“In teoria, con la legge di Bilancio il fondo per il Servizio sanitario nazionale dovrebbe aumentare da 111 a 113 miliardi; in pratica, l’incremento vero sarà poca cosa, attorno ai 300 milioni, perché bisogna defalcare spese aggiuntive che prima non c’erano, tra farmaci innovativi, piano nazionale vaccini e assunzioni". Lo afferma Stefano Cecconi, responsabile politiche della salute Cgil, intervistato da RadioArticolo1. "Il servizio sanitario nazionale – dunque – riceve pochissimo, assai meno di quello che servirebbe, e nel 2018 e 2019 andrà pure peggio, stando alle previsioni di spesa messe a punto dal Documento di economia e finanza del governo, che in prospettiva taglia sostanzialmente le risorse per il diritto alla salute, come hanno già denunciato l’ufficio parlamentare di bilancio e la Corte dei conti”, ha detto il dirigente sindacale.

 

“Non ci siamo neanche per quanto riguarda i nuovi Lea (i livelli essenziali di assistenza), dove si richiedono innovativi dispositivi per la disabilità, l’allargamento delle esenzioni per le malattie rare e croniche, l’assistenza domiciliare agli anziani, tutte cose assai costose per regioni che non hanno risorse adeguate, come Campania e Calabria. Oltretutto, si rischia di acuire, anziché ridurre, le diseguaglianze di trattamento tra cittadini appartenenti a regioni diverse, soprattutto laddove ce n’è più bisogno. Questo, è inaccettabile per noi”, ha continuato il sindacalista.

“È aumentata la povertà sanitaria: quasi il 40% di italiani non riesce più a comprare le medicine, e questa è una vera sconfitta per la sanità italiana. Questa è la conseguenza di anni dissennati di tagli e di riduzione di finanziamenti, che hanno provocato anche la fuga dall’Ssn per prestazioni specialistiche necessarie. Mi riferisco anche all’accesso a servizi che prima erano in qualche modo alla portata dei cittadini e che oggi sono stati spostati dall’ospedale all’ambulatorio. La crisi è gravissima, e stiamo ragionando con la Funzione pubblica di far ripartire una vertenza sul diritto alla salute e alle cure, che veda nel lavoro la chiave di accesso alla cittadinanza”, ha aggiunto l’esponente Cgil.

“Per questo, il 17 novembre tutti gli operatori della sanità, dai medici ai veterinari, saranno in sit-in davanti a Montecitorio. Inizialmente, la mobilitazione era stata sospesa per il terremoto, oggi ci muoviamo per una battaglia che riguarda i diritti di cittadinanza assieme ai diritti di chi lavora per la tutela della salute. Insomma, bisogna arrivare alla costruzione di un patto tra gli utenti dell’Ssn e gli operatori dello stesso servizio - nato nel ‘78 come grande innovazione del Paese -, se vogliamo preservare la salute pubblica e assicurare a tutti l’uguaglianza dei diritti. La sanità pubblica è ancora un bene comune che garantisce un diritto fondamentale. Perciò, va ricostruito un rapporto positivo tra cittadini e lavoratori dell’Ssn, soprattutto nell’interesse delle persone più deboli, più fragili e degli stessi operatori”, ha concluso Cecconi.