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Il 7 ottobre 1989 si svolgeva a Roma la prima grande manifestazione nazionale contro il razzismo. Organizzata da oltre 85 associazioni, la manifestazione vedrà la partecipazione di più di 200.000 persone.
Scriveva quel giorno Repubblica: “Arriveranno alle 15 a piazza Esedra (tradizionale per i grandi cortei) da centinaia di località. Ci saranno etiopi, angolani, marocchini, somali, filippini, capoverdiani, iraniani, irakeni, libanesi; ci sarà l’ultima leva dell’immigrazione, la gente dell’Est che passa per le nostre frontiere sperando poi di approdare in altre nazioni. Ci saranno i regolari e gli immigrati clandestini, le colf e gli studenti, i lavoratori inseriti e le persone costrette a far di tutto per quattro soldi. Verranno i cattolici, gli ebrei, i musulmani (...) è la prima manifestazione nazionale multirazziale che si tiene in Italia; ed è la prima volta che un corteo riesce ad avere un numero così elevato di adesioni: oltre novecento (...) L’elenco, naturalmente, non si può dare. Comprende associazioni laiche e religiose, forze sociali e partiti. Tra i sindacati parteciperanno Cgil, Cisl e Uil, e tante organizzazioni territoriali e di categoria; poi Arci, Lega Ambiente e gruppi pacifisti; e ancora Pci, Psi, Sinistra Indipendente, Fgci, giovani socialisti, Verdi e Verdi-Arcobaleno; organizzazioni religiose come la Caritas, le Acli, i Valdesi, le Chiese evangeliche, la Federazione delle comunità ebraiche; inoltre associazioni economiche, la Lega delle cooperative, il Cna, la Confesercenti; infine una miriade di gruppi locali di volontariato, di circoli culturali, di comuni. È da ammirare, anche come atto di protesta verso il razzismo che vediamo ogni domenica in molti stadi, l’adesione di giocatori del Milan, dell’Inter, del Napoli, del sindacato dei calciatori”.
Scriverà l’Unità il giorno dopo: “Superata anche la più ottimistica previsione. A centinaia di migliaia sono venuti a Roma ed hanno sfilato per più di tre ore, fianco a fianco, bianchi e neri per dire “no” a tutti i razzismi e per chiedere al governo misure urgenti perché violenza e discriminazioni siano cancellate dalla nostra società civile e democratica”.
Qualcosa comincia a muoversi. L’allora presidente della Camera, Nilde Iotti incontra una delegazione di immigrati a Villa Literno e nel febbraio dell’anno successivo entra in vigore la legge Martelli, primo discusso tentativo di affrontare il tema dell’immigrazione in un Paese che scopre di essere diventato non più terra d’emigrazione ma luogo dove migliaia di stranieri cercano di trasferirsi per migliorare le proprie condizioni di vita. Alla legge 28 febbraio 1990, n. 39 seguiranno la legge Mancino (1993), il decreto Dini (1995, non convertito in legge), la legge Turco-Napolitano (1998).
Nel 2002 il centrodestra introdurrà la legge Bossi-Fini per cambiare norme che riteneva troppo lassiste. Il centrosinistra tenterà nel 2007 di modificare tali norme in senso favorevole agli immigrati tramite il disegno di legge delega Amato-Ferrero, senza però riuscirvi a causa della fine anticipata della legislatura. Così nel 2008-2009 il centrodestra tornerà a inasprire le norme in materia di irregolarità ed espulsione con il pacchetto sicurezza Maroni.
Ci si avvia, tristemente, lungo un percorso che culminerà con l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del Decreto Legge recante modifiche alla disciplina sull’immigrazione, la protezione internazionale e la concessione e revoca della cittadinanza italiana dell’autunno 2018. Nonostante gli ampi profili incostituzionali, il decreto sarà firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 4 ottobre 2018 entrando in vigore il giorno successivo. Il 27 novembre la Camera lo approverà con 396 voti a favore nella versione modificata e approvata dal senato il 7 novembre e nell’agosto successivo il decreto sicurezza bis, voluto fortemente dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, sarà approvato dal Senato diventando così legge. “Il sovranismo è un atteggiamento di isolamento - dirà nell’occasione papa Francesco - Sono preoccupato perché si sentono discorsi che assomigliano a quelli di Hitler nel 1934. ‘Prima noi. Noi… noi…’: sono pensieri che fanno paura”.
Pensieri purtroppo tradotti in azioni: in quei decreti sicurezza finalmente modificati dall'ultimo consiglio dei ministri. A trentuno anni di distanza da quella prima manifestazione antirazzista, Cgil, Cisl e Uil che dal 2018 chiedevano il superamento di quei due provvedimenti hanno commentato: "È la notizia che stavamo aspettando. In attesa di leggere il testo definitivo, questo decreto rappresenta un cambio di passo importante, un segnale di discontinuità politica che rimette al centro i diritti umani”. Per Maurizio Landini, segretario generale del sindacato di Corso d'Italia: "A questo punto, però, è il momento di fare un passo ulteriore: "Chi è nato in Italia deve avere gli stessi diritti di tutti gli altri. Questo sarebbe un elemento che costruisce l'integrazione e può creare vera sicurezza nel nostro Paese". Un ritorno al futuro che attendiamo, fiduciosi ma impazienti.