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Fausto Durante, è il neoresponsabile dell'area politiche europee e internazionali per la Cgil, che ingloba il segretariato Europa e il dipartimento politiche globali della Confederazione. Da qui, parte l'intervista di oggi di RadioArticolo1 al dirigente Cgil.
"La nuova area della Confederazione – esordisce l'esponente sindacale – risponde a una duplice logica, una organizzativa e una politica: l'idea è di mettere in sinergia due strutture Cgil che in questi anni si sono occupate delle questioni europee e internazionali, facendolo nell'ambito di una regìa unica e coordinata. È evidente che l'Europa avrà una sua particolare specificità, essendo Bruxelles il prolungamento di una dimensione nazionale. In ogni caso, l'iDea di costituire un'area delle politiche internazionali è una scelta che altre organizzazioni sindacali europee hanno intrapreso: la Dgb tedesca, le Comissiones obreras in Spagna, il sindacato inglese Tuc; noi abbiamo pensato che questa sia la struttura giusta anche per la Cgil".
"Siamo all'interno della Confederazione europea dei sindacati – prosegue Durante –, che si batte per cambiare l'architettura istituzionale dell'Unione, per evitare che la dimensione della finanza, divisa tra Bruxelles e Francoforte, abbia il dominio pressoché totale delle politiche in Europa. Sulla vicenda greca, si confrontano idee diverse: da una parte, c'è il diritto di una nazione a essere governata secondo i principi del governo che è stato liberamente scelto dai cittadini; dall'altra, c'è un governo tecnocratico, fondato sulla finanza da parte delle istituzioni europee, che dobbiamo assolutamente cambiare, per evitare che il destino dell'Europa sia segnato. È una partita molto importante per il futuro dell'Ue: non si può pensare di mantenere politiche di cieco rigore e di ottusa disciplina di bilancio, quando in tutto il mondo i governi che hanno la padronanza di agire, facendo leva sulla propria moneta, stanno facendo politiche espansive. L'Europa deve stare attenta a non ripiombare in una spirale di aumento del debito, che porta con sé anche inflazione e problemi di gestione del sistema economico, ma deve farlo in modo intelligente, come oggi chiede il governo greco, che non dice 'non voglio pagare', ma 'metteteci nelle condizioni di poter pagare', sapendo che chi ha governato prima di Tsipras porta interamente la responsabilità di aver mentito al popolo greco e all'Europa. Detto ciò, bisogna che quel paese, da cui può venire un segnale di speranza e cambiamento per un'idea di Europa più giusta e solidale, abbia il tempo necessario per realizzare nelle modalità socialmente sostenibili un'operazione di tale portata".
"La Bce è stata protagonista indiscussa nelle ultime settimane, grazie all'attuazione del Quantitative easing. Ma risollevare le sorti dell'economia europea è un compito impegnativo, e temo che la sola spinta del cosiddetto bazooka di Draghi e il solo impulso del piano Juncker non siano sufficienti per due ragioni. La prima, è che se la Bce non cambia gli obiettivi di tale operazione, basata sull'immissione di liquidità e acquisto di titoli, in direzione dei paesi che ne hanno più bisogno, il rischio concreto è che il Qe si risolva in un ulteriore vantaggio ai sistemi economici più forti, ovvero Germania e Centro-Nord Europa, e in un esito sostanzialmente insignificante per i paesi in cui invece ci sarebbe bisogno di stimolo per la ripresa economica. Dall'altro lato, il piano Juncker è così poco ambizioso, già nello stanziamento di risorse iniziali, che non ha la forza economica per poter cambiare davvero le cose in Europa. Perciò, la proposta Ces, elaborata raccogliendo il lavoro fatto da tante organizzazioni nazionali - penso alla Cgil, con il Piano del lavoro, ai tedeschi del Dgb, con un nuovo piano Marshall per l'Europa -, parla di un Piano straordinario per la ripresa della crescita e dell'occupazione in Europa, che prevede una quantità di risorse pari a otto volte quella prospettata da Juncker".
