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Si conclude la settima edizione del Working Title Film Festival, l’appuntamento con il cinema che indaga i temi del lavoro, diretto da Marina Resta. Ogni anno Vicenza ospita il festival, promosso dal Laboratorio per l’inchiesta sociale ed economica Aps, che è frutto dell’incontro riuscito tra la ricerca artistica da un lato e l’indagine scientifica dall’altro. In questi sette anni, il gruppo di lavoro che ruota intorno al WTFF ha saputo scovare titoli provenienti da tutto il mondo, e appartenenti a linguaggi diversi: film, corti, opere performative frutto di contaminazioni, che mettono al centro il racconto del lavoro.
Il racconto collettivo del lavoro
Un racconto che non può che essere collettivo, e che però il cinema mainstream non sempre riesce a costruire, se non attraverso narrazioni stereotipate, buoniste o semplicistiche. Esiste il cinema cosiddetto d’autore, che riesce a portare sul grande schermo le tematiche lavoristiche, ma in Italia si fa ancora fatica a individuare un nostrano Ken Loach, un Guédiguian, un nostro Brizé o Cantet. In questo senso, il Working Title Film Festival ha, tra i suoi meriti, quello di provare a mettere a confronto i titoli e i registi più interessanti della scena, seppure non sempre conosciuti.
Miglior lungometraggio: Altamar
Piccole grandi perle, che consentono di cucire insieme la trama collettiva di cosa sia oggi il lavoro, in questo mondo globalizzato, eppure ancora estremamente parcellizzato.Tra i lungometraggi, la giuria ha premiato Altamar di Ernesto Jara Vargas. La storia di un uomo logorato dal lavoro, che lo tiene lontano da casa, e in mezzo al mare, per lunghissime battute di pesca. Un lavoro usurante di cui il protagonista porta i segni nel corpo e nell’anima. Una visione che offre un viaggio profondo nella vita di Eli.
Motorodillo, nel profondo della Colombia
Tra i corti vince, invece, il migliore è Motorodillo, di Alba Jaramillo, dedicato a un mestiere poco conosciuto. Nel profondo delle montagne colombiane, i discendenti dei ferrovieri hanno creato una rete di trasporto di fortuna sfruttando binari in disuso. Nel cuore della foresta tropicale, questi veicoli ogni giorno trasportano centinaia di persone, rimaste isolate da quando il treno nazionale è diventato obsoleto. Attraverso un montaggio conciso, il corto segue le tappe del viaggio, offrendo allo spettatore un’esperienza documentaristica e al tempo stesso umana.
Avitaminosis: tra lavoro e pandemia
Tra le proposte più interessanti, senza dubbio Avitaminosis di Kateryna Ruzhynaintim, uno dei non molti titoli che negli ultimi anni hanno accettato la sfida di provare a raccontare il periodo della pandemia e del lockdown. L’autrice si fa anche attrice, per raccontare la sua esperienza intima, offrendo all’occhio del pubblico lo spazio personale della sua casa, ma anche il racconto senza filtri di come il Covid-19 abbia sgretolato le certezze economiche e lavorative di chi già conduceva un’esistenza precaria. La protagonista, infatti, accetta di lavorare per un call center che mette in atto delle truffe a danno dei clienti.
Il Premio Bookciak, Azione!
Una novità di questa settima edizione è stata la partnership con il Premio Bookciak, Azione!, dedicato al rapporto tra cinema e letteratura, nell'ambito della quale è stato proiettato il cortometraggio vincitore della sezione Memory Ciak, promossa in collaborazione con lo Spi Cgil e Liberetà: Ho sognato che a Milano c'era il mare di Mattia De Gennaro. Il festival inoltre ha omaggiato Chiara Rigione, regista e operatrice culturale prematuramente scomparsa nel 2023, intitolandole il Premio Extraworks, la sezione dedicata ai film ibridi, sperimentali, alla video arte e al videoclip.
Extraworks, sperimentazioni audiovisive
Premiato in questa categoria I suoni del tempo, di Jeissy Tropiz, che recupera frammenti di memoria attraverso i suoni catturati dal protagonista Nico: conversazioni appartenenti a soldati che hanno combattuto nelle guerre del passato. Menzione speciale per La presa del Palazzo d’Inverno, di Mario Blaconà. Il regista utilizza gli archivi provenienti dal mondo operaio e la testimonianza diretta di Vittorio Alfieri per raccontare la nascita delle Brigate Rosse in Italia. Una potente testimonianza storica di un periodo ancora oscuro della storia del nostro Paese.
Nato nel 2016, a chiusura di questa settima edizione il festival si conferma un punto di riferimento importante rispetto al tema del lavoro, sicuramente unico nel suo genere. Ma anche capace di calare l’analisi del lavoro all’interno di un più complesso habitat contemporaneo, fatto di conflitti, innovazioni tecnologiche e mutamenti costanti, che ridefiniscono di continuo il rapporto con il contesto politico e sociale, italiano e globale.