritti e da un salario dignitoso. È, poi, necessario combattere il dumping contrattuale approvando una legge sulla rappresentanza che, certo, non è materia di manovra di bilancio ma sarebbe comunque necessaria. Insomma, abbiamo la sensazione che a parole molti dicano di volersi occupare dei giovani, ma che nella sostanza, quando si tratta di affrontare le questioni che realmente servirebbero a garantire un presente e un futuro alle ragazze e ai ragazzi, ci si sottragga. La frammentarietà del percorso lavorativo e la precarietà sono le due vere e proprie ipoteche sulla pensione dei giovani, oltre a minare la qualità e la dignità del loro presente. Spesso sono queste condizioni a ritardare il raggiungimento dell'autonomia piena dei giovani dalla famiglia di origine e a impedirgli di costruirne una propria. Ma di questo non si parla.
L’altro tema è quello dei salari.
Sono i più bassi d’Europa e rispetto al periodo precedente alla pandemia abbiamo addirittura perso massa salariale. L’intervento sul fisco dovrebbe servire a questo, a dare maggior salario a lavoratori e lavoratrici.
Da quel che dici la Cgil, insieme a Cisl e Uil, ha elaborato una serie di proposte per cercare di ridurre le diseguaglianze, ricomporre le fratture sociali e pensare al domani investendo sui giovani. La narrazione corrente dice altro.
La narrazione corrente è profondamente sbagliata e strumentale. Sbagliata perché non ammette il fatto che a nuocere alle giovani generazioni e, più in generale, a molte persone, sono state proprio le politiche perseguite negli ultimi venti anni. L’aumento delle diseguaglianze è un tratto caratteristico degli ultimi decenni, è la conseguenza del liberismo spinto, dei tagli allo stato sociale, dell’idea, perseguita con politiche ad hoc, che il lavoro debba essere solo una funzione della produzione e che quindi sia utile una competizione al ribasso sui costi stessi del lavoro, riducendo salari e diritti. Scelte che, non solo non sono state compiute dal sindacato, ma che noi abbiamo fortemente avversato. E non solo la precarietà, ma anche la frammentazione del mondo del lavoro fa parte del pacchetto. Ma questa narrazione è anche strumentale perché cerca di scaricare sulla Cgil responsabilità che sono di altri. È un gioco miope, funzionale a che nulla cambi, senza assunzione di responsabilità.
Un "gioco" che il sindacato conosce bene.
Alcune affermazioni che ho letto in questi giorni servono solo a creare ulteriori divisioni, credo siano sbagliate, e non siano dignitose per chi fa politica. In questo momento con il Paese così frammentato e diviso, non c’è davvero bisogno che esponenti del mondo della politica intervengano con ulteriori elementi divisivi, peraltro senza assumersi la responsabilità di cosa si è fatto e cosa non si è fatto stando al governo o in Parlamento. Significa non aver capito il portato della pandemia. La società italiana ha bisogno di ricostruzione e di ricomposizione. Insomma, mi sembra di assistere al vecchio gioco dello scarica barile sul sindacato. Ebbene, lo dico con chiarezza: noi non ci stiamo, chiederemo che ciascuno si assuma la propria responsabilità.
Avete posto una serie di domande e avete avanzato una serie di proposte. Che risposte avete ricevuto?
Purtroppo non abbiamo ricevuto risposte positive. Credo sia un errore per il Paese e proprio per quei giovani che si dice di voler tutelare. Aspettiamo di vedere i testi che il Consiglio dei Ministri varerà e poi, insieme a Cisl e Uil, valuteremo cosa fare.
Siamo alla fine della nostra intervista. Durante i giorni più duri della pandemia si ripeteva come un mantra che nulla sarebbe stato più come prima. La manovra indicata dal governo sembra, invece, esattamente in continuità con il periodo precedente alla pandemia, o sbaglio?
Ovviamente è necessario ragionare sui testi che al momento non ci sono e ci auguriamo che nel predisporli il governo tenga conto di quanto abbiamo detto. Se stiamo a quanto contenuto nella Nadef, nel Decreto fiscale, nel Documento programmatico di bilancio e a quanto ci è stato detto nell’incontro dell’altro ieri, è positivo che siano previste le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici e lo stanziamento di 2 miliardi per l’aumento del Fondo per il Servizio Sanitario Nazionale. Ma il grosso della manovra non mi sembra proprio vada nella direzione giusta. Su fisco, previdenza, precarietà, politiche industriali sembra ci sia una effettiva continuità con il “prima”. Sono anni che ci battiamo per una inversione di tendenza e lo facciamo tanto più oggi, non solo perché, finalmente, ci sono le risorse, quelle che arrivano dall’Europa, per fare gli investimenti necessari, ma soprattutto perché proprio la pandemia ha dimostrato come questo modello di sviluppo sia sbagliato e sia causa dell’aumento delle diseguaglianze. Davvero è il momento di cambiare rotta, di cambiare modello economico. Il Paese non può permettersi di perdere questa occasione.