"Nei giorni scorsi, a Bruxelles – continua il dirigente Cgil – si è riunito l'esecutivo della Ces, che aveva tra i punti all'ordine del giorno, quello di designare il candidato futuro segretario generale, in vista del congresso che si terrà a ottobre. È prevalso il nome di Luca Visentini, un sindacalista esperto della dimensione europea, che come Cgil, Cisl e Uil, abbiamo sostenuto. Dunque, avremo l'opportunità di avere un italiano alla guida della Ces, e spero sia di buon auspicio per rilanciare due temi a noi molto cari. Il primo, è rafforzare ulteriormente la vocazione europeista in direzione della creazione di una federazione di stati uniti europei, facendo uscire l'Ue dall'attuale guado, dove c'è una moneta, ma un governo, c'è un parlamento, però con pochi poteri rispetto al resto delle istituzioni europee. In questo, credo che la presenza di Luca al vertice Ces possa imprimere un corso nuovo. Il secondo tema è la solidarietà, e il fatto che il prossimo segretario generale provenga dal Sud d'Europa, da un paese in cui è più a rischio il modello sociale, credo possa servire a influenzare positivamente la Commissione nella ripresa del dialogo sociale necessario per l'Europa".
"Tra le campagne della Ces attualmente in corso – rileva ancora Durante –, quella sulla giustizia fiscale è una delle principali. Abbiamo individuato in una maggiore equità, dal punto di vista del trattamento del prelievo fiscale, soprattutto del lavoro e dell'impresa, una delle leve per trovare concretamente nuove risorse da mettere a disposizione del piano per il nuovo corso dell'Europa che vogliamo. Nel contempo, proseguirà la campagna su inclusione e immigrazione: siamo molto preoccupati della piega che stanno prendendo le cose nel Mediterraneo dal punto di vista dell'accoglienza. La fine del programma 'Mare nostrum' e la sostituzione con l'operazione 'Triton' dimostra ancora una volta l'assenza di una politica coordinata, volta a favorire l'integrazione e quindi continuerà la nostra battaglia per una nuova governance economica dell'Europa, per ridefinire il peso degli attori sociali: lo possiamo fare, se il sindacato ha una voce più forte di quanto non l'abbia avuta finora, per dire la sua sulle grandi scelte che riguardano il futuro del lavoro e delle condizioni di vita dei cittadini in Europa. C'è poi il grande tema della ripresa dell'occupazione, soprattutto di quella giovanile, in una fase in cui il tasso di disoccupazione è arrivato davvero a livelli intollerabili, per cui questa è l'emergenza numero uno e penso che dovrebbe esserlo anche per i governi dei paesi europei".
"Quella del trattato di partnership su investimenti e commercio tra Ue e Stati Uniti – conclude il dirigente Cgil – è una partita che ci vedrà impegnati a lungo, in materia di politica sindacale internazionale. Sul Ttip si gioca una parte importante della possibilità che abbiamo di mantenere la possibilità d'incidere sulle condizioni di lavoro delle persone di qua e di là dell'Atlantico. Il messaggio che lanciamo all'Unione è che non si può fare un accordo commerciale internazionale di quella portata sulla pelle dei lavoratori americani ed europei: bisogna che le trattative avvengano alla luce del sole, che non ci siano mandati segreti nè condizioni speciali per le imprese dal punto di vista della risoluzione di eventuali controversie tra investitori e stati, che non si antepongano le esigenze di profitto delle imprese sui diritti delle persone, e che il lavoro sia preso davvero in considerazione, così come oggi avviene per l'impresa. Quindi, ci sono diverse cose da correggere nell'impostazione generale del Ttip, e mi fa molto piacere che su questo la Ces e il sindacato americano Afl-Cio abbiano una posizione identica. Quel trattato è un grande impegno e una grande scommessa dal punto di vista imprenditoriale e commerciale, ma va bene se ha vantaggi per tutti, non solo per una parte".