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Come fu per la Convenzione di Istambul, anche la ratifica della Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sull’Eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro è stata approvata all’unanimità dal Parlamento Italiano. L’ultimo voto, quello definitivo, l’ha espresso il Senato negli scorsi giorni ed è proprio una buona notizia. La Convenzione n. 190 è stata varata nel giugno del 2019 a Ginevra in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’Organizzazione, il Parlamento italiano ha impiegato un anno mezzo a ratificarla, in fondo neanche troppo, se si tiene conto dei tempi parlamentari resi ancora più complicati dalla pandemia.
“Un importante passo, secondo Susanna Camusso responsabile delle politiche di genere della Cgil, ma l’impegno comincia ora perché la ratifica deve tradursi in attuazione. Devono adeguarsi alla Convenzione norme e comportamenti., ma anche la contrattazione , sia quella nazionale che quella di secondo livello, deve fare la sua parte”. E attuare le norme, si sa è operazione complessa e non sempre immediata rispetto alla loro approvazione".
"La Convenzione - sottolinea la dirigente sindacale sottolinea - importante e significativa nel suo complesso, contiene due punti innovativi che meritano di essere particolarmente sottolineati. Innanzitutto viene definita molestia tutto ciò che non è voluto dalla donna. Volere è un verbo importante, diverso da desiderare: non desiderato e non voluto non sono la stessa cosa. Ritengo che non voluto sia una locuzione molto più esplicita e assai meno contestabile di cosa voglia dire non desiderato”. E il secondo punto rilevante “è che le molestie nel mondo del lavoro non solo quelle che si esercitano nel luogo di lavoro”. L’articolo 3, infatti, afferma esplicitamente che: “La presente Convenzione si applica alla violenza e alle molestie nel mondo del lavoro che si verifichino in occasione di lavoro, in connessione con il lavoro o che scaturiscano dal lavoro”. “Questo – aggiunge Camusso – apre diversi fronti: dalla rete ai viaggi di lavoro, dai clienti agli utenti come possibili soggetti che esercitano la molestia”.
Davvero una buona notizia, dunque, e per ragioni diverse. La violenza contro le donne ha tante facce e un unico comun denominatore, l’idea, la volontà di possesso degli uomini nei confronti delle donne. E questa patologica concezione dei rapporti fra generi si consuma tra le mura domestiche e, appunto, nei luoghi di lavoro. Dotarsi di strumenti per contrastarla e eliminarla e in sé è fatto assai positivo. Ma se la violenza domestica si fa forte della subalternità emotiva ed affettiva delle donne che la subiscono, quella che gli uomini esercitano nei luoghi di lavoro è spesso più subdola e distruttiva. Ed è difficile, assai difficile difendersene e sottrarsi. Basti pensare che l’Istat, nel nostro Paese il 9% delle lavoratrici ha subito molestie, ma oltre l’80% delle vittime non denuncia. Più subdola quella sul lavoro - dicevamo - perché quasi sempre il rapporto tra chi compie la molestia e chi la subisce è diseguale, non è reciproco. C’è chi ha potere e chi no.
È, quindi, importante affermare che anche le molestie sono violenza, insidiosa perché entra in gioco l’esercizio - appunto - del potere e il rapporto non paritario nel quale molestie e violenza assumono anche valenza di ricatto. Le donne che subiscono molestie sono spesso in una condizione di subalternità nell’organizzazione del lavoro nella quale si verificano. Il capo esercita il suo potere, afferma il suo ruolo e la sua identità. O anche pensa, in quanto maschio e capo per di più, di poter fare ciò che crede. La Convenzione OIL appena ratificata riconosce tutto ciò, da qui la sua importanza, perché fornisce una definizione molto ampia di molestia: comportamenti e pratiche che provocano, mirano a provocare o sono suscettibili di provocare danni fisici, psicologici, sessuali o economici. Non solo, la Convenzione tutela le lavoratrici (ma anche eventualmente i lavoratori) a prescindere da quale sia il tipo di contratto, ma tutela anche volontarie e volontari, le persone che frequentano corsi di formazione, di tirocinio o di apprendistato o chi è alla ricerca di lavoro, e ovviamente si applica sia nel pubblico che nel privato.
Infine, se si legge questa notizia con quella della sentenza della Corte Costituzionale n.1 dell’11 gennaio del 2021 che ritiene ragionevole la norma che dispone che le vittime di violenza domestica siano automaticamente ammesse al patrocinio gratuito a prescindere dal reddito personale, le buone notizie per le donne in questo avvio d’anno diventano due.