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“La prima cosa che va denunciata della legge di Stabilità 2017 è il metodo: c’è un ritardo clamoroso sui tempi istituzionali, di nuovo siamo all’assenza di un testo, che si può dedurre solo dal Def inviato all’Europa. Il resto sono slide”. Così Riccardo Sanna, responsabile del dipartimento sviluppo della Cgil nazionale, oggi ai microfoni di Italia parla, la rubrica di RadioArticolo1.
Quanto al merito, ha osservato il dirigente sindacale, "non c’è dubbio che oltre ad essere una legge elettorale, piena di gadget, un ambaradan che produrrà al massimo l’1% di crescita, sarà comunque una manovra di bilancio dentro un criterio di austerità, sia pure più flessibile che in passato. Insomma, grandi annunci, in realtà sembra che tutto cambi, ma nulla cambia: il verso è sempre quello del Gattopardo, e per tale motivo avremo un altro anno di stagnazione”.
Per il terzo anno consecutivo la scommessa è di dare soldi alle imprese affinchè investano. "È tutta una manovra che punta sugli investimenti privati - ha proseguito Sanna -, che, però, finora non ci sono stati, nonostante le condizioni favorevoli del mercato, i bassi tassi d’interesse, la grande iniezione di liquidità venuta dalle istituzioni europee: sono previsti 6 miliardi e mezzo per il 2017, dopo i 15 già incassati e impegnati per lo stesso anno e i 20 spesi nel 2015 e 2016. Parliamo di risorse che vanno in direzione dell’innovazione, ma il rischio è che dopo aver cambiato la macchina, ora cambino il tablet e non facciano ricerca per rilanciare l’industria. In ogni caso, siamo dentro una logica di competitività, scommettendo sull’export e su investimenti che risponderanno solo in parte ai vuoti della domanda nazionale”.
In termini di occupazione i risultati di tutti i soldi dati alle imprese sono "davvero scarsi" e gli ultimi dati Inps stanno lì a testimoniarlo: riduzioni delle assunzioni a tempo indeterminato, aumento di oltre il 30% di licenziamenti individuali, una permanenza al lavoro solo in virtù dell’allungamento dell’età pensionabile. "Ne deduco - così Sanna - che in molti casi le risorse date alle aziende sono servite per mere ricapitalizzazioni, oppure sono state messe da parte nell’incertezza del futuro, o utilizzate per la cosiddetta redditività, e peraltro, in assenza di nuovi incentivi, le assunzioni rischiano ora il tracollo, come già avvenuto l’anno scorso. E la riduzione dell’Ires di ben 4 miliardi temo non produca un aumento consistente degli investimenti fissi privati, ma ancora una volta uno zero virgola marginale, sulla falsariga degli anni passati, peraltro su autoveicoli e mezzi di trasporto neanche prodotti dall’industria italiana”.
“Sulle pensioni, c’è una risposta positiva a 3,3 milioni di pensionati, vedi aumento della quattordicesima – ha aggiunto l’economista Cgil –. Tuttavia, il condono che c’è nell’aria in merito alla trasformazione da Equitalia a Equientrate, e di nuovo l’applicazione della cosiddetta volontary disclosure, cioè dell’emersione dei capitali, anche quelli occulti sul territorio nazionale, oltre all’assenza di qualsiasi riduzione dell’Irpef nemmeno nel 2018, malgrado le promesse fatte, non farà altro che accentuare le diseguaglianze, aumentando la povertà relativa e assoluta, anziché risolvere il problema della domanda di redditi, quindi di consumi, che poi alimenta a sua volta quella d’investimenti e di creazione dell’occupazione. In più, c’è un taglio alla spesa annunciato, che comporterà almeno 3 miliardi di effetti negativi sulla domanda”.
Infine, sui rinnovi contrattuali di 3 milioni di lavoratori pubblici, le risorse a disposizione sono poche: "Bisognerà vedere se vorranno davvero rinnovarli, o se faranno una scommessa diabolica nel mettere in discussione l’aumento dei salari con i nuovi occupati che possono entrare nella pubblica amministrazione. Sarebbe terribile, e in ogni caso i fondi a disposizione sarebbero sufficienti al limite per un rinnovo; si parla di circa un miliardo, più il bonus strutturale di 80 euro per le forze dell’ordine e le assunzioni. In ogni caso, se si vuol applicare la sentenza della Corte Costituzionale del giugno 2015, che parla di recupero del potere d’acquisto dei salari pubblici, le risorse della manovra sono largamente insufficienti”, ha concluso il sindacalista.
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