L'autunno è alle porte. E quello sindacale si prospetta più caldo che mai, per le innumerevoli crisi aziendali e vertenze aperte in tutto il paese. Per l'occasione, la Cgil sta organizzando campagne di mobilitazione e di lotta sul territorio sui temi riguardanti fisco, previdenza, lavoro pubblico, scuola, industria, esodati, Jobs act, Fiscal compact, articolo 18. Su tutto questo, è intervenuto stamattina a "Italia Parla", la rubrica quotidiana di RadioArticolo1, il segretario confederale Nino Baseotto (qui il podcast della trasmissione).

"In primo luogo – ha esordito il dirigente Cgil –, va cambiato al più presto il processo di redistribuzione del reddito. L'attuale sistema non funziona assolutamente: negli ultimi vent'anni la progressività del prelievo è stata sostanzialmente cancellata e sono stati premiati i redditi alti, a totale sfavore dei redditi da lavoro dipendente e da pensione. Attualmente, siamo impegnati con le assemblee sulla nostra piattaforma su fisco e pensioni. Terminata questa fase, faremo la sintesi, assieme a Cisl e Uil, dei giudizi espressi da lavoratori e pensionati, decidendo quali iniziative sostenere nei confronti del Governo Renzi, sul cui operato abbiamo già espresso un giudizio articolato: positivi gli 80 euro in più in busta paga, negativi la liberalizzazione dei contratti a termine e il Jobs act. A questo punto, vogliamo vedere e capire bene quali saranno i prossimi provvedimenti e stabilire un rapporto con l'esecutivo che sia di ascolto e confronto. Poi Parlamento e Governo faranno il loro mestiere, che è quello di legiferare e decidere, mentre noi faremo il nostro".

Baseotto è poi intervenuto su previdenza ed esodati. "Sono circolate molte ipotesi sull'argomento e non so cosa possiamo aspettarci: il Governo fa annunci, ma poi agisce al contrario di quello che ha dichiarato in precedenza. Io so che sulle pensioni sarebbe necessario fare tre cose: la prima, dare una risposta alle cosiddette pensioni povere, di tutti coloro che hanno un reddito annuo miserabile. Poi c'è il capitolo esodati, che domani tornano in piazza, e i problemi esitenti di chi in pensione ci dovrebbe andare. In secondo luogo, c'è il problema di flessibilizzare l'accesso alla pensione, creando, per l'appunto, flessibilità in uscita, che non penalizzi, come fa oggi la riforma Fornero, lavoratori che hanno 65, 66, 67 anni. E infine, la vera priorità, secondo me, va rivisto il sistema previdenziale per garantire chi oggi non lo è. Mi riferisco ai giovani, che hanno diritto a una pensione dignitosa anche nel loro futuro".

Passando alle oltre 150 vertenze aperte al ministero dello Sviluppo economico, Baseotto ha dichiarato: "Credo che il tempo dell'attesa sia finito, non per motivi ideologici da parte nostra, ma perchè ci sono migliaia e migliaia di persone in carne e ossa che non ce la fanno più, che non hanno più una prospettiva di un reddito dignitoso. Stanno finendo i periodi di cassa integrazione, gli ammortizzatori non rispondono più a tutte le esigenze,  e soprattutto il nostro Paese non si può permettere un degrado simile, un disastro industriale come quello che stiamo vivendo. Non si può assistere alla crisi di aziende strategiche in vari settori produttivi, con inerzia, con immobilismo, senza mettere in campo quegli investimenti, quelle politiche industriali che sarebbero essenziali. E non lo si può fare neanche se si vuole dare una prospettiva di rilancio e ricrescita al Paese. Senza la ripresa dell'industria e dei consumi il nostro è un Paese destinato a vivere in crisi ancora per lungo tempo".

A proposito dell'articolo 18 e delle ennesime polemiche innescate dal ministro Guidi, il dirigente sindacale va giù duro. "Se il ministro Guidi fosse un cabarettista farebbe ridere, ma siccome non lo è, credo siano frasi abbastanza irresponsabili, perchè sono gli stessi imprenditori che dicono che i problemi della competitività del nostro sistema sono ben altri, e non si esce dalla crisi comprimendo diritti e abbassando tutele. Si è cercato di farlo negli ultimi vent'anni, ma i risultati non hanno assolutamente dato ragione ai fautori della massima flessibilità e precarietà. L'articolo 18 è diventato una sorta di totem ideologico per la destra liberista italiana senza alcun motivo, perchè il vero problema della mancata ripresa produttiva è legato alla qualità degli investimenti, alla ricerca, all'innovazione tecnologica, alla formazione: in una parola, a un sistema più efficiente".

Infine, la raccolta di firme per il referendum contro l'austerità. "C'è tempo fino al 25 settembre – ha ricordato Baseotto –. Per il sindacato, è importante rimettere mano alla legge sul fiscal compact voluta dall'ex Governo Monti, perchè è il cuore del problema e sarebbe uno straordinario segnale nei confronti dell'Europa vedere che il popolo italiano sceglie una politica economica che abbandona le idee desolanti del rigore e si butta con coraggio sulle stelle degli investimenti, della valorizzazione del lavoro, delle professionalità e delle imprese, che vogliono investire e produrre innovazione e occupazione. Votare affinchè ci sia quel referendum e farlo vincere significa votare per la crescita e lo sviluppo del nostro Paese".