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Alla sua attività di ricerca presso il Cnr Antonello Pasini affianca quella di docente: insegna Fisica del clima all’Università Roma Tre, e un'attività di divulgazione scientifica assai importante. O i cittadini e le cittadine acquistano consapevolezza che i cambiamenti climatici dipendono dall’azione umana e quindi è un’azione umana che può contrastarli, oppure non si potrà arginare i disastri. Spetta sempre a loro “convincere” i politici che la salvezza si trova nel prendere atto che le risorse del pianeta sono finite, che occorre cambiare modello economico.
Il distacco di una così grande parte del ghiacciaio della Marmolada era imprevedibile. O ci sono dei segnali che si sarebbero dovuti cogliere?
Oggi scientificamente non siamo in grado di dire che una cosa di questo tipo accadrà in un giorno particolare a un'ora particolare. È chiaro che, però, ci sono delle situazioni di rischio che possiamo vedere. La siccità e il caldo che hanno caratterizzato quest’anno sicuramente hanno sottoposto il ghiacciaio a un grande stress per tantissimo tempo. Poi la mancanza di neve, che serve a proteggerlo dall’impatto dei raggi solari, l'ha lasciato “nudo”. Il riscaldamento non riguarda tanto il fatto che negli ultimi due-tre giorni ci fossero stati dieci gradi di temperatura positiva, ma che da mesi va avanti un'ondata di calore, magari meno forte ma continua. Ecco: tutti questi sono fattori di rischio che in qualche modo si conoscevano.
Facciamo un passo indietro. In molti denunciano i cambiamenti climatici ma in questo senso, storicamente, ci sono sempre stati. Penso alle glaciazioni di millenni fa. Che cosa c'è di diverso nell'aumento delle temperature di oggi?
È vero, storicamente si è passati da fasi di glaciazione a fasi di riscaldamento della temperatura terrestre. Ma rispetto a ciò che accade oggi ci sono almeno due ordini di differenze. Innanzitutto, quelli erano fenomeni naturali dovuti a modifiche dell'orbita terrestre o problemi relativi al sole. Quelli di oggi sono invece determinati dall’uomo. In secondo luogo, la rapidità del riscaldamento globale. La temperatura alla superficie terrestre è aumentata di 1 - 1,2 gradi negli ultimi cento anni, mentre nel passaggio da ere glaciali e periodi caldi la temperatura aumentava di uno grado ogni mille-duemila anni. Sappiamo che questo è dovuto all'impatto umano, in particolare dal bruciare combustibili fossili perché creano gas serra come l’anidride carbonica, alla deforestazione, per arrivare a un'agricoltura non sostenibile. Tutte cause umane: questo tutto sommato non è una tragedia. Anzi, è una buona notizia, perché se il cambiamento climatico recente fosse stato naturale non avremmo potuto far altro che difenderci, adattarci. Dato che invece le cause sono preminentemente umane le conosciamo: possiamo, quindi, agire proprio su quelle cause per evitarne gli effetti devastanti
Agire sulle cause significa anche, impattare sul modello economico. Dal punto di vista di chi studia il clima e gli effetti sul mondo e sull'ambiente, quali sono gli interventi che occorre mettere in campo subito per limitare i danni?
Ovviamente una decarbonizzazione. Cioè passare da una produzione di energia fatta con i combustibili fossili a una produzione di energia rinnovabile, fotovoltaica, eolica, idroelettrica, geotermica. Ma non basta. Occorre rendersi conto, e agire di conseguenza, che le risorse del pianeta sono finite. Un modello economico che punta alla crescita infinita è assurdo perché non fa i conti con i limiti del pianeta. Allora, anche nel passare da un'energia prodotta da combustibili fossili a una prodotta in maniera rinnovabile, bisogna tener conto anche di questo, cioè della limitatezza di alcune materie prime. Dobbiamo smettere di estrarre risorse dalla terra, consumare e gettare rifiuti. Dobbiamo assolutamente chiudere il circolo, cioè imparare da quello che fa la natura, dove non esiste un rifiuto che non diventi poi - come dire - la base di una nuova produzione. Insomma dobbiamo passare a un'economia circolare, non più un'economia lineare.
Forse questo significa anche passare da un modello economico basato sul consumo individuale a un modello economico basato su consumi collettivi e beni comuni?
Questo è molto evidente, per esempio nella questione della mobilità. Il futuro non dovrebbe essere passare da un'auto a combustibile fossile e una elettrica, perché anche questo non fa i conti con la limitatezza delle materie prime. Probabilmente va ripensato il modello della mobilità spostandolo dai mezzi privati a quelli collettivi e magari pubblici. Tornando all’energia, per esempio, una cosa importantissima che sta nascendo solo negli ultimi anni sono le comunità genetiche: ognuno di noi può produrre insieme ad altri, il suo quartiere per esempio, energia rinnovabile in modo che il cittadino venga veramente messo al centro di questa di questa azione climatica. Ognuno di noi può cambiare il proprio stile di vita, ma da soli si fa poco, occorre mettersi i in gruppo. Consumo sostenibile, produzione e distribuzione di energia attraverso le comunità energetiche, tanto altro. Poi il gruppo deve spingere sui politici, perché alla fine la transizione va gestita dalla politica. Io come scienziato posso dire la mia, sostenere che una soluzione è scientificamente fondata e va bene. Ma non sono né un esperto di gestione della cosa pubblica né un decisore politico, quindi bisogna spingere sui nostri politici perché pongano il tema in cima alla loro agenda, guardando non tanto alla singola legislatura ma un pochino più in là nel tempo.
Professore, allora quello che si sta facendo per sostituire il gas russo con gas che arriva da altri Paesi forse non è la strada giusta. Occorre cogliere questa occasione per accelerare la transizione?
Certamente, tanto più che molti di questi Paesi non sono pronti a esportare il loro gas. Spesso ancora non esistono le infrastrutture adeguate, prima di anni rischiamo di non vedere nulla mentre il problema ce l'abbiamo adesso. Senza considerare l’instabilità di molti dei Paesi a cui ci stiamo rivolgendo. Per non parlare del ritorno al carbone. Mentre si compiono queste scelte implicitamente si sta parlando di ondate di calore, siccità, eventi estremi, crolli di ghiacciai. Occorre fare in modo che tutto questo entri nella mente dei nostri politici
Ma si potrebbe oggi accelerare, attraverso per esempio le comunità energetiche, la sostituzione dei combustibili fossili con la produzione di energia da rinnovabili?
Io credo assolutamente di sì. Le dirò di più: ci sono, mi pare progetti per produrre circa 60 gigawatt di energia rinnovabile pronti per essere approvati, ma che non vengono approvati per ragioni burocratiche o peggio. La strada ce l'abbiamo davanti e siamo pronti per percorrerla. Bisogna fare un passo in più.