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Da tre giorni i minatori di Campo Filone, Monteponi e San Giovanni protestano. Il padrone, per tutta risposta, taglia ancora il salario. Così la mattina dell’11 maggio 1920 si ritrovano in duemila e dalle cave del Sulcis camminano spediti verso il municipio. Sono arrabbiati ma pacifici. Le guardie regie invece no. Sparano. E uccidono.
Moriranno in sette, altri ventisei resteranno feriti, minatori-schiavi che volevano solo un tozzo di pane in più. Le vittime sono Raffaele Serrau di 23 anni, Pietro Castangia di 18, Emmanuele Cocco di 37 anni, Attilio Orrù di 40, tutti di Iglesias, Efisio Madeddu di Villaputzu, di 40 anni, Salvatore Melas di Bonacardo, di 50 anni e Vittorio Collu di Sarroch di 18 anni. Ai funerali delle vittime, il 12 maggio, partecipano migliaia di persone. Il sindaco proclama il lutto cittadino, tutti i negozi rimangono chiusi.
I minatori proseguono la lotta e il 9 dicembre 1920 l’associazione degli esercenti le miniere è costretta a un accordo che concederà ai lavoratori aumenti salariali, indennità di carovita e riconoscimento delle commissioni interne elette liberamente dagli operai. Un eccidio analogo era avvenuto a Buggerru, nell’Iglesiente, il 4 settembre 1904, quando l’esercito intervenne per reprimere la protesta di circa duemila minatori, causando 4 morti e 11 feriti.